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Roma
03 mar 2024 07:21

Con la pace niente è perduto

Ecco di seguito alcune voci, un Nunzio apostolico (mons. Santo Gangemi), un professore universitario (Marco Valeri) e una Clarissa (Diana Papa), provenienti da mondi diversi, ma orientati verso il raggiungimento dello stesso obiettivo: la custodia della pace

Ancora un nuovo appello accorato da parte di Papa Francesco per la pace in Ucraina, Terra Santa e nel Mondo affinché le controversie vengano risolte con il dialogo ed i negoziati e non con stragi da entrambe le parti. Le immagini di questi giorni proposte dai mezzi di comunicazioni ci fanno toccare con mano l’impotenza umana per l’immediata ricomposizione delle ostilità in atto e ci invitano a trovare soluzioni a più ampio respiro.

Ecco di seguito alcune voci, un Nunzio apostolico, un professore universitario ed una Clarissa, provenienti da mondi diversi, ma orientati verso il raggiungimento dello stesso obiettivo: la custodia della pace.

Una domanda: Io che cosa posso fare?

Nessuno si deve sentire escluso da questa ricerca, afferma Santo Gangemi, Nunzio apostolico in Serbia. Il rischio non è quello di considerarci inadeguati per fare qualcosa, quanto piuttosto quello di disinteressarsi – perché per il momento la questione/dramma non ci tocca da vicino – e credere che altri, sia per vocazione, sia per “mestiere”, debbano trovare gli adeguati rimedi.

Una sana prudenza, invece, esigerebbe che ci impegnassimo in prima persona attraverso una necessaria opera di prevenzione da effettuarsi nelle scuole e nelle famiglie, educando alla pacifica convivenza e all’accettazione e al rispetto dell’altro.

Educare alla pace nella famiglia, nella scuola, nell’università ci aiuta a scardinare l’aforisma latino ormai obsoleto “si vis pacem, para bellum” e assumere seriamente il monito di Pio XII che “con la pace niente è perduto, con la guerra tutto può esserlo”.

La diplomazia come strumento per promuovere la cultura del dialogo. L’Università cosa può fare?

Intorno ai tavoli dei conflitti bellici, afferma Marco Valeri, professore di Organizzazione aziendale, si corre spesso il rischio che ciascuno partecipi col proprio linguaggio e le proprie finalità, senza il convincimento di voler compiere passi insieme. Nel fragile e complesso scenario delle relazioni internazionali, l’azione diplomatica non può essere solo risoluzione di conflitti già accesi e inaspriti, ma deve rappresentare anche una possibilità di prevenzione dell’azione bellica e non più uno strumento inutilizzato e sacrificato all’interesse delle parti. La diplomazia deve impegnarsi tanto per garantire la giusta difesa quanto per essere “forza costruttiva”. Essa può molto, ma fa i conti sempre con la logica del dare/avere.

Oggi c’è bisogno del coraggio di chi sa fare la scelta del “non profitto” per salvaguardare il tesoro che è la pace.

In tale contesto l’Università ha la responsabilità di gettare le basi per costruire ponti di dialogo e promuovere una cultura dell’accettazione respingendo, con forza, una narrativa di odio che è alla base di tutti i conflitti.

Da dove iniziare?

Un adagio di alcuni anni fa recitava: “la pace c’è, se incomincio io”, scrive suor Diana Papa. Quale risonanza può avere un detto così attuale in un contesto odierno in cui lo smarrimento e la paura sembrano prendere il sopravvento?

C’è l’urgenza di riconsiderare il valore di ogni persona, perché amata da Dio.

C’è bisogno di riscoprire una nuova modalità relazionale capace di esprimersi anche attraverso un nuovo linguaggio che comprenda la modulazione armoniosa dei toni nella comunicazione, la gentilezza del tratto umano, la bellezza del reciproco rispetto.

È urgente sradicare i vari fili di ferro spinato della divisione, sanare ogni territorio minato, non considerare ogni individuo un nemico, ma persona da accogliere, per vivere insieme nella giustizia, nella pace e nella gioia (cfr. Rm 1,17).

È il tempo dell’incontro con l’altro in quanto persona, da considerare senza pregiudizi, senza mormorazioni, per non cadere nella dicotomia del “noi e voi” e passare dall’io al noi capace di prendersi cura del bene comune.

È il tempo dell’ascolto autentico che elimina la contrapposizione e che permette di riconoscere nella condivisione i moti dello Spirito presenti in ogni essere vivente.

È il tempo opportuno perché ognuno prenda tra le mani la propria vita e, parafrasando un momento importante della vita di S. Francesco di Assisi, accolga l’invito di Gesù a riparare la sua casa ovunque, restituendo così dignità all’umanità.

È proprio vero che la pace è già una realtà, se ogni giorno incomincio io!


(Foto SIR)

03 mar 2024 07:21