Il dolore e la gioia di una Madre
La narrazione del cammino verso la Pasqua ha attraversato la letteratura e l’arte, ma anche la mistica
La narrazione del cammino verso la Pasqua ha attraversato la letteratura e l’arte, ma anche la mistica, come nel caso di Anna Katharina Emmerick, proclamata beata da Giovanni Paolo II nel 2004. Il suo “La Passione del Signore”, che è stato edito anche con altri titoli, è frutto della trascrizione di Clemens Maria Brentano, uno dei protagonisti del romanticismo tedesco, che le fu vicino per diversi anni quando le sue condizioni critiche (aveva ricevuto le stimmate nel 1812) la costrinsero a letto.
Questo ha fatto pensare alcuni che in realtà l’opera andasse attribuita al poeta tedesco, mentre altri ritengono che egli abbia se mai reso più adatte alla lettura quelle confessioni. Quel che emerge non è solo la crudezza di alcune pagine, soprattutto quelle della Passione -pagine che influenzeranno Mel Gibson nella realizzazione di “The Passion”- ma una fortissima empatia per la sofferenza della Vergine: l’attenzione del racconto è focalizzata sul suo dolore abissale: “Figlio! Come hanno ridotto il mio Gesù”, che ricorda molto quel “Figlio, chi tt’à firito?/ Figlio, chi tt’à spogliato?” della celebre “Donna de Paradiso” di Jacopone da Todi, sei secoli prima della beata tedesca.
La Laude di Jacopone merita una profonda riflessione, perché pur essendo nel medioevo e in ambiente conventuale, il centro focale è costituito dal dolore di una donna, anche se madre di Dio: la sequenza in cui Maria domanda come mai tanta violenza contro un uomo “che non fece follia” va dritta al nucleo rovente della sofferenza di una madre, e costituisce uno dei punti più alti non solo della poesia religiosa, ma di tutta la umana letteratura di ogni tempo.
Ma per restare in ambiente mistico dobbiamo affrontare un altro profondo modo di raccontare il dolore della Passione, quello della mistica Maria Valtorta, nata alla fine dell’Ottocento e vissuta anche lei, come Emmerick, nel dolore della malattia fino alla morte avvenuta nel 1961: il suo “Poema dell’uomo-Dio”, secondo le sue parole trascrizioni dei messaggi di Gesù, almeno all’inizio senza volontà di pubblicazione, ha conosciuto l’iscrizione nell’Indice dei libri proibiti nel 1959, anche se in tempi più recenti è stato messo in rilievo che non vi erano gravi motivi dottrinali.
Anche lei affrontò il dolore della Madre, con una narrazione serrata che ricorda ancora una volta l’archetipo-Jacopone: “Tende le mani che tremano nell’aria scura e grida: ‘Figlio mio! Figlio mio! Figlio mio!’ “. Il Risorto che appare a Maria nelle pagine dedicate alla Resurrezione è ancora il figlio che non ha dimenticato le tenerezze e il dolore della mamma: “Poi salirò al Cielo. Ma non ti lascerò sola. (…) Non sarai mai sola. (…) Mamma. Il tuo bacio per benedizione. E la mia Pace a te per compagna.”
Anche Emmerick, come in alcuni apocrifi, racconta un Figlio che appare alla Madre, ma qui l’attenzione è incentrata sulle altre testimonianze più canoniche, come quella della Maddalena e del Giardiniere, divenuta ispirazione anche per l’arte: basti pensare al capolavoro di Rembrandt custodito al The Queen’s Gallery di Londra.
E, a proposito di arte, rimane, tra i tanti, un altro impressionante episodio di come un pittore sia rimasto colpito dall’umano dolore della madre e degli altri compagni di Gesù nella crocifissione: l’acquarello di James Tissot (nella foto "Dalla croce"), fine Ottocento, dove la prospettiva è capovolta, e il dolore dei presenti è visto con gli occhi di chi è sulla croce ed è doppiamente vittima di quel dolore, proprio, e degli altri.
Come direbbe Nietzsche, ma con intenti opposti, umano, troppo umano. Nel dolore e poi nella gioia della Resurrezione.