Appello dal Libano: Siamo agli sgoccioli
“Si sta male, veramente male. La gente è stanchissima. Gli sfollati sono tanti. Più di 120.000. Molti hanno trovato rifugio nelle scuole o nelle strutture. Molti, però, vivono ancora per le strade. Alcuni hanno deciso di lasciare il Paese e sono partiti per la Siria, per la Giordania. C’è chi è andato in Iraq”. Mons. César Essayan è il vicario apostolico della Chiesa cattolica latina in Libano. Raggiunto telefonicamente dal Sir, fa subito il “punto” della situazione che si sta vivendo in queste ore nella città di Beirut. Sono ore di altissima tensione. Il vicario tiene d’occhio costantemente le ultime news che arrivano. “Senza le organizzazioni non governative non riusciamo ad andare avanti. Lo Stato non ha ancora messo in campo un piano di emergenza e stenta a reagire anche perché tutto il tempo Israele sta bombardando in Libano. C’è qualche momento di calma ma giorno e notte sentiamo passare nei cieli gli aerei”. Mons. Essayan parla dell’aereo spia “MK”. “Fa un rumore che ormai conosciamo tutti. E’ un ronzio continuo che tiene la tensione costantemente alta”.
E poi c’è stata l’uccisione del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah. Come è cambiata la situazione?
Le cose sono peggiorate anche perché quest’uomo può essere giudicato terrorista da gran parte della dell’Europa, ma per una gran maggioranza del popolo libanese è colui che comunque teneva a bada Israele, al di là di tutto quanto si poteva dire di lui. Per un milione di sciiti e per una gran parte dei cristiani era colui che assicurava al Paese un po’ di stabilità. Aveva la forza di arginare Israele finchè Israele non ha preso il sopravvento grazie ai suoi servizi segreti e all’altissima tecnologia di cui dispone.
Come state?
Siamo tutti scombussolati. Viviamo in questo terrore. Nessuno dorme. Nessuno sta bene. Nessuno si sente tranquillo. Prima ancora di tutti questi bombardamenti, uno studio aveva mostrato che due terzi dei libanesi viveva in uno stato di depressione. Oggi siamo agli sgoccioli, tutti quanti. Dopo cinquant’anni di guerra, non vediamo uno spiraglio di luce. C’è una crisi economica che ha messo a terra il paese. E poi non si riesce ancora ad eleggere un Presidente della Repubblica.
E questo porta ad uno stallo politico.
Abbiamo un Parlamento che ha preso in ostaggio il Paese. Sono mesi, mesi che chiediamo ai parlamentari di eleggere un Presidente della Repubblica. Questo è il loro primo dovere: eleggere il prima possibile un Presidente della Repubblica. Si tratta di un passo necessario perché lo Stato possa pienamente assumersi le proprie responsabilità davanti a quello che succede nel paese e nelle relazioni con tutti gli altri Paesi. Non possono lasciare che le cose vadano avanti così.
Prima parlava della situazione degli sfollati. Quali sono le necessità più urgenti?
Ci sono tanti che rispondono a questi bisogni. Il World Food Program sta distribuendo migliaia di prodotti alimentari e pasti caldi. Hanno già dato tanti materassi. Stanno arrivando aiuti di vario tipo. Non è questo quello di cui abbiamo bisogno. Abbiamo bisogno che Israele si fermi e si trovi un accordo per un cessate il fuoco che possa dare a tutti noi la possibilità di riprenderci e tirare il fiato. Occorre poi trovare case per gli sfollati. L’inverno sta per arrivare. Tanti stanno mandando coperte. Ma ripeto, non bisogna cadere nel bisogno immediato, si tratta di guardare più in là. E guardare più in là significa cercare una soluzione politica e non una soluzione militare che non porta da nessuna parte.
Papa Francesco dà voce alla vostra voce. Con l’Angelus e ancora sul volo papale che lo portava da Bruxelles a Roma ha messo in guardia sul rischio in guerra di una difesa “sproporzionata”. Lei cosa pensa?
Prima di tutto vorrei dire che bisogna riconoscere che la diplomazia Vaticana non si è mai fermata per trovare una soluzione al nostro problema. Mai un momento si sono fermati e noi apprezziamo e ringraziamo per gli sforzi che stanno facendo e non da adesso, ma da anni e anni, per trovare una soluzione giusta non soltanto per i libanesi. Ma per il mondo arabo e Israele.
Cosa vi preoccupa di più?
La nostra paura non è per l’oggi ma è per il nostro domani. Cosa stiamo facendo ai nostri giovani, ai nostri bambini? Stiamo creando persone che interiormente stanno covando un odio profondo. Questa è la nostra paura. Possiamo quindi trovare delle soluzioni per l’oggi ma il rischio è quello di coltivare un terreno fertile per scatenare la guerra domani. La guerra deve cessare e deve cessare adesso. Per evitare che si riproduca domani in maniera ancora più violenta, più atroce, più assurda. Per farlo, però, occorre tutti fermarci e ritrovare la propria umanità che stiamo perdendo giorno dopo giorno a nome di non so quale interesse. Non possiamo quindi fare altro se non ribadire tutto quello che ha detto Papa Francesco. Sia con la Dichiarazione di Abu Dhabi, sia con la “Fratelli Tutti”, sia con tutti i suoi appelli: uscire da noi stessi per poter consegnare un mondo migliore ai nostri ragazzi.
Stiamo mettendo fuoco nei cuori delle nuove generazioni?
Sì e non ne abbiamo diritto. Stiamo prendendo in ostaggio il futuro di tanti ragazzi che sognano oggi soltanto di vendicarsi domani. Non è giusto. I ragazzi devono vivere, devono sognare la vita.
@Foto Ansa/Sir