Migranti: chi si interroga sulle ragioni che li spingono a partire?
L'aumento degli sbarchi e nuovo drammi del mare, insieme alle polemiche politiche, stanno riportando al centro dell'attenzione il dramma delle migrazioni. Il dibattito, però, non sembra tenere conto delle cause iniziali di questo fenomeno
Conflitti e guerre. La maggioranza di coloro che tentano l’ingresso in Europa, come riferito dall’Unhcr, sono migranti in fuga da guerre, conflitti e persecuzioni: più dell’85% di quelli arrivati in Grecia vengono da Siria, Afghanistan, Iraq e Somalia, tutti Paesi che acquistano armi ed equipaggiamenti militari anche da Paesi dell’Unione europea. Qui è ben noto che gli occidentali hanno tentato di esportare la democrazia con effetti controproducenti. Le esportazioni di armi dai Paesi europei sono in crescita: secondo il recente dossier di Caritas Europa “Migranti e rifugiati hanno diritti” ammontavano a 36 miliardi di euro nel 2013, pari al 30% del totale mondiale. Solo la Francia ha negoziato 15 miliardi di euro in commercio d’armi nella prima metà del 2015, compresa la vendita al Qatar e all’Egitto di jet da guerra. Inoltre i Paesi europei sono a volte direttamente coinvolti in azioni militari nel Medio Oriente, nel Nord Africa e nell’Africa sub-sahariana (la Francia in Mali e nella Repubblica Centroafricana). “La partecipazione alle azioni militari via terra e aria da parte delle forze armate degli Stati membri dell’Ue in Afghanistan, Libia ed Iraq – si legge nel dossier -, sembra aver inasprito i conflitti e radicalizzato la polarizzazione fra le forze contendenti” e “determinato seri effetti di radicalizzazione, fra cui l’espansione dello Stato islamico”. Le industrie statunitensi continuano a vendere armi all’Arabia saudita, che le usa per bombardare lo Yemen. Da non dimenticare anche la guerra in Ucraina, di cui non si parla più, che ha provocato altissimi numeri di sfollati.
Assenza di democrazia, regimi dittatoriali, persecuzioni. Sono ancora tanti nel mondo i Paesi dove non c’è libertà di espressione e le persone vengono perseguitate e non hanno alternative se non la fuga. In Italia arrivano moltissimi migranti dall’Eritrea, dove da decenni regna indiscusso Isaias Afewerki, condannato dall’Onu per crimini contro l’umanità a causa della sua politica repressiva. I giovani eritrei fuggono perché altrimenti sarebbero costretti al servizio militare a vita. Dimenticate sono anche le situazioni del Gambia, dove da vent’anni il regime viola i diritti umani con arresti arbitrari e torture, o della Guinea equatoriale, con derive autoritarie nei confronti della popolazione. Poco democratici, come dimostra la cronaca, sono anche la Turchia e l’Egitto, che le organizzazioni per i diritti umani chiedono di dichiarare “Paesi non sicuri”.
Povertà e disuguaglianze sociali. Se viviamo in un mondo in cui l’80% delle ricchezze mondiali sono in mano al 16% della popolazione e solo 62 persone possiedono quanto la metà dei più poveri è facile comprendere che il sistema economico e finanziario globale è concepito per produrre povertà, ingiustizia e disuguaglianze sociali. Le persone fuggono dai Paesi poveri – geograficamente identificati nel Sud del mondo ma oramai le povertà sono anche nelle periferie delle grandi città del Nord – perché non trovano opportunità lavorative. Anche le élite locali, spesso corrotte o conniventi con grandi imprese straniere, non investono nello sviluppo economico e sociale, non ci sono servizi sanitari, scuole, welfare. Chi non ha alternative per una vita degna non ha diritto a cercarne una migliore altrove?
Cambiamenti climatici e disastri naturali. Siccità che provoca depauperamento del suolo e conseguente carestia; alluvioni e inondazioni in zone dove solitamente non piove mai; cicloni, tempeste, ondate di caldo o di freddo; fuoriuscite di petrolio o altri disastri che inquinano i mari e bloccano le attività produttive. Secondo quanto riporta l’ultimo dossier di Legambiente “Profughi ambientali: cambiamento climatico e migrazioni forzate” a causa del riscaldamento globale nel 2010 ci sono stati circa 385 catastrofi naturali con più di 297.000 vittime e oltre 42 milioni di persone nel mondo forzate a spostarsi. Nonostante ciò ancora non esiste uno status previsto da convenzioni internazionali o legislazioni nazionali per i “migranti ambientali”. In Europa solo Svezia e Finlandia li includono nelle politiche migratorie nazionali.
Sfruttamento indiscriminato delle risorse. Lo sfruttamento della pesca in Senegal, le pipeline (oleodotti, metanodotti, gasdotti) in diversi Paesi africani, ad esempio nel Delta del Niger, la costruzione di dighe che deviano fiumi (in Brasile, in Cina), le attività minerarie estrattive che deturpano l’ambiente e ammalano le popolazioni: sono solo alcune situazioni che dimostrano come gli interessi economici, anche occidentali, impattino sui territori rompendo gli equilibri naturali e costringendo le persone a fuggire perché non riescono più a procurarsi la sussistenza o perché l’ambiente è inquinato e procura malanni gravi.
PATRIZIA CAIFFA
01 giu 2016 00:00