Myanmar. Appello prima del blackout
“Se non ci sarà più connessione Internet, sappiate che andrà tutto bene. Non preoccupatevi. Sopravviveremo. Voi però continuate a pregare per noi”. Ad un passo dell’ennesimo blackout nazionale delle comunicazioni, padre Francis S.N. lancia attraverso il Sir il suo disperato appello da un Myanmar in preda ad una repressione che si sta facendo sempre più violenta e crudele. Si contano i morti, i feriti, i prigionieri. “La situazione sta peggiorando di giorno in giorno. Forse avrete già saputo che molti attivisti, politici, attori e attrici, scrittori, cantanti e persino alcuni monaci sono stati messi in prigione. Stanno morendo persone ogni giorno. Ieri, per esempio, nella mia città, due persone sono state ferite da spari di arma da fuoco. Uno dei due è in gravi condizioni. A Bago, 46 civili sono stati colpiti a morte e uccisi. Lo stesso sta accadendo in altre città”. Il sacerdote – che per protezione rimane in anonimato – ha inviato al Sir le immagini video di un inseguimento di una persona da parte delle forze dell’ordine che non esitano a sparargli più volte, per fortuna senza riuscire a colpirlo. Sale intanto a 614 il bilancio delle vittime civili in Myanmar, uccise in proteste e scontri seguiti al colpo di stato dei militari dell’1 febbraio. Lo riporta sul suo sito web l’organizzazione Assistance Association for Political Prisoners (Aapp), secondo cui le persone arrestate sono state 2.857 mentre quelle condannate 52. Per ostacolare l’organizzazione delle marce, il governo militare non esista a bloccare il servizio Internet e sta confiscando le parabole satellitari per un blackout sulle comunicazioni. “Fortunatamente – racconta il sacerdote – il nostro Internet in fibra funziona di nuovo. Ad eccezione però della connessione in fibra, tutti gli accessi sono interrotti.“Se tagliano tutto, come dicono, dovremo trovare altri modi e strumenti per dare informazioni all’esterno di quanto sta accadendo nel Paese. Per favore, continuate ad alzare la voce a nome nostro”.
Purtroppo ad essere prese di mira sono anche le Chiese cattoliche del Myanmar. Dopo la denuncia dell’agenzia vaticana Fides, anche fonti del Sir confermano la notizia. “Le chiese cattoliche nella diocesi di Pathein – dice il sacerdote – sono state invase ieri. Si comportano come banditi. Non so quando verranno da noi. Non abbiamo paura. Ci preoccupiamo solo dei nostri centri sanitari. Ci sono molti pazienti che hanno bisogno di cure e trattamenti”. Le irruzioni avvengono in molti luoghi. “I militari – racconta il prete – entrano nelle cliniche e negli ospedali privati, arrestano medici e infermieri, portano via tutte le medicine e le strumentazioni e distruggono il resto che non vogliono. Preghiamo che non succeda a noi”. I centri sanitari gestiti e sostenuti dai religiosi stanno svolgendo un ruolo essenziale nel Paese. “A seguito del colpo di Stato militare, il sistema sanitario governativo è già al collasso. Pertanto, i nostri centri sanitari ora funzionano come ospedali generali. Ma non sarà facile resistere a lungo. Stiamo affrontando tante difficoltà e anche il problema finanziario si sta aggravando. I servizi, fino ad ora, vengono erogati gratuitamente ma non sappiamo fino a che punto possiamo farlo in queste condizioni. D’altra parte, è difficile per noi addebitare il trattamento in questo momento perché la gente non ha i mezzi per pagare. Chiediamo loro una donazione almeno per l’acquisto dei medicinali”. “La giunta – conclude il sacerdote birmano – ha stabilito le leggi marziali per il popolo ma non per i militari. Possono fare tutto ciò che vogliono. Nessuna regola. Nessuna legge!”.
Nel frattempo, peggiora la situazione nello Stato del Karen. Secondo quanto riporta l’agenzia di informazione cattolica Ucanews, più di 20.000 persone, sono state costrette a fuggire dalle loro case e a rifugiarsi per paura nella foresta a seguito degli attacchi aerei e di terra da parte dei militari. Secondo Free Burma Rangers, un’associazione umanitaria che da molti anni fornisce assistenza sanitaria agli abitanti dei villaggi Karen, al 5 aprile, 14 persone Karen sono state uccise e più di 40 ferite. Gli sfollati hanno un disperato bisogno di cibo e sopravvivono solo grazie alle razioni di emergenza che hanno nascosto.