Antonioli. Uno di noi, prete di tutti
Il 12 dicembre sono ricorsi i 30 anni dalla morte di don Giovanni Antonioli. Il libro di Luciano Costa ne ripercorre le gesta in un libro
Il 12 dicembre scorso sono ricorsi i trent’anni dalla morte di don Giovanni Antonioli, sacerdote camuno, amico di Paolo VI. Nato a Monno il 7 febbraio 1917, don Giovanni venne ordinato sacerdote da mons. Giacinto Tredici il 7 giugno 1941 e mandato come curato a Ponte di Legno, dove, nei mesi più duri della guerra, sostenne i partigiani in Mortirolo. Parroco di Pezzo dal giugno 1946, dall’anno successivo fino al 1979 fu parroco di Ponte di Legno e poi rettore di Santa Maria Assunta a Esine. Predicatore e scrittore apprezzato (ricordiamo i suoi libri editi da Morcelliana, anzitutto il celebre “L’ospite più strano” in cui racconta della sua difficile convivenza con il morbo di Parkinson che lo colpì nel 1972), don Antonioli si è sentito – ed è stato – soprattutto un pastore, un parroco vicino alla sua gente, in modo particolare agli ultimi e ai più semplici, sul modello di altri due sacerdoti, come don Mazzolari e don Milani. Opportunamente, per ricordare questo sacerdote, è stato ristampato dalle Edizioni Arti il libro di Luciano Costa “Uno di noi, prete di tutti. Pensieri, parole e fogli sparsi per ricordare Don Giovanni Antonioli” (pp. 292, euro 20).
La nuova edizione del volume è stata ampliata con nuovi capitoli e nuove riflessioni di don Antonioli, introdotte da una commossa presentazione di don Gabriele Filippini. Vi sono anche fotografie che ritraggono don Antonioli e alcuni disegni che l’artista Ettore Calvelli realizzò per delineare la vita dell’amico don Giovanni. Come osserva l’autore, non si tratta di una biografia in senso stretto, ma di “pensieri, parole e fogli sparsi per ricordare Don Giovanni Antonioli, che un giorno lontano, accogliendomi a Ponte di Legno mi spalancò la porta dell’amicizia e mi mostrò i suoi lati migliori, quelli ricolmi di mitezza e saggezza, che lui possedeva in abbondanza e che io cercavo frugando ogni giorno tra le righe dei giornali e le pieghe dei libri” (p. 69). Vengono così raccolti, in ventotto capitoli, i momenti di incontro e di amicizia tra l’autore e don Antonioli, a partire dal lontano 1959, quando il giovane Luciano Costa si era recato da don Giovanni, a seguito di un articolo del quotidiano “L’Italia” (che poi sarebbe divenuto l’Avvenire”) e che parlava dell’indizione delle missioni popolari a Milano da parte dell’arcivescovo Giovanni Battista Montini e che vedeva tra i predicatori un prete camuno suo amico, appunto don Antonioli. Per la precisione: “Amico dell’arcivescovo e suo confessore ogniqualvolta raggiungeva le montagne che circondavano Ponte di Legno… una di quelle voci che se non ci fossero bisognerebbe inventarle”). Dopo i 28 capitoli di testimonianza da parte dell’autore, sono ospitate le riflessioni, inedite, di don Antonioli, che erano state inviate al settimanale diocesano “La Voce del Popolo”, di cui l’autore era redattore sotto la guida di don Antonio Fappani, per la rubrica “Come cambiano i mestieri”. Queste riflessioni sono introdotte da don Gabriele Filippini che osserva come si tratti di riflessioni non solo ‘sagge’, ma soprattutto ‘sapienziali’: “E oggi – continua – colmi di scienza e tecnologia, abbiamo bisogno di tanta sapienza. Le acquisizioni tecnologiche ci aiutano a camminare più spediti, ma solo la sapienza ci fa vedere la direzione da prendere”. Seguono altre sezioni del libro, tratte dal diario di don Giovanni o anche alcune trascrizioni di omelie in dialetto (significativamente intitolate “Prediche ai pastorelli”). Sono pagine che si leggono molto gradevolmente, rivolte a chi ha conosciuto don Giovanni, ma anche a chi non ha avuto la fortuna di incontrarlo. Osserva Luciano Costa: “Queste pagine vorrebbero aiutare i giovani e chiunque altro abbia voglia di lasciarsi affascinare dalle parole – vere melodie intelligenti – con cui don Giovanni colorava i giorni e lastricava i sentieri su cui camminare per aiutare a salite più in alto, a mettere nella personale bisaccia pezzi e pezzulli di quella storia che i vecchi hanno già dimenticato”.