Combattere il disagio psichico in carcere
Presentata ieri a Milano un 'indagine conoscitiva realizzata dalla Regione nelle carceri lombarde
Accendere un faro sulle condizioni di salute mentale delle persone in carcere e proporre soluzioni al crescente disagio psichico. Questo lo scopo dell’indagine conoscitiva, promossa dalla Commissione speciale di Regione Lombardia sulla situazione carceraria, illustrata ieri a Milano in un incontro cui hanno partecipato esponenti istituzionali regionali, della magistratura e degli avvocati, oltre che il Garante nazionale dei detenuti Mauro Palma, collegato in video.
“La salute mentale dentro le carceri è un’emergenza che non solo pesa sulle persone ristrette ma anche sugli agenti di polizia penitenziaria che si trovano ad affrontare situazioni senza avere una competenza specifica – ha sottolineato la Presidente della Commissione speciale, Paola Bocci, del Pd-. E’, quindi, fondamentale che tutte le parti politiche e amministrative, i direttori di istituti penitenziari e chi lavora siano consapevoli delle risposte e delle soluzioni da apportare. Questa indagine conoscitiva, iniziata nell’aprile del 2021, ha misurato sul campo l’aggravarsi del problema post pandemia: si stima, infatti, che il tasso suicidario all'interno delle carceri sia 18 volte superiore a quello della popolazione libera. Ma oltre ai punti critici l’indagine ha evidenziato i punti su cui si può intervenire. Ci auguriamo che anche con le delibere regionali appena approvate si dia subito risposta con piani attuativi che intervengano anche in questo tipo di carenze e criticità”.
Il disagio psichico è la forma più diffusa di malattia di cui soffrono i detenuti italiani. Oltre il 40% di tutte le patologie riscontrate nella popolazione carceraria sono di natura psicologica o psichiatrica. Il risultato più evidente di questo vasto e profondo disagio sono i suicidi e gli atti di autolesionismo: nel 2020 sono stati 16 (su un dato nazionale di 62) i detenuti nelle strutture detentive lombarde che si sono tolti la vita, di essi l’80% aveva età compresa tra i 20 e i 45 anni. Per quanto riguarda gli atti di autolesionismo, il Ministero di Giustizia ha dichiarato che nel 2020 si sono registrati 147 episodi nella casa circondariale di Busto Arsizio (Va), 407 a San Vittore, 81 a Monza e 105 a Como.
Quattro i filoni di intervento proposti nelle conclusioni dell’indagine: la riduzione delle liste di attesa per entrare nelle Rems (strutture sanitarie di accoglienza per gli autori di reato affetti da disturbi psichici); il ricorso all’interno delle carceri di personale di supporto agli psichiatri (psicologi, infermieri psichiatrici, tecnici di riabilitazione psichiatrica); più formazione specifica per gli agenti, anche con la possibilità di istituire sportelli d’ascolto per coloro che ne avvertissero la necessità; maggiore attenzione ai rischi psicosociali delle donne detenute, anche con interventi di medicina di genere.
Al dibattito sono intervenuti Francesca Valenzi, dell'Amministrazione Penitenziaria della Lombardia, Roberto Ranieri, responsabile Unità Operativa Sanità Penitenziaria di Regione Lombardia, Valentina Alberta, vice presidente Camera Penale Milano e Giovanna Di Rosa, presidente Tribunale di Sorveglianza di Milano.
Le conclusioni sono state illustrate da Antonella Forattini, neo eletta al Parlamento e già Presidente della Commissione speciale sulla situazione carceraria, che ha auspicato che si proceda nel consolidamento dell’esperienza di giustizia riparativa.