Menni: la riforma delle Bcc? Un decreto ancora da capire
Per il presidente di Confcooperative Brescia nelle scelte del governo restano ancora alcuni punti da chiarire
Le aperture che Menni a Brescia come i “colleghi” di altre realtà italiane, teme maggiormente sono quelle che nessuno sembra avere voluto, in particolare la rottura del patto intergenerazionale dei patrimoni. “Si tratta di patrimoni – afferma – creati nel corso di una lunga storia e come garanzia intergenerazionale. Oggi il decreto dà la possibilità alle banche che hanno un patrimonio superiore ai 200 milioni di euro, attraverso il pagamento di una e propria miseria allo stato, di trasformarsi in spa, facendo diventare quel patrimonio un bene privato, potrebbe innescare strani egoismi in altri settori della cooperazione”.
Il vero problema, come ricorda Menni, è che nessuno sembra avere richiesto questa apertura sui patrimoni. “Non l’hanno chiesto Bankitalia e l’Europa – ha evidenziato – che insistono sul tema del dimensionamento per fare in modo che anche le banche più piccole possano reggere le difficoltà e le sofferenza del mercato e, in seconda battuta, sulla possibilità di aprire un percorso di partecipazione privata, fatta salva però l’intergenerazionalità e l’indivisibilità del patrimonio”.
Chi ha indotto, allora il governo a inserire nel decreto anche questa possibilità? La domanda è di quelle a togliere il sonno, e Menni lo conferma, anche perché apre il campo a dubbi e illazioni pericolose. “Sono in molti – afferma ancora il presidente di Confcooperartive Brescia –a porsi la domanda di come sia stato possibile passare da una proposta di riforma che era stata ampiamente condivisa a quella passata poi nel testo del decreto che prevede invece questa ipotesi? Si sono forse registrate pressioni di banche marginali rispetto al sistema del credito cooperativo italiano? Perché è stata accolta una modifica in assenza di ragioni che possano almeno in parte giustificarla?”. Le domande di Menni, almeno per ora, sono destinate a restare senza risposta, dal momento che nessuna delle bcc bresciane ha mai preso in considerazione il superamento dell’intergenerazionalità e dell’indivisibilità del patrimonio”.
Per il presidente di Confcoopertive si è davanti a quella che l’economista Stefano Zamagni (vedi box a fianco) ha definito “tradimento” dello spirito del credito cooperativo. “D’altra parte come può essere definita una riforma che trasforma pesantemente il patrimonio indivisibile messo insieme dalle banche in una storia che molto spesso è ultracentenaria? Nessuno l’aveva chiesto, non la banca d’Italia, non l’Europa, non le principali centrali cooperativistiche”. Sono in molti a domandarsi in che modo questa deriva privatistica che ha fatto la sua comparsa nel decreto del governo, potrebbe andare a trasformare i rapporti da sempre esistenti tra Bcc e i territori che le hanno viste nascere... “Difficile dirlo – risponde ancora Menni –. Certo che la trasformazione, con il semplice pagamento di un dazio allo Stato (il 20° del patrimonio), delle bcc in spa, soggetti di diritto privato, potrebbe cambiare in modo radicale il rapporto tra la banca e il suo territorio, soprattutto in quei casi in cui i soci non dovessero avere alcun radicamento locale”. Quella che le Bcc e, più in generale, il mondo cooperativistico ha davanti è ancora una partita tutta da giocare. “Il confronto con il governo – ricorda Marco Menni – è stata condotta da Federcasse che è socia di Confcooperative. Il nostro presidente nazionale ha seguito e sta seguendo parallellamente a quello di Federcasse il rapporto con il ministero. In questi giorni siamo impegnati a presentare a tutti le criticità di un provvedimento che sembra improvvisato e senza senso. Abbiamo investito del problema senatori e deputati perché possano intervenire con efficacia in occasione del dibattito parlamentare su un provvedimento che anche molti di loro considerano sconcertante”.
Un’ultima domanda: qual è oggi lo stato di salute delle Bcc bresciane? “È buono – è la sua risposta – anche perché le difficoltà che alcune piccole banche avevano incontrato in passato sono state risolte attraverso alcune fusioni mirate e funzionali al raggiungimento di dimensioni ed equilibri necessari”.
M. VENTURELLI
18 feb 2016 00:00