Mais Domani: quattro isole dell'innovazione
Continuano le sperimentazioni in campo di Mais Domani, il terreno di prova delle migliori tecnologie disponibili per produrre granella di mais in modo sostenibile a livello ambientale ed economico, contro la crisi produttiva del comparto italiano. Il progetto, realizzato dalla rivista di settore L’Informatore Agrario in collaborazione con Condifesa Lombardia Nord-Est e il Dipartimento di scienze agrarie, forestali e alimentari (Disafa) dell’Università di Torino, ha avviato lo scorso aprile la sua terza edizione su un appezzamento di circa 7 ettari nell’azienda di Angelo Visini a Comezzano Cizzago, che mercoledì 7 giugno (dalle 9.30) aprirà le sue porte per una giornata dedicata a scoprire tutte le ultime novità e gli sviluppi sulla coltivazione del cereale.
«Abbiamo identificato quattro ‘Isole dell’Innovazione’ – spiega Amedeo Reyneri, docente dell’Università di Torino e responsabile scientifico del progetto – quattro sistemi di parcelle dedicati rispettivamente a Genetica e biostimolanti, Diserbo, Efficienza irrigua e Sostenibilità. Ognuna di queste Isole è stata suddivisa in tesi sperimentali dove vengono testate e monitorate le strategie agronomiche più innovative in ogni fase della coltivazione del mais, dalle lavorazioni del suolo in pre-semina alla raccolta».
In particolare, durante la giornata in campo sarà possibile valutare gli effetti dei biostimolanti e dei fertilizzanti starter sugli ibridi di ultima generazione, delle strategie sostenibili per il diserbo chimico e meccanico di precisione, dell’irrigazione e fertirrigazione con manichetta rispetto a quella con rotolone, nonché i sistemi di supporto alle decisioni. Inoltre, sarà possibile confrontare lo sviluppo del mais coltivato con la strategia a bassi input ‘Farm to Fork’ con altre, altrettanto sostenibili, ad alto contenuto di innovazione agronomica.
La missione di Mais Domani è quella di offrire agli agricoltori un ventaglio completo di soluzioni per tornare a coltivare il mais negli areali storicamente vocati a questa coltura: «lo scorso anno la produzione di mais italiano è tornata indietro di mezzo secolo, a meno di 5 milioni di tonnellate – evidenzia Lorenzo Andreotti, giornalista de L’Informatore Agrario – e le superfici hanno toccato il minimo storico di 550.000 ettari, non solo per i cambiamenti nella Pac ma anche per la scarsa redditività, con rese in calo del 20% penalizzate dalla siccità».
«Questa contrazione si riflette in un aumento dell’import di granella di mais necessario ad alimentare la nostra zootecnia, caratterizzata da una particolare vocazione alla trasformazione della materia prima in prodotti DOP, eccellenze dell’agroalimentare Made in Italy che tutto il mondo ci invidia: si tratta di acquisti dall’estero nell’ordine delle 7,5 milioni di tonnellate, con un esborso superiore ai 2 miliardi di euro – aggiunge Giacomo Lussignoli, presidente del Condifesa Lombardia Nord Est –. Una spesa che, unita a quella per soia e derivati, annulla l’87% delle entrate costituite dall’export di prodotti tipici».
In sostanza, già nel 2021 il tasso di autoapprovvigionamento della granella di mais è sceso sotto il 50%, bruciando il valore dell’export di insaccati e formaggi Dop. E se oggi la granella di mais “straniera” per alimentare gli animali “pesa” il 50%, potrebbe diventare il 60% entro la fine del 2024. Un problema non solo per la bilancia commerciale (l’import di mais e soia nel 2022 è costato oltre 3,5 miliardi di euro) ma anche per la stessa esistenza delle eccellenze agroalimentari Dop: l’alimentazione degli animali interessati nel ciclo produttivo prevede infatti almeno il 50% di foraggi di provenienza locale.