Una civiltà dell’ospitalità è possibile
Dal 28 dicembre al 1° gennaio 15mila giovani hanno accolto l’invito di Taizé a partecipare a Madrid al 41° Incontro europeo che quest’anno ha come tema: “Non dimentichiamo l’ospitalità!”. L'intervista a frère Alois, priore della comunità di Taizé
“Non dimentichiamo l’ospitalità!”. Questo il tema scelto dalla comunità di Taizé per il 41° Incontro europeo dei giovani, che si svolgerà, dal 28 dicembre al 1° gennaio, nella città di Madrid. Quindicimila giovani sono attesi nella capitale iberica: 170 parrocchie e migliaia di famiglie apriranno le porte con spirito di accoglienza perché i giovani in questi giorni possano fare una esperienza di preghiera, silenzio e amicizia oltre le frontiere. Numerose le chiese del centro che ospiteranno le preghiere comuni di mezzogiorno poi l’appuntamento si sposterà ogni sera nei saloni della Fiera di Madrid. “Ogni anno facciamo un’esperienza di ospitalità in occasione degli incontri europei”, dice al Sir da Madrid frère Alois, priore della comunità di Taizé. “I giovani sono ospitati in famiglia e ogni anno sperimentiamo una grande gioia”.
Perché avete scelto il tema della “ospitalità” proprio quest’anno?
Viviamo in un’epoca in cui le paure si ingrandiscono, le frontiere si chiudono. Vogliamo ricordare che l’ospitalità è un tema centrale nel Vangelo. Dio ci accoglie sempre, senza condizione.
Cristo bussa alle nostre porte, si presenta a noi come un povero, non si impone ma ci chiede di accoglierlo.
Ci da fiducia e vuole che questa stessa fiducia possa abitare anche nelle nostre vite e tradursi in fiducia per gli altri. Nessuna società può vivere senza fiducia e il nostro pellegrinaggio di fiducia sulla terra vuole semplicemente essere un segno di speranza. La speranza che una civiltà dell’ospitalità è possibile.
Ma la paura – come lei diceva – in Europa aumenta. Solo pochi giorni fa, un giovane è stato autore di un attentato a Strasburgo che ha provocato vittime e feriti gravi. Ha detto di aver agito per dare giustizia alle vittime in Siria. Perché un giovane arriva ad uccidere in nome di una giustizia?
È stata una tragedia. Durante l’incontro, pregheremo per le vittime. È vero: è inquietante che tanti giovani si lasciano sedurre da una chiamata alla violenza ed è vero che troppi giovani hanno l’impressione che la loro vita non conti nulla, che l’esistenza non abbia senso. E quando vedono delle ingiustizie, alcuni si lasciano addirittura convincere ad agire in nome di una reazione irrazionale. Durante l’incontro di Madrid, dirò ai giovani: apriamo gli occhi, non accettiamo le ingiustizie, ma lottiamo con un cuore riconciliato per risanare le ferite della ingiustizia.
Non aggiungiamo odio alla violenza.
Cosa succede quando apriamo la porta all’altro con fiducia, quando superiamo la paura?
C’è spesso la scoperta sorprendente di una prossimità con persone che non si conoscevano affatto. Qui, molte famiglie apriranno le porte della loro casa. Non parlano forse la lingua dei giovani che accoglieranno, ma faranno sicuramente l’esperienza profonda di poter essere ciascuno un dono per l’altro e di poter ricevere dall’altro qualcosa di bello e inaspettato.
È la scoperta di avere tutti bisogno dell’altro
e questa è l’esperienza fondamentale che si fa quando superiamo la paura. Certo, la fiducia non è ingenua, non si fonda su un sogno. La fiducia si vive insieme al discernimento del bene dal male ma la fiducia sa prendere il rischio di accogliere l’altro anche se è differente da me.
Migliaia di giovani anche quest’anno hanno scelto di trascorre in modo molto alternativo la fine dell’anno. Che cosa cercano i giovani?
Due parole-chiave: la preghiera e l’amicizia. Qui i giovani scoprono la bellezza della preghiera in comune e anche della vita interiore. Quindicimila giovani si riuniranno nella immensa hall della fiera di Madrid. Ci saranno lunghi momenti di silenzio insieme. E questo porta ciascuno ad una ricerca di intimità con Cristo, di ascolto della Parola di Dio, di canto e lode insieme.
Sono momenti che anticipano la riconciliazione che Cristo ci dona. Riconciliazione tra cristiani, tra popoli. E questo conduce all’amicizia. Un’amicizia che supera le frontiere.
Lei ha partecipato in ottobre al Sinodo dei vescovi sui giovani. Alla luce di quella esperienza, cosa vorrebbe dire ai giovani riuniti a Madrid?
Il Sinodo è stata un’esperienza forte per me. C’è un desiderio profondo in me e a Taizé; dopo il Sinodo, questo desiderio è divenuto ancor più ardente: vorremmo che i giovani possano sempre più scoprire la Chiesa come un luogo di amicizia, un po’ come una seconda famiglia. Ma perché ciò avvenga,
è necessario che i giovani possano trovare persone che li ascoltano.
Sacerdoti, religiosi, ma anche laici, uomini e donne, persone che vivono la fede e sanno ascoltare i giovani, accoglierli, non giudicarli, incoraggiarli. Penso che il Sinodo abbiamo mostrato un cammino di rinnovamento che occorre ora mettere in pratica.
Qual è il messaggio che quest’anno Madrid vuole dare all’Europa?
Che la Chiesa può essere un luogo di universalità e che, come cristiani, abbiamo la possibilità, direi la responsabilità, di cercare una mondializzazione dal volto umano. L’incontro di Madrid al quale così tanti giovani partecipano, mostra che i giovani vogliono e cercano questa mondializzazione. E tutto ciò deve camminare insieme al riconoscimento delle particolarità che appartengono a ciascun popolo e anche alle differenti Chiese. L’incontro di Madrid vuole dire all’Europa che è possibile riconoscersi nelle particolarità e fare, allo stesso tempo, insieme un’esperienza di universalità.