Mons. Foresti, tutto fu grazia
Il 28 settembre, in occasione della terza giornata del convegno del clero, verrà presentato il libro del Ce.doc che raccoglie scritti e testimonianze di mons. Bruno Foresti. Dalle pagine del libro riportiamo un significativo brano tratto dall’omelia di congedo di mons. Foresti dalla Diocesi, il 9 gennaio 1999.
“In quel pomeriggio del 18 giugno 1983, come mi introdussi qui, non senza commozione e tuttavia memore della esortazione di Paolo VI senza paura, mi trovai quasi sequestrato lontano dal popolo; mi fu istintivo esprimere un gesto premonitore, avvicinandomi anche fisicamente alla gente, perché mi sembrava anomalo che un Pastore, scelto da Dio fra gli uomini, dovesse sentirsi, per il suo ministero, quasi separato da loro. Così fosse, almeno dove la circostanza lo consente, per le nostre liturgie: diventassero sempre più, anche dal punto di vista visibile, espressione di quella comunione invisibile che raccoglie in unità Cristo Sacerdote e le sue membra. L’unità deve essere più forte della distinzione. Da allora, come già altrove, mi fu consueto vivere la ‘liturgia della vita quotidiana’ come uomo fra gli uomini e come cristiano fra i cristiani, sia pure avvertendo la terribile responsabilità di esserne guida. Peraltro nessuna mitizzazione di stile. Nessun comportamento esteriore è, per sé stesso, il migliore; ‘ama e fa’ le scelte che vuoi’ insegna S. Agostino. A me è piaciuto fare la mia, probabilmente nella memoria di essere nato da genitori di umile condizione, popolani e, per fedeltà ad essi, in dovere di essere amico di tutti e soprattutto dei poveri. La santità è ben altra cosa, attinge a valori più profondi e più universali.
Per non essere vissuto, in essa, da modello chiedo perdono al Signore che qui mi ha inviato perché gli rendessi testimonianza; e a voi, dei quali ho lasciato inevase molte giuste attese e che ho certamente anche sovente offeso a causa del mio temperamento giustamente schietto, ma anche improvvidamente irruente. Se mai, mi conforta la coscienza di aver lavorato senza sosta, memore dell’esempio paolino ‘Impendar et superimpendar pro animabus vestris’ (2 Cor 12,15) e di aver gettato le reti, o Signore, ‘in verbo tuo’ (Lc 5,5). Ora, al momento di ammainare le vele (uno spettacolo che mi suggestionava da bimbo specialmente quando osservavo avvicinarsi alla riva i barcolli da carico pesante) benedico Dio, e gli sarò grato se mi concederà la grazia non tanto di rassettare le reti, quanto di continuare a pescare in acque più tranquille, evitando i fondali misteriosi. Non potrò dimenticare le strade percorse durante i miei 53 anni di sacerdozio, i 21 anni di servizio in Seminario, i 7 anni da parroco a S. Pellegrino Terme, gli otto e mezzo da Vescovo di Modena e soprattutto i quindici e mezzo passati tra voi. Ogni tappa ha segnato il mio spirito con la tenerezza delle sue mistiche carezze e con le stigmate delle sue spirituali crocifissioni. Tutto fu grazia!”.