Toccando le piaghe dell’umanità
In occasione dell’uscita dell’ultimo libro “Toccando le piaghe dell’umanità” abbiamo incontrato padre Giancarlo Paris, frate minore conventuale della provincia religiosa di Padova, Guardiano presso il Villaggio sant’Antonio di Noventa Padovana. Ha svolto a Brescia presso il Convento di San Francesco il servizio di formatore per 11 anni e quello di guardiano per otto.
Come nasce questo libro?
Nasce da una folgorazione letteraria. Stavo leggendo Delitto e Castigo di Dostoevskij e ad un certo punto una scena mi colpisce fortemente. Il protagonista Raskol’nikov, si trova davanti a Sonja una giovane ragazza costretta dalla miseria a prostituirsi. Di punto in bianco si inginocchia davanti alla ragazza e le bacia il piede. Lei indietreggia stupita e lui le risponde che non sta baciando il suo piede ma le ferite dell’umanità. Quella scena mi ha ricordato immediatamente la figura di Cristo e le sue piaghe dalle quali siamo stati guariti che sono anche le pieghe dell’umanità. Ma anche san Francesco con le stimmate che bacia il lebbroso e così tanti incontri dove mi sono chinato a contemplare la fede di persone segnate dalla sofferenza o dalla vita. Testimonianze che mi hanno rafforzato nella fede e nella vocazione.
A cosa si è ispirato nel titolo?
La frase di Raskol’nikov così immediata, spontanea, vera e profonda. È un atteggiamento che rimanda direttamente a pagine di Vangelo come la parabola del Buon Samaritano e le opere di misericordia del Capitolo 25 di Matteo. Un libro ricco di storie particolari...Sì ci sono tante persone in questo libro incontrate nei 30 anni di vita in convento, in carcere al Due Palazzi di Padova, negli ospedali di Brescia. Non tutte sono storie drammatiche, ci sono anche sprazzi divertenti, che fanno bene al cuore come la storia di Maria di san Zeno che recita il rosario con le decine sbagliate, o la storia di Viviana, “Vivi” con il suo Angelo, oppure la signora che chiacchera e sgrida il marito morto guardando verso il cimitero. Storie di vita concreta, di vita bella.
Che ricordi porta di queste persone?
Ricordi belli. Fanno parte della mia famiglia. Penso alle parole di Gesù quando promette il centuplo in fratelli, sorelle e madri a chi rinuncia a tutto per seguirlo. Alcune sono persone che ho frequentato a lungo, altre un solo per qualche minuto ma che hanno lasciato un segno forte, una ferita aperta, un insegnamento. L’altro ci guarisce, la relazione, l’incontro sono la terapia ad ogni dolore, una traccia dell’amore di Dio nella nostra vita.
Lei ha scritto anche un altro libro sulla vita della Venerabile Mariacristina Cella Mocellin: Ciò che conta è amare, cosa evidenzia in questa biografia?
L’ho scritto con entusiasmo non partendo da altri scritti ma incontrando chi Maria Cristina l’ha conosciuta e amata come le amiche del paese, il marito Carlo, i genitori. Tutti mi hanno accolto con affetto ed il libro raccoglie i loro racconti. La vita di Maria Cristina Cella Mocellin è un commento vivente all’Amoris Laetitia. Ora a Noventa Padovana mi trovo spesso a lavorare con gli scout, ad ascoltare le loro domande e a vedere come la cultura contro la vita abbia fatto breccia nel loro modo di pensare. Penso che far conoscere Maria Cristina possa essere di grande aiuto. Maria Cristina è una figura profetica, morta nel 1995 che parla a noi oggi e ci provoca con le sue idee, il suo coraggio, la sua fede. Poi mi piace perché è una donna con un carattere difficile che la rende così umana, così normale e nostra.