Servizi pubblici: sicuri che basti la precettazione?
Il decreto lampo con il quale il governo ha inserito i musei e i luoghi d'arte del Belpaese tra i ''servizi pubblici essenziali'' ha oggettivamente registrato il compiacimento dell'opinione pubblica, ma...
Tra giurisprudenza vigente e buon senso. Per “servizi pubblici essenziali” il nostro ordinamento intende tutti quelli erogati dal settore pubblico o anche dai privati per garantire a ogni cittadino il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente garantiti. L’elenco è abbastanza complesso: si va dalla tutela della vita (ospedali, pronto soccorso) a sicurezza, igiene pubblica, protezione civile, smaltimento rifiuti e tutela dell’ambiente, dogane, energia, giustizia, trasporti, pensioni, salari e stipendi, istruzione, poste, informazione radio-tv pubblica. C’è anche chi inserisce tra i servizi “essenziali” la connessione internet, come dimostra l’impegno del nostro governo per dotare il Paese della “banda larga”. La giurisprudenza vigente si fonda sulla legge 146 del 1990, che per prima ha introdotto una specifica disciplina, perfezionata con la legge 80 del 2000. Mentre solo la polizia e le forze armate sono tuttora impossibilitate a scioperare durante il servizio, per il resto le leggi suddette regolano l’esercizio del diritto di sciopero in tutti i campi su elencati, attraverso il bilanciamento del diritto dei lavoratori da un lato e il mantenimento dei servizi erogati ai cittadini dall’altro. A valutare le modalità di scioperi eventualmente indetti è il Garante degli scioperi che, attraverso apposite commissioni di garanzia, punta anzitutto alla conciliazione e all’eventuale “congelamento” della controversia, comunque chiedendo ai richiedenti di annunciare lo sciopero con almeno 5 giorni di anticipo, per non danneggiare gli utenti.
Come si fa negli altri Paesi (Europa, Giappone, Canada). Il braccio di ferro tra governo e scioperanti del Colosseo ha prodotto il risultato di far inserire musei e centri artistici tra i “servizi pubblici essenziali”, essendo l’arte e il patrimonio archeologico uno dei punti di forza (e di reddito) del nostro Paese a livello mondiale. Il fatto che oggi i custodi di Paestum, o degli “Uffizi” a Firenze, oppure degli scavi di Pompei, sappiano che può scattare la precettazione, renderà molto prudenti le parti sindacali più accese. Chi ha parlato di attacco al “legittimo diritto di sciopero” è stata sostanzialmente solo la Cgil, guidata da Susanna Camusso, ma la sua voce contraria al decreto - insieme a quella di pochi altri sindacalisti e non - è stata surclassata dai favorevoli a una regolamentazione più decisa. Prima di cantare vittoria sulla presunta fine degli “scioperi selvaggi” in questo campo bisognerà però far passare del tempo e vedere se le maestranze di musei, pinacoteche, scavi, siti tutelati ecc. accetteranno la nuova disciplina, oppure inventeranno altre forme di protesta. In altri Paesi europei, ad esempio, per uno sciopero occorre arrivare al 70% di adesioni del totale dei lavoratori, mentre in Giappone, Regno Unito e Canada viene addirittura chiesto un referendum preventivo tra gli iscritti. Quello che è in gioco, dopo i fatti del Colosseo e il nuovo decreto approvato, è il profilo del sindacato del domani, chiamato a superare da un lato alcune permanenti fissità ideologiche, e dall’altro ad andare oltre una frammentazione di sigle che finora ha fatto gioco a un certo disfattismo generalizzato.
LUIGI CRIMELLA (SIR)
24 set 2015 00:00