Lavoro e Covid 19
Un nuovo Statuto dei lavoratori nella realtà Covid-19 che cambia Tra pochi giorni ricorrono i 50 anni dello “Statuto dei Lavoratori” e a luglio il centenario della nascita (Recanati, 19 luglio 1920) di Giacomo Brodolini che ne fu l’ispiratore. La legge 20 maggio 1970 n. 300, che definisce le “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro (GU 27 maggio 1970, n.131). Viviamo in un momento storico caratterizzato dall’incertezza e della discontinuità. Oggi i lavori sono «tanti» ed è doveroso proteggere, oltre che i lavoratori dipendenti, anche quelli indipendenti caratterizzati da debolezza socio-economica. Di fronte al caos delle task force e della giungla delle riaperture mentre si attendono le soluzioni all’alchimia del nostro debito-futuro… “L’Italia è in ritardo rispetto al Centro e al Nord-Europa su molti fronti. Non possiamo stupirci, purtroppo, che sia in ritardo anche nel fronteggiare un terribile shock imprevisto come questo, che quindi lo patisca più degli altri Paesi, e anche che non abbia le idee chiare su come uscirne”. Dedicare i 50 ANNI DELLO “STAT U TO dei Lavoratori” all’idea, cioè, che esso oggi non sia soltanto il luogo in cui gli imprenditori scelgono i lavoratori da assumere più adatti alle loro esigenze, ma anche il luogo in cui sono i lavoratori a scegliersi l’imprenditore privato e/o della PA più capace di valorizzare il loro lavoro. E ciò conduce ad assegnare alla famiglia e a tutti i corpi intermedi il giusto rilievo per la coesione della società. Ciò comporta la realizzazione diffusa della pratica del principio di sussidiarietà secondo il quale lo Stato, le amministrazioni pubbliche centrali e locali, operano per sollecitare il libero gioco delle aggregazioni sociali. E ancor più nelle nuove condizioni prodotte dalla crisi, la crescita deve essere sostenuta non tanto dalla leva della spesa pubblica quanto dalla vitalità delle persone, delle famiglie, delle imprese, e delle forme associative. Si tratta insomma, di stimolare una sorta di rivoluzione nella tradizione quale risultato di comportamenti istituzionali, politici e sociali coerenti con la visione di «meno Stato, ma che controlla, più società e memoria». I 50 ANNI DELLO “STAT U TO ” La legge voluta da Giacomo Brodolini riconobbe la libertà d’opinione, la sicurezza e la rappresentanza sindacale in fabbrica. Ed eliminò la sorveglianza invasiva, quel “fare la fogna” agli operai. venne presentata in Parlamento, come disegno di legge, da Brodolini il 24 giugno1969; la scomparsa del ministro del Lavoro l’11 luglio 1969, non fermò tuttavia l’iter della legge, proseguito dal suo successore Carlo Donat-Cattin, e in certo modo accelerato dai moti dell’“autunno caldo”. Il proposito del disegno di legge che il governo si onorò di presentare è di contribuire in primo luogo a creare un clima di rispetto della dignità e della libertà umana nei luoghi di lavoro, riconducendo l’esercizio dei poteri direttivo e disciplinare dell’imprenditore nel loro giusto alveo e cioè in una stretta finalizzazione allo svolgimento delle attività produttive. Furono anni difficili (1956-1970) per il Paese; Il boom economico, il Concilio Vaticano, Joan Baez e Bob Dylan, The Beatles…Il primo uomo sulla Luna. Nelle mie numerose letture mi colpii di quell’anno, 1969, così pieno di stridenti contrasti, un’immagine sola –accanto al volto di Brodolini – mi è rimasta, folgorante e amara, nella mente: la sequenza iniziale della Via Lattea di Luis Buñuel. I due pellegrini che camminano stanchi e affamati verso Santiago di Compostela incontrano un distinto signore e chiedono un po’di elemosina; questi li interroga: “Hai del denaro?”; “No, signore, no”, risponde il primo; “Tu non avrai niente. Capito? Niente!”. “E tu?”, dice all’altro: “Sì, io ne ho un po’”; “Allora ne avrai molto di più. Tieni”, conclude il signore. Poi avanza, si volta, ritorna sui suoi passi, e di scatto, scandisce due versetti terribili del profeta Osea, de i quali oggi – più che allora – misuriamo la parabola, lungo anni di pavidi tradimenti: “Chiamala Non-amata/perché non amerò più/la casa d’Israele,/non avrò più misericordia”(I,6).Il signore si riavvia infine dando mano a un bimbo, dal seno del quale si leva una colomba. Infuturo chissà… Capisco che può sembrare assurdo, al culmine – come siamo oggi – della recessione più grave da un secolo a questa parte, parlare di grandi “giacimenti occupazionali” inutilizzati. E però proprio di questo si tratta, e ancora di questo si tratterà nelle prossime settimane, nei prossimi mesi, quando centinaia di migliaia di aziende riapriranno o nasceranno. Per uscire da questa grave crisi è urgente dotare il nostro Paese di servizi di orientamento professionale e di formazione che rendano i lavoratori capaci di rispondere alla fame di personale qualificato e specializzato di cui soffrono le imprese. Per questo c’è bisogno anche di un sindacato capace di assumere come proprio il mestiere di intelligenza collettiva dei lavoratori, che li guida nella valutazione dei piani industriali innovativi per la contrattazione su di essi, e al tempo stesso il ruolo di partner dell’imprenditore nella progettazione di nuove forme di organizzazione del lavoro e di spartizione dei frutti dell’impresa. Non c’è nulla di meglio che un nuovo Statuto dei lavoratori, ma soprattutto proporsi di realizzare nei fatti, questo rovesciamento della visione tradizionale del mercato del lavoro e del ruolo del sindacato, preziosa per aiutarci trovare la via d’uscita dalla crisi di sistema che stiamo attraversando.