La speranza di poter essere un ponte di fraternità
“Essere d’aiuto per l’intera Chiesa di Turchia, unendomi a chi già da anni serve quella Chiesa con silenzioso impegno e in umiltà, per promuovere insieme la pace, consolare gli afflitti, soprattutto i terremotati, dare speranza ai giovani e servire nella carità i rifugiati”. Sono le prime parole pronunciate da padre Antuan Ilgit che ieri, lunedì 28 agosto, Papa Francesco ha nominato vescovo ausiliare del Vicariato apostolico di Anatolia (Turchia). Nato a Hersbruck (Germania), il 22 giugno 1972, da genitori turchi, è cresciuto in Turchia, a Mersin di Cilicia, a pochi chilometri da Tarso. È il primo e unico gesuita di nazionalità turca. E per la prima volta nella sua storia recente, la Turchia potrà contare su un vescovo originario di questa terra.
“Stavo facendo i miei Esercizi spirituali a Malta”, racconta, “quando qualcuno mi ha contattato per dirmi: ‘Il Santo Padre ti ha nominato vescovo ausiliare per il Vicariato dell’Anatolia. Lo accetti?’”.“Sono grato al Signore per questa nomina sebbene mi senta totalmente indegno”, dice oggi al Sir. “Sono grato anche al Santo Padre che con questa nomina non ha solo espresso la sua fiducia in me ma soprattutto nella Chiesa di Turchia e nei suoi giovani che ha appena incontrato a Lisbona”. Il riferimento è all’incontro che Papa Francesco ha avuto a Lisbona con i giovani turchi presenti alla Gmg. “Aveva detto loro: ‘Ora dovete ricostruire le vostre vite. Siete giovani e forti, siate coraggiosi!’”, ricorda padre Ilgit e quest’attenzione del Santo Padre verso i giovani “mi responsabilizza ancora di più” anche perché – spiega il sacerdote – “sono soprattutto i giovani le pietre vive con cui ricostruire ciò che il terremoto ha distrutto”.
Nel descrivere il suo popolo e la piccola ma viva Chiesa cattolica di Turchia, padre Ilgit ricorda una catechesi ascoltata a Barcellona, sulla via di Lisbona, pronunciata da un suo confratello gesuita p. Jean-Paul Hernandez. “Ci aveva accennato ad un aforisma di Antonio Gaudì che rimandava all’immagine dei ‘cocci di vasi rotti uniti dalla Divina Sapienza in un magnifico mosaico’. Oggi quando penso alla Chiesa in Turchia che amo, davanti ai miei occhi si realizza per davvero questo magnifico mosaico. Anche perché la Chiesa in Turchia con tutti i suoi fedeli, dai cristiani autoctoni agli studenti africani e ai rifugiati cristiani, è composta da tanti cocci rotti, che nel loro insieme risplendono”. “Essere un figlio di quella terra non mi rende speciale da solo”, prosegue. “La mia nomina raggiungerà il suo pieno significato solo nel lavoro d’insieme che faremo e che i vescovi, preti, suore, consacrati laici di tutte le nazionalità con molta dedizione in modo silenzioso portavano già avanti. Insieme siamo quel mosaico magnifico”. Il pensiero di padre Ilgit va al vescovo, mons. Paolo Bizzeti, a tutti i confratelli nell’episcopato che “con grande entusiasmo hanno colto la mia elezione a vescovo ausiliare”. Anni fa mons. Luigi Padovese – il vescovo italiano ucciso nel 2010 a coltellate dal suo autista – gli aveva scritto: “Sei un dono per la nostra Chiesa di Turchia; sei un dono prezioso. Ora dai quello che hai ricevuto: pace, consolazione, speranza, carità”. Nel raccontare il servizio finora svolto, a fianco del vescovo Bizzeti e in piena collaborazione con le autorità civili e l’amministrazione pubblica, padre Ilgit da “cittadino turco” conclude:“Questo mi dà molta speranza per poter essere un vero ponte, anche perché qui la Chiesa da sempre ha voluto promuovere la fraternità, la convivenza, lo sviluppo umano-sociale. Con passi umili ma sinceri continueremo a rimanere disponibili. La Turchia che da sempre è stata la culla di tante civiltà, ha sempre avuto le potenzialità per promuovere la ricchezza dell’unità delle differenze, la pace e la convivenza”.