Colella, il console amico di Murgioni in Uruguay
Ci ha lasciato Giampaolo Colella, console in Uruguay al tempo della dittatura militare. Fu un grande sostegno per il bresciano Pierluigi Murgioni incarcerato dalla dittatura militare e per tutti gli altri detenuti politici di origine italiana
Negli anni Settanta, nell'Uruguay caratterizzato da una brutale dittatura militare, molti cittadini di nazionalità italiana, o figli di italiani oppositori della dittatura, finirono in carcere e furono ferocemente torturati. Diversi di loro riusciranno ad essere liberati e a lasciare il paese grazie all'intervento di Giampaolo Colella, allora console a Montevideo.
Giampaolo Colella ci ha lasciato mercoledì 2 marzo a Roma, all'età di 87 anni, a pochi giorni dal 6 marzo, Giornata Europea dei Giusti, una Giornata che si addice bene alla figura di Colella.
Tra coloro che vennero seguiti e aiutati da Colella nella stagione delle brutali dittature militari in America Latina vi è anche il bresciano don Pierluigi Murgioni, missionario fidei donum in Uruguay dal settembre 1968. In un paese caratterizzato da forti disuguaglianze sociali e da una presenza sempre più invasiva dei militari, che prenderanno direttamente il potere nel 1973, don Murgioni predicò un vangelo di pace e di giustizia. Ciò gli costò l’arresto nel maggio 1972 e la detenzione fino agli inizi di settembre del 1977, sottoposto due volte a feroci sessioni di tortura. Il console Colella gli fu sempre accanto e frequentemente lo andava a visitare in carcere, sostenendolo nei momenti di difficoltà. Divennero così cari amici, un’amicizia che proseguì anche dopo la liberazione di Pierluigi Murgioni e il ritorno in Italia anche di Colella. Un’amicizia che si è allargata ai familiari di don Pierluigi e ad altri bresciani.
Quando ho scritto il libro "Pierluigi Murgioni. Dalla mia cella posso vedere il mare" (editrice Ave) ho raccolto la preziosa testimonianza del console Colella, che nel 2012 venne a Brescia per la prima presentazione di questo libro, presso i comboniani in viale Venezia, in un ambiente stracolmo di persone. Diversi gli uruguayani presenti, intervenuti certo per il libro su Murgioni, ma anche e soprattutto, mi dissero, per incontrare il console Colella e ringraziarlo di quanto aveva fatto. Una testimonianza in tal senso viene anche da Juan Baladan Gadea, musicista uruguayano, da molti anni ormai residente a Brescia, per oltre tredici anni detenuto nelle carceri uruguayane, perché oppositore politico. Juan è stato testimone delle visite che ogni quindici giorni il console faceva ai detenuti italiani e del sostegno che garantiva a tutti loro.
Ho avuto il piacere di incontrare altre volte il console Colella sia a Roma che a Brescia.
Ricordo la sua presenza a Roma, presso la Camera dei Deputati, quando con Raniero La Valle presentai il libro che avevo scritto su Marianella Garcia Villas (ed. Ave). In quell'occasione l'allora vicepresidente della Camera, on. le Marina Sereni, ringraziò pubblicamente a nome delle Istituzioni il console Colella per l’opera che aveva svolto in difesa dei detenuti politici italiani in Uruguay.
Giampaolo Colella collaborò anche con il console Enrico Calamai, in servizio a Buenos Aires negli anni settanta del secolo scorso, per far fuggire dall'Argentina diverse persone ricercate dalla dittatura militare.
"Due occhi nel buio. Storie di perseguitati e di detenuti politici in America latina" è il titolo del libro in cui Colella, utilizzando nomi di fantasia, racconta la sua opera in Uruguay. Un capitolo del libro è dedicato alla figura di Pierluigi Murgioni (indicato nel libro con un altro nome).
Grazie caro Giampaolo. Hai combattuto la buona battaglia. Ora riposi certamente in pace nel luogo in cui si ritrovano i Giusti.