Tranquillo: Costruire una (nuova) cultura sportiva
Lo sport è fondamentale nella vita delle persone, ma forse non ci siamo mai chiesti che contenuto dare a questa parola. Giovedì scorso, a partire dal libro “Lo sport di domani” di Flavio Tranquillo, negli spazi della Sala Linetti della biblioteca di Leno, si è tenuto l’evento “Costruire una (nuova) cultura sportiva” promosso e condotto da Nicola Berardi. L’ospite della serata è stato proprio Flavio Tranquillo, autore, giornalista e commentatore sportivo.
Durante l'evento, si è parlato principalmente di sport, di cultura sportiva, di giovani, ma anche di scuola e di come essa può e deve essere fondamentale per lo sport. “C’è l’idea che lo sport sia buono in quanto tale e perché contiene dei valori. Lo sport è un’attività economica e sociale, quindi non è di per sé salvifico per la collettività, ed è anche corruzioni, illeciti, botte agli arbitri ecc. Abbiamo fatto l’errore di dire che fa sempre bene, ma ciò non è vero. A livello professionistico fa oggettivamente male. Ciò non significa che lo sport fa male, ma dire in maniera acritica che fa bene viola una parte piccolissima di questo sport”.
Nel corso dell'incontro si è poi cercato di definire lo sport in Italia e cosa significa cultura sportiva. “Definire la parola cultura è una delle cose più difficili in assoluto. È una parola interdisciplinare per eccellenza e tantissime discipline hanno una loro definizione. Il problema - ha continuato Flavio Tranquillo - è che abbiamo solo un modello, lo sport professionistico, che numericamente coinvolge pochissime persone e rende i ragazzi ossessionati dal diventare professionisti. Ciò porta, a livello giovanile, ad un tasso di abbandono inaccettabile. Il problema non è però lo sport professionistico, ma l’importanza che noi diamo ad esso”.
L’evento si è concluso con una riflessione finale sulla scuola. “Si parla da molto tempo di inserire l’attività fisica elle elementari perché già presente alle medie e al liceo. Non comprendo perché nello sport si ribalti la prospettiva. I valori dello sport vengono fuori per generazione spontanea perché a scuola ci fanno solo giocare. Questa però non è cultura sportiva. Il giorno in cui vorremo realmente cambiarla, la scuola dovrà essere il punto di partenza”.