Lettera aperta dei medici di famiglia alla Moratti
La replica degli ordini provinciali dopo le considerazioni dell'assessore regionale al Welfare secondo cui i medici ospedalieri lavorerebbero di più rispetto ai colleghi del territorio
"I medici di base? Lavorano per un numero di ore profondamente diverso rispetto alle ore di chi lavora all’interno delle strutture ospedaliere e sanitarie. Questo ovviamente è quello che crea la percezione di carenza”. Queste le considerazioni espresso nei giorni scorsi dall’assesspre al Welfare di Regione Lombardia Letizi Moratti a margine di una visita all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo,
Ai medici di medicina generale della Lombardia, però, le considerazioni dell’assesspore non sono piaciute e così, attraverso i presidenti degli Ordini Provinciali, hanno messo nero su bianco, in una lettera aperta, tutto il loro dissenso.
“Le sue dichiarazioni – è l’incipt della lettera aperta - dimostrano scarsa conoscenza della realtà lavorativa della medicina territorial”, che a detta dei firmatari starebbe subendo “le conseguenze dovute a una grave e reale carenza di medici, a causa di un clamoroso errore di programmazione”, da anni denunciato e che determinerebbe un insufficiente ricambio generazionale e “una non adeguata ed efficiente copertura delle zone carenti”. Tale situazione, continuano ancora I medici di base, li obbliga a un impegnativo e inaccettabile ampliamento del massimale degli assistiti.
Un passaggio della lettera è dedicato al tema degli orari di lavoro (quello di apertura degli ambulatorim secondo le dichiarazioni dell’assessore al Welfare, sarebbe notevolmente inferiore a quello di chi esercita la professione medica in un opedale, ndr) “l'orario di apertura degli ambulatori – si legge nelle lettera - è proporzionale al numero dei pazienti, e sancito dall'ACN ma di fatto sono solo numeri che non riflettono la reale tempistica del quotidiano lavorativo della medicina territoriale, che non è fatta solo di visite ambulatoriali, ma anche di visite domiciliari e di attivita sul territorio, di espletamento delle attivita burocratiche, di numerosissimi contatti con i pazienti mediante nuovi e tradizionali mezzi di comunicazione”.
I medici di famiglia rigettano così le accuse al mittened. “Riteniamo improprie le sue dichiarazioni che evidenziano scarsa conoscenza della realtà lavorativa della medicina di famiglia – è un altro passaggio della lettera - e mettono in dubbio professionalita e impegno di professionisiti, che hanno affrontato con dedizione e impegno l'emergenza Covid. Le ricordiamo le decine di medici di famiglia morti sul campo nella nostra Regione, per assistere i pazienti nella prima fase della pandemia, quando veniva loro negata persino la possibilità di acquistare le necessarie protezioni individuali”.
C’è, invece, uin sostanziale accord con l’assessore Moratti in tema di rimodulazione della medicina del territorio, che deve “essere rimodulata potenziando l'esistente e integrandola secondo i nuovi indirizzi dettati dalla Missione 6 salute del Pnrr”.