Mafia: 5.000 imprese a rischio infiltrazione
In occasione della Giornata della Legalità e del 32° anniversario della Strage di Capaci, ricordati ieri, la Commissione Antimafia di Regione Lombardia ha presentato una ricerca di “PoliS Lombardia”, realizzata da Transcrime, centro interuniversitario di ricerca sulla criminalità transnazionale dell'Università Cattolica di Milano, sul rischio di infiltrazione mafiosa nelle imprese della regione.
Oltre 5.000, secondo i dati della ricerca, sono le imprese lombarde ad alto rischio di infiltrazione, con una crescita dei provvedimenti interdittivi che raggiunge quasi il 30%. Le imprese confiscate in via definitiva in Lombardia sono 248, pari all’8,4% del totale nazionale, la maggior parte concentrate nella provincia di Milano (178 imprese confiscate, di cui 143 registrate nel comune meneghino), seguita dalle province di Monza e Brianza e Varese (19 e 12 imprese confiscate).
Complessivamente, per numero di procedure di gestione in capo all’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati, la nostra Regione è seconda solo a Sicilia e Campania.
I settori più aggrediti dalla criminalità sono prevalentemente quelli dell’immobiliare (21,8%), delle costruzioni (19%), del commercio all’ingrosso e al dettaglio (15,7%) e della ristorazione (13,7%).
La grande distribuzione organizzata e i centri commerciali sono considerati, per esempio, un’importante porta d’ingresso dei clan mafiosi, sia durante la fase di gestione degli appalti sia in quella di acquisizione di spazi commerciali. Bar, tabaccherie e ristoranti costituiscono, a loro volta, “un avamposto della criminalità fornendo opportunità di riciclaggio, presidio del territorio e base logistica per nascondere armi e droga”.
La vulnerabilità dell’economia lombarda, secondo il report di Transcrime, è confermata anche dalle statistiche del riciclaggio di denaro: la nostra regione registra, infatti, il numero più alto di segnalazioni ricevute (circa 27mila nel 2022, poco meno del 20% del totale nazionale).
La ricerca fotografa, dunque, il contesto socioeconomico e quello delittuoso, analizzando le anomalie e mappando i fattori di rischio. La presenza di cosche forti e capaci di inserirsi nel tessuto produttivo e amministrativo insieme alla vitalità, anche internazionale, del contesto regionale formano un terreno fertile “per offuscare attività illecite, che all’interno dell’economia legale, trovano occasioni di riciclaggio e opportunità di frode e profitto”.
Per quanto riguarda i settori di infiltrazione, l’indagine mostra, inoltre, un’espansione e una diversificazione rispetto al passato. Ci sono tracce di criminalità nelle energie rinnovabili, nei trasporti, nell’industria del divertimento, gaming e scommesse, nel commercio di medicinali e nella progettazione architettonica/edile. L’edilizia, in particolare, rientra fra gli interessi più forti dei clan mafiosi “costituendo punto d’incontro fra impresa, criminalità e politica locale e favorendo un network di collusione tra questi tre mondi”.
La criminalità si è introdotta nelle imprese del gioco d’azzardo legale, nelle discoteche e nei locali notturni, nelle società sportive, anche dilettantistiche e specialmente nel mondo del calcio, nascondendosi dietro al merchandising e al trasferimento di giocatori.
Soggetti, inoltre, a crescenti interessi di gruppi criminali sono il settore sanitario, quello degli appalti pubblici, dei servizi funebri e cimiteriali, particolarmente ambiti dalla ‘ndrangheta, e del turismo. Sul lago di Como, come nelle province di Brescia, Bergamo, Mantova e Cremona, per esempio, sono stati diversi i casi di acquisizione sospette di alberghi.
Anche il sistema fieristico lombardo, si legge nel documento, non è sfuggito al trend: “per le opere di Expo 2015 sono stati emessi 98 provvedimenti interdittivi antimafia per un totale di 67 imprese sospettate”.
In aumento, infine, anche il rischio nell’ambito del settore del trattamento dei rifiuti. Un interesse relativamente giovane per i gruppi criminali, spiega il report, ma già maturato in diversi episodi incendiari dolosi che hanno coinvolto, in questi ultimi anni, impianti di stoccaggio e smaltimento nelle province di Milano, Pavia, Bergamo, Brescia, Como, Lecco, Cremona e Mantova.
Francesco Calderoni di Transcrime ha spiegato come si è evoluta la ricerca in due anni di lavoro sottolineando che “si è scelto di definire alcuni indicatori di rischio e successivamente misurarli e analizzarli su un campione di oltre un milione di imprese lombarde. Grazie ai dati forniti dalla Prefettura sulle imprese interdette tra il 2018 e il 2024, abbiamo per esempio scoperto che erano tutte accomunate da aspetti anomali, riguardanti in particolare l’anagrafica d’impresa, la titolarità di posizioni apicali, la sede legale, l’operatività economica e finanziaria”.