I turchi incoronano il Sultano Erdogan
Chiuse le elezioni in Turchia. L’Akp supera il record del 2011 senza però raggiungere la soglia necessaria (330 seggi) per promuovere il referendum per dare alla Costituzione l’impronta presidenzialista che Erdogan ha sempre sognato.
Tuttavia gli sono sufficienti per governare da solo, senza bisogno di alleati ingombranti. L’unico partito che in qualche modo è riuscito a limitare i danni è stato quello filo-curdo Hdp che anche stavolta è riuscito ad entrare in Parlamento con 59 seggi superando la soglia di sbarramento record del 10%. Crolla invece il nazionalista Mhp (41 seggi) cannibalizzato – è il caso di dirlo - dal Sultano Erdogan. Il laico e socialdemocratico Chp resta il secondo partito turco e si piazza all'opposizione con il 25,4% e due seggi guadagnati (134).
Da presidente dimezzato – così era uscito dal voto di giugno – Erdogan torna a vestire le vesti del Sultano. Quella andata alle urne ieri è una Turchia ancora sconvolta dopo la strage di Ankara di 20 giorni fa, un Paese che ha visto il Presidente chiudere due giornali dell’opposizione e spegnere due canali tv non graditi, fatti che, alla luce dei risultati, non sembrano aver turbato la maggioranza dell’elettorato che ha scelto con Erdogan la stabilità interna e la governabilità.
La paura di contagio della guerra in Siria, l’afflusso enorme di migranti, il timore del dilagare del terrorismo hanno spinto molti elettori, persino curdi, a tornare al partito della Giustizia e dello Sviluppo (Akp). In definitiva, a favorire il ritorno del Presidente sono state la paura e l’emergenza. Un risultato accolto favorevolmente dalle cancellerie europee che sanno bene come la Turchia sia un paese chiave nella regione. L’Ue, infatti, si rende conto del ruolo strategico di Ankara nel tentativo di tamponare l’afflusso migratorio dal Medio Oriente verso l’Europa. Per questo la tenuta del Sultano, più volte bollato dall’Ue come un leader autoritario, vale molto di più dei suoi sgarbi alla democrazia.
AGENSIR
02 nov 2015 00:00