Sbattezzo? Parola imprecisa
La parola “sbattezzo” è davvero imprecisa. Si deve invece parlare della legittima, ma sempre dolorosa, decisione di abbandonare formalmente la Chiesa cattolica. L'editoriale del numero 8 di "Voce" è a firma di Marco Doldi
L’annotazione del battesimo fatta negli appositi registri documenta, poi, un fatto storico e come tale non può essere cancellato. Lo stesso Garante per la protezione dei dati personali ha riaffermato il diritto della Chiesa cattolica, ordinamento giuridico indipendente e autonomo nel proprio ordine, alla tenuta dei registri dei battezzati. Quindi non si può annullare un sacramento e neanche cancellare quanto avvenuto nel passato. In questo senso la parola “sbattezzo” è davvero imprecisa. Si deve invece parlare della legittima, ma sempre dolorosa, decisione di abbandonare formalmente la Chiesa cattolica. Si può scegliere di non appartenere più al Corpo visibile e alla sua vita sacramentale ed ecclesiale. Questo viene trascritto sul registro dei battesimi. Quali sono i motivi che possono spingere a una tale scelta? Tanti e, forse, riconducibili a uno: la coerenza di chi ritiene che, non sentendosi cattolico, non vi sarebbe più alcuna ragione per far parte della Chiesa cattolica.
Ora, se taluni mass-media danno rilievo alla possibilità di abbandonare la Chiesa cattolica, tralasciano un dato che va in controtendenza ed è numericamente ben maggiore: la decisione di quegli adulti di entrare nella Chiesa, chiedendo il battesimo, o di confermare la propria adesione, domandando il sacramento della cresima. Questi percorsi andrebbero evidenziati e studiati. Chi oggi chiede il battesimo, molte volte, proviene da una famiglia non praticante. A suo tempo i genitori decisero di non battezzare i figli per rispettarne la libertà o perché non si ritenevano cattolici. Ma i figli hanno fatto una scelta diversa, controcorrente. Che cosa li ha spinti? Certo le vie di Dio sono sempre imprevedibili e nessuno può documentare esattamente che cosa avvenga nel cuore di ogni uomo. André Frossard (1915-1995) ha narrato la sua conversione in un libro divenuto famoso: “Dio esiste, io l’ho incontrato” (1969). Egli racconta come un giorno del luglio 1935 si trovasse a Parigi ed entrato per caso in una chiesa avvenne l’imprevedibile davanti al santissimo Sacramento. Vi entrò ateo e indifferente e vi uscì cattolico, apostolico e romano! Questi fatti sono sempre avvenuti, sono straordinari, ma reali e documentabili. Chi entra oggi nella Chiesa lo fa perché ha trovato una casa e un ambiente fraterno. La fraternità e il servizio attraggono giovani e adulti con particolare forza perché nella nostra società si sperimenta l’indifferenza e l’esclusione. Nella Chiesa ci sono tanti buoni esempi, spesso nascosti ai più distratti, che, però, attirano perché vanno contro i miti dominanti. Esempi di essenzialità e di povertà che conducono le persone a liberarsi di tante cose, ritenute indispensabili dalla società consumistica. Insomma qualcuno ha fatto una proposta e all’amico si è aperto un orizzonte inaspettato. L’invito apostolico “vieni e vedi” (Gv 1,46) è ancora efficace e, talvolta, più convincente di tante argomentazioni, pur necessarie. Si potrebbe continuare: “Vieni e serviamo”. Il servizio fraterno fa cadere i muri del sospetto e realmente apre a Dio, che ha percorso questa via.
MARCO DOLDI
25 feb 2016 00:00