Evangelizzare per integrare
Molto si è scritto sulla vicenda della Conferenza Episcopale Italiana che ha accolto i migranti della nave “Diciotti”. Mi pare invece che la cronaca, come di consueto, poco o nulla si sia soffermata sulla problematica degli specifici percorsi di integrazione pensati per i migranti e, più in generale, sul rapporto tra questo tipo di iniziative umanitarie ed il peculiare compito della Chiesa
Egr. Direttore, molto si è scritto sulla vicenda della Conferenza Episcopale Italiana che ha accolto i migranti della nave “Diciotti”.
Mi pare invece che la cronaca, come di consueto, poco o nulla si sia soffermata sulla problematica degli specifici percorsi di integrazione pensati per i migranti e, più in generale, sul rapporto tra questo tipo di iniziative umanitarie ed il peculiare compito della Chiesa di Cristo (laici compresi) tra gli uomini.
A questo riguardo ho recentemente letto su “La Nuova Bussola Quotidiana”, a firma di Stefano Fontana, alcune considerazioni tanto semplici e vere quanto provocatorie, che rilancio: “Evangelizzare è anche il modo migliore per integrare. Se ci si impegna ad integrare non perciò si evangelizza. Se si evangelizza si finisce anche per integrare”.
Non è che, soprattutto e paradossalmente in contesti confessionali, così presi da pur encomiabili ma laicissimi progetti di inserimento, muri da abbattere, ponti da costruire e compulsivo rispetto per tutto ciò che promana da lontani ambiti culturali e religiosi, ci siamo dimenticati qualcosa?
Può darsi che mi sbagli (e sinceramente spero che qualcuno me lo possa dimostrare), ma se così fosse, perché di questa specifica modalità di integrazione proprio non si parla? Perché non se ne da notizia? Forse per prudenza?
Ed alzando lo sguardo e la mira: non è che abbiamo un tesoro preziosissimo tra le mani e per ignoranza dello stesso, acritico ossequio al mito della laicità delle istituzioni (leggasi laicismo), ruolo sociale rivestito, convenienza, pigrizia, codardia o falso pudore, facciamo di tutto per nasconderlo o, perlomeno, per sminuirne la portata salvifica?
E’, questa, vera Carità?
Ed abbassando infine lo sguardo e mirando al proprio cuore: quanto ti interroga, giorno dopo giorno, custodire questo tesoro, che ti è stato gratuitamente donato, dovendoti limitare a fare partecipi coloro che ti vengono affidati solamente di quei pur benedetti bagliori che se ne sprigionano, ben sapendo di cosa, dal profondo del forziere, le stesse persone avrebbero ancora veramente bisogno…