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Roma
di ROMANO GUATTA CALDINI 14 mar 2016 00:00

Terrorismo. Missionari obiettivi sensibili? P. Albanese: "I cristiani certamente lo sono come tutte le minoranze religiose"

La riflessione del direttore della rivista Popoli e Missione a seguito degli attentati ad Ankara e in Costa d'Avorio

Gli attentati delle scorse ore ad Ankara e in Costa d'Avorio che hanno provocato complessivamente 53 morti riportano tristemente in evidenza il tema del terrorismo, anche a fronte della presenza dei missionari nel mondo, basti pensare alle quattro suore di Madre Teresa uccise in Yemen la scorsa settimana e il rapimento di padre Dall’Oglio. I missionari sono obiettivi sensibili? Lo abbiamo chiesto a padre Giulio Albanese, direttore della rivista Popoli e Missione: “In questo frangente della storia tutti coloro i quali si oppongono al delirio di onnipotenza di questi personaggi del movimento jihadista, nella fattispecie, diventano obiettivi sensibili. In sostanza significa che i cristiani certamente lo sono come tutte le minoranze religiose, come tutti quei musulmani di buona volontà che in una maniera o nell’altra non condividono questa strategia criminale”.

Da un punto di vista prettamente geopolitico qual è la posta in gioco e chi sono gli attori coinvolti? Sentiamo tante sigle ma spesso il panorama è confuso…
Il fenomeno è estremamente complesso e per capire lo stato dell’arte bisognerebbe davvero tornare indietro nella storia, negli anni ’60 del Novecento, quando il vero padre del fondamentalismo, così come lo intendiamo, di matrice islamica, Sayyid Qutb, venne impiccato dall’allora presidente egiziano Nasser. E’ evidente come ci sia una contrapposizione di tipo ideologico nei confronti dell’occidente, ma direi di più, nei confronti della modernità, di un certo modello di sviluppo. Inutile fare orecchie da mercante. Oggi, di fatto, il jihadismo è espressione di una ideologia che non è solo contro l’occidente: di fatto, guardando al numero dei morti, sta facendo disastri anche all’interno del mondo islamico. Forse sarebbe più corretto dire che la prima vittima eccellente dei jihadisti sono gli stessi musulmani. Una cosa è certa, non possiamo stare alla finestra a guardare. Da questo punto di vista è importante che la comunità internazionale riesca ad allestire tutte quelle iniziative che in un modo o nell’altro possano scongiurare ulteriori mattanze anche perché, forse mai come oggi, il terrorismo si qualifica come la mannaia del terzo millennio. Se da una parte è importante riaffermare la speranza dall’altra è sicuramente importante maggiore coerenza da parte del consessso delle nazioni in senso lato. Se i terroristi continuano a fare il bello e cattivo tempo è perché comunque continuano a ricevere rifornimenti di armi e munizioni, ma soprattutto aiuti finanziari. C’è comunque qualcuno dietro che fa il doppio gioco, mi riferisco soprattutto alle “petrol-monarchie" del golfo.

Lei è un profondo conoscitore del continente africano.Quali sono le zone calde dove operano i missionari?
Oggi, soprattutto per quanto riguarda l’Africa, la fascia sahariana è una fascia sensibile come d’altronde lo è quella del Corno d’Africa. Questo sempre in riferimento alla questione jihadista. I nostri missionari in quel contesto stanno a fianco della gente, c’è da considerare anche un’altra cosa: il jihadismo, soprattutto in Africa, trova terreno fertile, soprattutto in Nigeria, dove vi è una forte esclusione sociale. Dove c’è miseria, povertà, c’è anche il terreno fertile per ogni genere di fondamentalismo...



ROMANO GUATTA CALDINI 14 mar 2016 00:00