Produzione: cresce il manifatturiero a Brescia
I dati del Centro studi di Confindustria Brescia segnalano una forte ripresa nel secondo trimestre 2021. A Milano audizione regionale sul caso Timkne, ma la multinazionale non vuole cambiare idea
Mentre prosegue il tentativo di scongiurare il licenziamento dei 106 lavoratoti della Timken di Villa Carcina, arrivano segnali decisamente incoraggianti sul fronte dell’economia bresciana. Nelle stesse ore in cui a Milano la Regione tentava una mediazione con la proprietà per cercare di far recedere la multinazionale impegnata nell’indotto dell’automotive, il centro studi di Confindustria Brescia comunicava i dati del 2° trimestre 2021, segnato da un balzo in avanti della produzione delle imprese manifatturiere bresciane rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente (tendenziale) pari a +29,1%. Si tratta del valore positivo più alto di tutta la serie storica, cioè dal primo trimestre 1997. Il risultato consente alla provincia di Brescia di recuperare quasi per intero quanto perso durante la pandemia: il confronto con il 2° trimestre 2019, prima dell’impatto del Covid, è pari al -4%. In generale, l’evoluzione complessiva è la sintesi di dati aziendali fortemente eterogenei.
Nel dettaglio, la produzione industriale rileva un aumento sul trimestre precedente (congiunturale) di +6,3%. Il tasso acquisito, ovvero la variazione media annua che si avrebbe se l’indice della produzione non subisse variazioni fino alla fine del 2021, è pari a +15,1%. Dopo aver toccato i minimi storici nel secondo trimestre dello scorso anno, i livelli produttivi realizzano quindi un netto recupero, riportandosi intorno ai volumi del 2019. Le previsioni a breve termine sono positive: le aziende che stimano un miglioramento della situazione nei prossimi tre mesi sono il 51%; quelle che prevedono di mantenere i livelli attuali sono il 41%, mentre l’8% stima un calo dell’attività. Le aspettative sono favorite dal recupero della domanda interna.
La fiducia degli imprenditori manifatturieri in giugno è salita ai massimi dall’autunno del 2000. Permangono alcune preoccupazioni dovute all’incremento dei prezzi delle materie prime e, in alcuni casi, alla carenza di materiali, fattori che stanno generando un aumento dei tempi medi di consegna e una riduzione dei margini delle imprese. Le prospettive restano anche condizionate dai timori che la “variante Delta” possa frenare i progressi ottenuti nella lotta alla diffusione del virus. L’avanzare della campagna vaccinale senza intoppi è la precondizione principale affinché non si interrompa sul nascere una ripresa che si sta manifestando in questi mesi, ma che va consolidata.
La disaggregazione della variazione della produzione per classi dimensionali mostra incrementi superiori alla media nelle piccole imprese (+8,2%), nelle medie (+7,8%) e nelle grandi (+9,4%). La produzione è diminuita nelle micro imprese (-0,7%). Con riferimento alla dinamica congiunturale per settore, l’attività produttiva è aumentata: oltre la media nel comparto chimico, gomma, plastica (+9,0%), legno e minerali non metalliferi (+6,5%), meccanica (+6,5%), metallurgia (+7,9%); sotto la media nell’alimentare (+5,5%); è diminuita nel sistema moda (-0,9%). Il tasso di utilizzo della capacità produttiva, che si è attestato all’81%, è aumentato nei confronti della rilevazione precedente (78%) e risulta superiore a quello del secondo trimestre del 2020 (62%).
Le vendite sul mercato italiano sono aumentate per il 61% delle imprese, rimaste invariate per il 23% e diminuite per il 16%. Le vendite verso i Paesi comunitari sono cresciute per il 44% degli operatori, calate per il 13% e rimaste stabili per il 43%; quelle verso i Paesi extra UE sono aumentate per il 40%, diminuite per il 15% e rimaste invariate per il 45% del campione. I consumi energetici sono cresciuti per il 57% degli operatori, con una variazione media di +4,9%. Le giacenze di prodotti finiti sono ritenute adeguate alle necessità aziendali dal 73% delle imprese; le scorte di materie prime sono giudicate normali dal 66% del campione. I costi di acquisto delle materie prime sono cresciuti per il 77% delle imprese, con un incremento medio del 13,0%. I prezzi di vendita dei prodotti finiti sono aumentati per il 62% degli operatori, per una variazione media pari a +4,4%.
Tra i fattori che limitano la produzione, le aziende hanno segnalato: per il 34% la scarsità di materie prime/macchinari; per il 19% la domanda insufficiente a causa del Covid-19; per il 5% la scarsità di manodopera; per il 31% nessuno. Le aspettative a breve termine appaiono positive. La produzione è prevista in aumento da 51 imprese su 100, stabile dal 41% e in calo dal rimanente 8%. Tutti i comparti produttivi sono attesi in crescita. Gli ordini provenienti dal mercato interno sono in aumento per il 41% degli operatori, stabili per il 43% e in diminuzione per il 16%; quelli dai Paesi UE sono in crescita per il 34% degli operatori del campione, invariati per il 60% e in calo per il 6%; quelli provenienti dai mercati extracomunitari sono in aumento per il 36% delle imprese, stabili per il 57% e in calo per il 7%.
Sul fronte della Timken, invece, a Milano, la commissione Attività produttive del consiglio regionale, ha incontrato in audizione, su richiesta del Consigliere regionale del Pd Gian Antonio Girelli, la multinazionale, rappresentata dal direttore generale Francesco Contolini, insieme a sindacati ed enti locali. All’unanime richiesta di dialogo e di sedersi introno ad un tavolo di contrattazione evidenziata da tutte le parti coinvolte si è contrapposta la netta chiusura dell’azienda, che ha confermato la sospensione e la chiusura, anche dopo un ulteriore confronto interno con la proprietà, senza nemmeno attivare gli ammortizzatori sociali.
Girelli, ha evidenziato nel suo intervento l’anomalia di una decisione così improvvisa. “Un settore così strategico - ha affermato - e di prospettiva non può essere abbandonato, tanto più ora che con il Pnrr ci sono a disposizione ingenti risorse pubbliche. Significherebbe un gravissimo impoverimento del nostro territorio. Chiediamo che si possa riaprire un tavolo per cercare soluzione alternative, coinvolgendo anche la Regione. Non possiamo dimenticare che in gioco ci sono 106 posti di lavoro, quindi la vita di altrettante famiglie, senza contare l’indotto”. Per parte sua la struttura tecnica di Regione Lombardia, si è già attivata e c’è già un contatto con il Ministero dello sviluppo economico per individuare la possibilità da una parte di salvare i posti di lavoro e dall’altra di garantire il mantenimento del tessuto economico, possibilità reale visto che non è ancora stata avviata una procedura ufficiale di licenziamento collettivo