Gestione pubblica dell'acqua
La riflessione del Comitato Referendario Acqua Pubblica Brescia
La notizia non era inattesa visto quanto già accaduto qualche settimana fa. La deliberazione costruita per confermare l’attuale modello gestionale di Acque Bresciane, totalmente pubblico, garantendone così la totale ed irreversibile natura pubblica del servizio ed abiurare la delibera precedente del 2015 che privatizzava il gestore unico, è stata votata dalla sola maggioranza di centrosinistra. Al momento del voto il centro destra è uscito dall’aula rinunciando a votare “contro” la gestione pubblica. Possiamo ben dire che al centrodestra l’acqua pubblica non piace proprio, tanto che nel dibattimento che ha preceduto la votazione si è aggrappato al progetto di project financing proposto da A2A (a detta loro un affare per i cittadini!!). Peccato che questo modello non sia previsto però né da norme nazionali né tantomeno dal diritto Europeo.
Basta guardare i fatti (o leggersi il Codice civile) per capire che TUTTI i soggetti privati, soprattutto se quotati in borsa, che di mestiere lucrano sui servizi pubblici, sono interessati alla gestione del servizio idrico solo per un unico fine: fare utili nella misura più alta possibile. Questo è loro oggetto sociale e questo fanno. A2A come tutti i “privati” fa il suo mestiere certo, quello di fare utili con ciò che può gestire. La politica invece ha il ruolo di definire cosa può essere gettato in pasto al mercato e cosa deve essere tutelato negli interessi dei cittadini. Dunque, perché non piace l’idea di un gestore totalmente pubblico come Acque Bresciane che non distribuisce dividendi (a soci privati né tantomeno a quelli pubblici) ma comunque garantisce efficacia ed efficienza gestionale?
Com’è possibile affermare che è nell’interesse dei cittadini la gestione privatistica se produce e garantisce ogni anno al gestore privato utili milionari superiori al 30% distribuiti poi a molti soci privati? Ricordiamoci che nel 2021 gli utili di A2A hanno superato i 36 milioni di utili, il 33% del fatturato! Come può l’imprenditore idrico tutelare la risorsa ed i consumi quando il maggior consumo della risorsa produce maggiori utili accrescendo l’appetibilità borsistica del soggetto?
Ma il gioco del Centrodx va anche contro le norme considerato che la gara per individuare il privato non è una partita a due tra A2A contro Acque Bresciane. Se gara ci sarà dovrà essere di livello Europeo. Una gara che sicuramente risveglia gli appetiti dei grandi gestori idrici Europei con Engie (ex Gdf-Suez) e Veolia su tutti. Il rischio che i cittadini bresciani corrono, vista l’appetibilità del “mercato” Bresciano, è vedersi sfilare di mano la gestione del bene più prezioso per la vita con l’aggravante di una gestione che privilegi la finanza anziché la risorsa. Un rischio che non possiamo correre visto l’interesse pubblico del servizio.
L’esatto contrario di ciò che dovrebbe essere la gestione di un bene comune fondamentale per la vita umana come è l’acqua.
È questo, dunque, il disegno del centrodx provinciale? Spingere ulteriormente nell’abbraccio mortale del mercato la risorsa sempre più scarsa e sempre più in crisi, mettendo le mani in tasca ai cittadini? Ricordiamo che Acque Bresciane, partecipata solo da Enti pubblici, in questi anni si è strutturata finanziariamente tanto da divenire un operatore in grado di garantire gestioni efficaci ed efficienti con l’unico obbiettivo gestionale: garantire gli investimenti, tutelando la risorsa senza dover produrre utili da distribuire in dividendi privati. Aggiungiamo che la sua natura totalmente pubblica produce attività che vanno verso la tutela della risorsa ed il risparmio idrico. Il suo ruolo è questo ed è stato definito con due referendum, il primo nazionale del 2011 che ha chiaramente sancito che la gestione del servizio idrico deve essere totalmente pubblica ed il referendum provinciale del 2018 che ha ulteriormente ribadito tale volontà. Certo la gestione di AB è perfettibile ma le gestioni private sono certamente tossiche per i cittadini così come la narrazione che le accompagna.
Il voto in Consiglio provinciale è un primo passaggio, importante, ma non sufficiente a garantire la gestione pubblica del Servizio idrico. Ora la palla passa ai sindaci confidando che si esprimano nell’interesse dei cittadini e non dei privati che lucrano su una risorsa, l’acqua, sempre più critica.