Trionfo dei grillini fra i risultati poco lusinghieri del Pd e il guado in cui si trova il centrodestra
Scenari e ripercussioni a seguito del voto delle elezioni amministrative nelle parole dello storico Roberto Chiarini
Professore il dato che salta subito all’occhio è l’avanzamento dei pentastellati nella capitale, ma non solo lì. Secondo lei siamo ancora di fronte a un voto di protesta o c’è qualcosa d’altro…
Credo sia un mix. Non è un caso che il M5S abbia ottenuto un risultato straordinario a Roma dove la condizione degli altri avversari è di impresentabilità: hanno sulle spalle la responsabilità di una gestione fallimentare e in certi casi anche malavitosa. Era nell’ordine delle cose che chi si fosse presentato con le “mani pulite” e con l’aria Fresca della candidata Raggi avesse un buon risultato, più ampio di quanto si pensava. Non è solo un voto di protesta – dicevo -, comincia a diventare un voto che comincia a stabilizzarsi come una forza politica pienamente inserita nel sistema italiano. Perché? Perché laddove presenta candidature presentabili e anche un po’ d’ordine, come è successo a Torino, si qualifica come una presenza stabile che va al di là dell’onda lunga creata dal personaggio Grillo. Da qui si arriva a un aspetto interno del M5S preso poco in considerazione: c’è una nuova generazione di giovani che, in qualche misura, si emancipa dalla tela del leader fondatore, stabilizzando la propria presenza in alcune realtà. In altre situazioni erano molto fragili, lo si è visto a Napoli, a Milano, dove la presenza è testimoniale.
Per quanto riguarda le altre forze politiche?
Il Pd rivela i suoi due grandi problemi. In primis l’aver un leader nazionale, il grande traino, che manifesta una tendenza già palesatasi negli anni passati in Italia, ma ormai consolidata all’estero: un partito ha senso ormai ha forza se ha un leader, non dico carismatico, ma che concentra su di sé la credibilità, la capacità del partito di interpretare un’alternativa, una proposta credibile. Allo stesso tempo il Pd di Renzi ha un grande problema: ha trascurato, non ha affrontato nemmeno, non dico risolto, il problema della creazione di nuovi dirigenti dopo la rottamazione a livello periferico dove ovviamente si vota con orientamenti politici ma soprattutto si sceglie un amministratore il quale deve avere credenziali sul territorio, radicamento. Tutto questo nel Pd, che prima si affidava nelle rete storica, che si chiama la “subcultura rossa”, cooperative-partito-militanza, lentamente è andata negli ultimi trent’anni sgretolandosi e con Renzi è stato ulteriormente bypassato.
Riguardo al centrodestra?
Siamo in mezzo al guado. Il tramonto di Berlusconi era consolidato, Forza Italia, che è una sua creatura, con lui si sta spegnendo. In questa situazione il centrodestra è lacerato senza una via percorribile: né per quanto concerne la linea politica né per quanto riguarda la leadership. Salvini, il candidato più forte alla successione di Berlusconi, ha dalla sua il vento forte del populismo, che spira in tutta Europa e che anche in Italia gli dà un grosso conforto, ma c’è il fatto che se si vuole governare in Italia non basta il 15, il 20%, magari il 25% al nord, bisogna prendere questi voti in tutta Italia, conquistando il 40, 45% e qui la concorrenza di Renzi sulla proposta politica rischia di far diventare il centrodestra un territorio di caccia aperto.
Se il Pd non ha ottenuto risultati lusinghieri, alcune scelte del centrodestra, pensiamo a quanto accaduto a Roma, secondo alcuni si sono rivelate suicide. Il centrodestra è destinato a una scelta unitaria…
Credo di sì, ma una saldatura sotto una leadership diciamo così estrema, che si pone sulle posizioni più estreme, oltranziste, come Le Pen in Francia, rischia di non riuscire a trattenere quelle fasce di opinione pubblica che viene definita moderata, più propensa a una politica di buon senso, aliena da affondi su temi come l’Europa. L’uscita dell’Europa, una delle bandiere più popolari, alla fine dei conti vuol dire affrontare l’attraversamento di un fiume in piena: si sa cosa si perde, ma non si sa dove si va a finire.
ROMANO GUATTA CALDINI
07 giu 2016 00:00