Dall’Isis ad Abu Dhabi, dieci anni drammatici
Il 14 settembre del 2012 – festa dell’Esaltazione della Santa Croce -, papa Benedetto XVI firmava ad Harissa (Libano) l’Esortazione apostolica post-sinodale “Ecclesia in Medio Oriente”, primo atto del suo viaggio nel Paese dei Cedri. Il testo era il risultato dell’Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei vescovi, tenutasi a Roma dal 10 al 24 ottobre del 2010, sul tema “La Chiesa in Medio Oriente: comunione e testimonianza – La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un’anima sola”. Il documento è diviso in tre parti: la prima situa il tema sinodale nel “complesso” contesto sociale ed ecclesiale del Medio Oriente; la seconda tratta della comunione all’interno della Chiesa cattolica, mentre la terza fornisce “idee portanti” per una ripresa dell’evangelizzazione nella Terra Santa. A 10 anni dalla sua promulgazione cosa resta di questa Esortazione? Lo abbiamo chiesto al Patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa che nel 2010 portò il suo contributo al sinodo per il Medio Oriente come Custode di Terra Santa.
Rileggere l’Esortazione. “I temi trattati nel Sinodo del 2010 e richiamati nella successiva Esortazione – ricorda il patriarca – erano numerosi e andavano dal dialogo interreligioso all’ecumenismo, dalla cittadinanza alla partecipazione politica, passando per la laicità positiva, dalla formazione religiosa alla testimonianza. Cosa resta oggi: Innanzitutto dobbiamo tenere presente che in questa ultima decade abbiamo visto, da un lato, le stragi dell’Isis e, dall’altro, la firma (4 febbraio 2019) ad Abu Dhabi, di Papa Francesco e del Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyib, del ‘Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune’. Per non parlare della pandemia. Oggi dobbiamo rileggere tutti questi temi. Dieci anni fa c’era una visione positiva di crescita, di prospettiva, di cambiamenti. Pensiamo, per esempio, alla primavera araba. Dopo 10 anni questi temi restano centrali e da sviluppare”. Non senza difficoltà, per Pizzaballa che annota: “parlare di dialogo interreligioso in Siria e in Iraq, dopo Isis e Abu Dhabi ci costringe a fare una sintesi vera e concreta di ciò che abbiamo vissuto. Non l’abbiamo ancora fatto e dovremo farlo. Uno degli impegni di questo anno pastorale sarà proprio quello di rileggere questa esortazione e ciò che è accaduto a livello politico, sociale ed ecclesiale. È stato un percorso drammatico ma anche importante”.
La sfida. Ma ci sono delle luci che illuminano questo percorso. Secondo il patriarca latino, “in contesti come quelli segnati dall’Isis, dall’esodo dei cristiani – tema questo molto presente nell’Esortazione – ci deve accompagnare la speranza che è figlia della fede. La fede non è solo credere è anche un modo di stare nella vita, di leggerla. Se tu vuoi qualcosa, la vuoi anche realizzare”. Dunque “la prima sfida” per Pizzaballa “è recuperare il nostro rapporto centrale con la fede che diventa un modo nuovo di stare dentro un Medio Oriente cambiato rispetto a 10 anni fa. Se guardiamo alle grandi Istituzioni ecclesiali, in Medio Oriente come in altre aree del mondo, vediamo elementi di crisi, ma se volgiamo lo sguardo al territorio, alle realtà ecclesiali che qui in questa regione sono meno numerose rispetto a prima, osserviamo tanto impegno e passione – che spesso diventa anche incomprensione rispetto all’istituzione – desiderio di mettersi in gioco. Dovere dei pastori è orientare questa presenza”. Il cammino sinodale intrapreso dalla Chiesa di Terra Santa al pari delle Chiese nel mondo, “sta evidenziando nella base un desiderio di volere fare qualcosa”.
Esortazione e cammino sinodale. Tuttavia, avverte il patriarca, “dal cammino sinodale non dobbiamo attenderci cambiamenti epocali. Esso deve essere inteso come una sorta di ‘dissodare il terreno’. Abbiamo vissuto anni drammatici dove si è fermato tutto. Anche la vecchia generazione deve lasciare il passo. Per noi il cammino sinodale deve essere un momento per prendere atto di cosa ‘bolle’ nelle nuove generazioni, e non solo, guardare in tutte le direzioni, per capire con chi puoi lavorare, per conoscere i temi e sapere dove siamo”. “Ci conforta in questa sfida la fierezza della fede dei cristiani di Terra. E anche se non la conoscono benissimo ne sono fieri. I nostri fedeli – conclude – un forte senso di appartenenza che deve essere formato. In Europa l’identità cristiana è molto più fragile”.