Più spazio alle donne e a nuovi ministeri
“Una Chiesa sinodale è una Chiesa inviata in missione”, anche nel continente digitale, dove “abbiamo bisogno di essere guidati da coloro che lo abitano”: i giovani. Lo ha ricordato il card. Jean-Claude Hollerich, relatore generale al Sinodo sulla sinodalità, nella relazione tenuta durante l’ottava Congregazione generale, svoltasi in Aula Paolo VI alla presenza di Papa Francesco. “Molti di noi vedono Internet solo come uno strumento di evangelizzazione”, ha osservato il cardinale: “Ma è più di questo. Trasforma il nostro modo di vivere, di percepire la realtà, di vivere le relazioni. Così diventa un nuovo territorio di missione”. Dell’esperienza del “Sinodo digitale” ha parlato José Manuel De Urquidi Gonzalez facendo notare che quello attuale è il primo Sinodo in cui sono presenti veri e propri “missionari digitali”. “Per evangelizzare negli spazi digitali, non importa se sei un prete o un laico, un uomo una donna, un giovane o un adulto”, ha spiegato: “Dei 250 evangelizzatori in questa prima fase, il 63% sono laici, il 27% preti e il 10% religiose o religiose. Ciò che conta è la tua abilità di ascoltare ed entrare in dialogo”. “Tutti i battezzati sono chiamati e hanno diritto a partecipare alla missione della Chiesa, tutti hanno un contributo insostituibile da dare. Quanto vale per il continente digitale, vale anche per altri aspetti della missione della Chiesa”, ha spiegato Hollerich ai 344 partecipanti alla Congregazione odierna. È questo l’orizzonte nel quale si colloca il terzo modulo dei lavori del Sinodo, dedicato alla sezione B2 dell’Instrumentum laboris – con le relative le cinque Schede di lavoro – che hanno per tema la corresponsabilità nella missione. Oggi l’assemblea sinodale ne ha iniziato l’esame, prima nella Congregazione generale mattutina e poi nei 35 Circoli Minori nel pomeriggio. La decima giornata del Sinodo è cominciata con la Messa presieduta nella basilica di San Pietro dal card. Fridolin Ambongo Besungo, presidente del Secam, che ha messo in guardia dalla presenza costante e attiva del diavolo, che “vuole dividerci, potrebbe anche utilizzare qualcuno di noi per la sua causa”.
Al centro della relazione di Hollerich e degli interventi, la questione del maggior riconoscimento delle donne nella Chiesa. “Noi uomini percepiamo la diversità e la ricchezza dei carismi di cui lo Spirito Santo ha fatto dono alle donne?”, si è chiesto Hollerich: “O il modo in cui ci comportiamo dipende spesso dall’educazione che abbiamo ricevuto, dal background familiare in cui siamo cresciuti, o dai pregiudizi e dagli stereotipi della nostra cultura? Ci sentiamo arricchiti o minacciati quando condividiamo la missione comune e quando le donne sono corresponsabili nella missione della Chiesa, in virtù della grazia del nostro comune battesimo?”.
La questione di un maggior riconoscimento del ruolo delle donne all’interno della Chiesa “non è una questione di riconoscimento in senso mondano, di diritti e aspirazioni, ma ne va del benessere della Chiesa”. Ne è convinta madre Maria Ignazia Angelini, che nella sua meditazione ha affermato che “quanto più la Chiesa si apre alla novità di Gesù in questo, tanto più respira, vive”.
“Il Vaticano II ha inaugurato un movimento di riforma rimasto interrotto”, ha denunciato madre Angelini: secondo lo stile di Gesù, “le donne sono un elemento dinamico della missione, come presenza che – in passaggi critici, di rottura, spiazzanti – intuisce il movimento della vita, intesse relazioni nuove, improbabili, pazientemente porta e scioglie conflitti”. “Non è questione di diritti da rivendicare, ma di doni ricevuti”, ha ribadito la religiosa: “Una Chiesa sinodale in uscita incontra, in principio come oggi, subito la presenza di donne, varie diverse, non omologabili. Questa è l’evidenza della Parola. Elemento iscritto nelle radici generative, come tratto costitutivo della novità evangelica, per secoli disatteso. Gesù ha innovato, ha creato uno stile nuovo, arrischiato e rivelativo, nel suo modo di rapportarsi alle donne, ma tale peculiarità ha conferma provocatoria nella temperie della realtà attuale, ed è un kairòs. Oggi siamo nella concreta condizione di renderci conto che riguarda tutta la Chiesa, che cerca la riforma”, anche attraverso “ministeri inediti, che chiedono di essere riconosciuti”.
“Intensificare la corresponsabilità dovrebbe aiutarci a vedere come i carismi laicali arricchiscono le comunità cristiane e migliorano la vita dei poveri; come ricreare vincoli di mutualità, reciprocità e complementarietà tra uomo e donna; come riconoscere e promuovere la dignità delle donne nella Chiesa”, ha detto don Carlos María Galli, decano della Facoltà di Teologia dell’Università Cattolica Argentina, membro della Commissione Teologica Internazionale e Coordinatore del Gruppo teologico-pastorale del Celam. “Molte donne non hanno posto nei consigli parrocchiali o diocesani, anche se sono insegnanti, catechiste da anni, o sono quelle che si preoccupano delle ferite dei malati i dei migranti, che consigliano i giovani e giocano con i bambini”, la denuncia di suor Gloria Liliana Franco Echeverri. “Il cammino delle donne nella Chiesa è pieno di ferite, di situazioni dolorose e di redenzione”, ha proseguito la religiosa, secondo la quale “la Chiesa, che è madre e maestra, ma a che sorella e discepola, è femminile, e ciò non esclude gli uomini, perché in ciascuno, uomo e donna, risiede la forza del femminino, della saggezza, della bontà, della tenerezza, della forza, della creatività, della parresia e della capacità di donare la vita e di affrontare le situazioni con coraggio”. La Chiesa sinodale, per Echeverri, deve dar luogo “ad un nuovo modo di stabilire relazioni che renda possibile una identità rinnovata: più fraterna e circolare. Con nuovi ministeri, nei quali si intessano relazioni di solidarietà e solidarietà”.
Foto Vatican Media/SIR