Figlio mio quanto mi costi… Un salasso assicurato per i genitori
In Italia avere un figlio sembra ormai un lusso. Lo conferma il Rapporto annuale dell’Osservatorio nazionale di Federconsumatori: circa 170mila euro la spesa da sostenere per un figlio da 0 ai 18 anni. Intanto l’Istat registra il minimo storico delle nascite. Pietro Boffi (Centro internazionale studi famiglia): “Serve un intervento unitario e corposo a sostegno delle famiglie con figli, ma i giovani devono essere più coraggiosi e determinati”
Ma la prospettiva appare ottimistica. Infatti, la realtà mostra che a causa della difficoltà di trovare un lavoro stabile al termine degli studi, l’allontanamento dei rampolli dalla casa paterna avviene sempre più avanti nel tempo, una decina d’anni dopo o anche più.
Più figli più povertà. Questa l’equazione che frena il desiderio di molte coppie di avere uno o più bambini. Perché, osserva Pietro Boffi, responsabile Centro documentazione del Centro internazionale studi famiglia (Cisf) che nel 2012 aveva pubblicato un’analoga ricerca, “l’arrivo di un secondo figlio comporta spesso un abbassamento di reddito in termini assoluti quando la mamma si mette in aspettativa dopo il periodo di maternità. Se a questo si unisce anche la necessità di cambiamenti significativi – magari il passaggio da un monolocale ad un appartamento più grande e/o da un’utilitaria a un’auto più spaziosa – ecco affacciarsi il rischio povertà o la necessità di incrementare il reddito per mantenere il precedente tenore di vita”. Non trascurabile, inoltre, la contrazione del potere d’acquisto delle famiglie, secondo il Rapporto -13,4% rispetto al 2008. Intanto l’Istat rende noto che nel 2015 le nascite sono state 488mila (-15mila), nuovo minimo storico dall’unità d’Italia, e che lo scorso anno è stato il quinto consecutivo di riduzione della fecondità, giunta a 1,35 figli per donna.
Quasi 170mila euro in 18 anni. Una famiglia con due genitori e un figlio sedicenne, residente in una grande realtà urbana, in un appartamento di circa 100 mq su cui grava un affitto o un mutuo, con un reddito netto annuo di 34mila euro: questo il campione considerato dall’indagine Federconsumatori che stima la spesa complessiva nei primi 18 anni in 169.680 euro. Per ovvie ragioni, i costi scendono a 113mila in caso di famiglie con reddito annuo netto inferiore ai 22.500 euro. Per i nuclei più abbienti (reddito dai 70mila euro in su), mantenere un figlio da 0 a 18 anni costa in totale 274 mila euro. I costi abitativi – elettrodomestici, bollette di gas ed energia elettrica, manutenzione e assicurazioni – imputabili alla presenza di un figlio sono in media di 3.285 euro annui e incidono sul 45% delle spese annuali generali per l’abitazione. Solo il 27% delle spese annue per trasporti e comunicazioni è invece da attribuire al mantenimento di un figlio, con una cifra pari a 1.773 euro, perché si tratta di costi che una famiglia senza figli sosterrebbe comunque. Quasi interamente dedicate al figlio le spese per l’educazione (l’82% di questi costi, pari a 1.489 euro annui, ricavato dalla somma di tasse scolastiche, doposcuola, ripetizioni, libri, viaggi studio, centri estivi). A questa cifra si aggiungono inoltre le spese per alimentazione, abbigliamento, salute e tempo libero.
“Crescere un figlio – si legge nel Rapporto – costa quindi 940,92 al mese”, per molte famiglie “un vero e proprio lusso”.
Ma, come dicevamo prima, il salasso non finisce qui perché sui bilanci familiari degli over 18 iniziano a incidere pesantemente gli studi universitari, e lo dimostra il 6° Rapporto nazionale sui costi delle università italiane diffuso nell’autunno 2015 dallo stesso Osservatorio di Federconsumatori. Secondo l’indagine, per frequentare un ateneo italiano si spendono mediamente dai 530,93 euro annui se si ha un reddito che rientra in prima fascia, ai 2246,50 euro in caso di reddito in quinta fascia. “Per l’autonomia completa, che a volte arriva non prima dei 30 anni – chiosa Boffi – si possono toccare anche i 300 mila euro di spesa”.
Di qui l’urgenza di “politiche familiari universalistiche, continuative, volte a sviluppare i servizi di cura e di custodia, e la conciliazione famiglia-lavoro. Basta provvedimenti spot che disperdono in mille rivoli quello che dovrebbe essere un intervento unitario, corposo e chiaramente a beneficio delle famiglie con figli, a partire dalla revisione dell’Irpef su base familiare”. Per l’esperto, l’elemento economico non esaurisce tuttavia la questione: “Con la giusta motivazione le difficoltà economiche si possono superare, a costo di avere spirito di sacrificio, determinazione e coraggio di ridurre il proprio tenore di vita, quello che oggi manca a molti giovani”. E se la società “non lascia loro spazio mantenendoli per anni, quando va bene, nel limbo del precariato, talvolta anche le famiglie sembrano fare di tutto per non favorirne l’autonomia”.
GIOVANNA PASQUALIN TRAVERSA (AGENSIR)
22 feb 2016 00:00