Una strategia di pace
Buonomo, ordinario di diritto internazionale alla Pontificia Università Lateranense, rilegge il messaggio per la 56esima Giornata mondiale della pace
Senza lasciarsi intimorire da eventi sconosciuti, da vicende tragiche prive di ogni giustificazione o almeno di spiegazioni, quello del Messaggio rimane “un invito a restare svegli, a non rinchiuderci nella paura, nel dolore o nella rassegnazione, a non cedere alla distrazione, a non scoraggiarci ma ad essere invece come sentinelle capaci di vegliare e di cogliere le prime luci dell’alba, soprattutto nelle ore più buie”. Nonostante quanto può determinarsi nel quotidiano e sconvolgere le nostre esistenze, siamo chiamati a ripartire e ricominciare
Ripartire e cambiare. Appaiono queste le due modalità che offre il Messaggio per la 56ª Giornata mondiale della pace, tracciando delle linee guida per avviare concreti segni di pace. E per costruire la pace, Papa Francesco ci propone una constatazione che la realtà degli ultimi due anni ci ha fatto riscoprire: “nessuno si salva da solo”. Un’affermazione che tra pandemia e conflitti, oltre alla crescita degli endemici divari e delle diseguaglianze nello sviluppo, nella distribuzione, negli assetti sovrani di popoli e paesi, non ha certo il sapore di uno slogan, ma di una scelta che domanda di cambiare modi di programmare e di agire, di sostituire il noi all’io, o di avviare una lettura dell’oggi proiettata al futuro. In altri termini Francesco ripropone la metodologia a cui ci ha abituati per interpretare i fatti e gli accadimenti, i traguardi e gli ostacoli sul cammino dell’umanità, sulla stabilità del pianeta, sulla preservazione dell’opera della creazione.
Senza lasciarsi intimorire da eventi sconosciuti, da vicende tragiche prive di ogni giustificazione o almeno di spiegazioni, quello del Messaggio rimane “un invito a restare svegli, a non rinchiuderci nella paura, nel dolore o nella rassegnazione, a non cedere alla distrazione, a non scoraggiarci ma ad essere invece come sentinelle capaci di vegliare e di cogliere le prime luci dell’alba, soprattutto nelle ore più buie”. Nonostante quanto può determinarsi nel quotidiano e sconvolgere le nostre esistenze, siamo chiamati a ripartire e ricominciare. Ma seguendo una rotta precisa: “cercando il bene, la giustizia e la verità”. Il bene che corrisponde al retto agire, la giustizia che impone di rendere ognuno protagonista, la verità che permette di superare i limitati interessi di singoli e nazioni.
Viene da chiedersi se la pace può domandare tutto questo, avendo di fronte tante e pericolose situazioni, spesso nascoste, che alimentano conflitti e ripropongono le guerre come soluzione. Papa Francesco invita non solo ad intervenire per superarle con convinzione e coraggio, ma a disporsi come protagonisti che non cedono allo sconforto e ai fallimenti, e animati da fiducia e speranza sono lì, per ricominciare e cambiare. La ricerca e l’azione per raggiungere condizioni di pace, stabilità, silenzio delle armi, istituzioni funzionanti e azioni di riconciliazione, ci chiedono – nelle diverse responsabilità e funzioni – di essere attenti a dare il giusto rilievo a posizioni, atti, urgenze e bisogni, appelli e manifestazioni spesso ritenute irrilevanti, ma che sono invece l’inizio di processi strutturati capaci in un attimo di cancellare le certezze a cui eravamo abituati o piuttosto ad evidenziare limiti per la nostra esistenza.
Del resto interrogarsi su ciò che è stata l’esperienza della pandemia non basta se pensiamo agli effetti che non riguardano solo la salute, gli studi o i rimedi, quanto piuttosto la vulnerabilità che in un attimo abbiamo assaporato anche nella disperazione, ma che con altrettanta rapidità stiamo eliminando dalla nostra riflessione per riprendere i vecchi stili di vita. Così come l’abitudine alle immagini di guerra sembra ormai qualcosa di normale, quasi ci appartenesse da sempre: le guerre sono nella storia, si sente sussurrare. Sono fatti che ci impongono schieramenti o ci domandano azioni di solidarietà, ma che ci fanno dimenticare quanto la mancata circolazione delle cure mediche e la guerra siano sinonimi di ingiustizia, simboli di mancato rispetto dell’altro. È questo che il Messaggio ci impone di pensare.
Se la pace nasce dal cuore degli uomini, a costruirla è l’azione concertata di persone che dimostrano sensibilità non solo di fronte al pericolo o ad un senso di smarrimento, ma piuttosto quando vedono calpestata la giustizia, violati i diritti e negate le libertà. La pace, infatti, è anzitutto una risposta alle aspirazioni dei singoli e fondamento del bene comune e per questo domanda non contrapposizione, ma resilienza e cioè capacita di reagire di fronte alle sfide e disponibilità a ripartire “con responsabilità e compassione […] spendendoci in queste situazioni, con un desiderio altruista ispirato all’amore infinito e misericordioso di Dio”.
Ed ecco che anche il Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2023, propone altri elementi di quella “strategia della pace” che Papa Francesco ha iniziato a delineare quel 22 marzo 2013, quando incontrando per la prima volta il corpo diplomatico, non ebbe timore ad avviare una lettura della pace nella sua complessità, legandola alla verità, al dialogo, alla lotta alla povertà, alla costruzione di ponti di fraternità. Pilastri affiancati via via da altri elementi e ai quali il Messaggio aggiunge l’obiettivo di ripartire e cambiare.
Compito arduo di fronte al persistere nei diversi continenti di conflitti sempre più sanguinosi che utilizzano mezzi sofisticati nel combattere quasi a voler sottrarre responsabilità alle persone, dove tutto è designato come effetto collaterale dimenticando la differenza tra le vite umane perdute e le strategie politiche e commerciali o le rotte per l’energia e gli armamenti.
Conflitti spesso combattuti in nome della libertà che è anch’essa pilastro della pace, ma solo se coniugata e vissuta con la giustizia, la verità e l’amore. Esattamente sessant’anni fa, di fronte ad un altro tornante della storia, lo sosteneva la Pacem in terris di Giovanni XXIII, aprendo la riflessione del magistero della Chiesa all’idea che la pace ha sempre “nomi nuovi”.