Santerini: Dalla parte dei più deboli
L'onorevole Milena Santerini, candidata alla Camera per il centrosinistra con la lista "Civica Popolare" nei collegi di Brescia, Bollate-Sesto San Giovanni e Genova-Savona-Imperia, si racconta in questa intervista
Da anni impegnata nel campo della formazione e dell’educazione, Milena Santerini è docente ordinario di pedagogia nella facoltà di Scienze della Formazione in Cattolica. Ha a cuore i problemi della scuola, della famiglia e della coesione sociale. Il tema dei diritti accompagna la sua storia professionale e il suo impegno politico...
Mi sono sempre interessata dei diritti di tutti, in particolare dei più deboli. Ho avuto la fortuna di seguire e aiutare, con l’Università Cattolica e con la Comunità di Sant’Egidio, tante fasce più deboli della popolazione. Ho portato in politica la loro voce. Mi rifaccio a tutte le istanze della società civile. Penso all’agenda delle migrazioni che 18 associazioni hanno proposto, penso al manifesto Unicef sui diritti dei bambini, sulla povertà educativa e sulla dispersione scolastica, penso al Forum delle Famiglie o all’alleanza contro la povertà… Abbiamo già un tessuto enorme e bellissimo di associazioni, enti e volontari che sono in qualche modo anche il mio programma politico.
Al Consiglio d’Europa, dal 2015 al 2017, è stata Coordinatrice della No Hate Parliamentary Alliance, un’alleanza di circa 50 parlamentari di tutti i Paesi contro tutte le forme di odio: razzismo, antigitanismo, xenofobia, antisemitismo, islamofobia, sessismo….
Ho dovuto raccogliere tanti colleghi su questa battaglia trasversale. Siamo preoccupati dal dilagare del disprezzo quotidiano che si trasforma in violenza. Le parole uccidono. Ci sono molte cose da fare. In Italia ho promosso una commissione alla Camera intitolata a Jo Cox, la parlamentare laburista uccisa nel giugno 2016, e abbiamo lavorato a tutte le forme di odio. L’odio è un atteggiamento diffuso nella società.
In questi anni si è impegnata molto sul versante delle adozioni. Qual è la situazione attuale?
Per ragioni culturali diminuiscono, purtroppo, le adozioni, perché adottare vuol dire accogliere un bambino nella propria famiglia. Sono tanti i motivi: qualcuno dice che le adozioni internazionali costano troppo; qualcun altro dice che c’è un problema organizzativo… Io, invece, penso che ci sia un problema di fondo. La società è invecchiata demograficamente e al tempo stesso adotta anche meno. Sono, inoltre, preoccupata da tutte le forme di “produzione” del figlio in forma artificiale, perché se è comprensibile il desiderio di avere un figlio, dall’altro credo che ci sia la paura dietro la costruzione del bambino perfetto rispetto alla scelta di andare in un altro Paese e magari accogliere i bimbi abbandonati ma con la pelle diversa.
L’Italia è stata segnata dalla crisi. Il governo Gentiloni, che le hai sostenuto, ha approvato il Reddito di inclusione (Rei), una misura di contrasto alle povertà…
È una misura storica che va implementata. Mi pongo in continuità con gli ultimi governi proprio per gesti come questi. Certo non basta e non basterà mai un contributo economico. Per tirare fuori la gente dalla povertà, dobbiamo accompagnare l’autonomia. Dobbiamo rafforzare i servizi sociali che accompagnano le persone e che non erogano soltanto un beneficio in denaro. Come? Con la formazione personale, con la ricerca del lavoro…. Dobbiamo creare un tessuto di sostegno alle mamme, agli anziani e a tutte le nuove povertà.
L’Italia non investe nelle famiglie: la denatalità lo dimostra…
Dobbiamo aiutare il fattore famiglia, tenendo conto delle famiglie numerose. Dobbiamo garantire i servizi di base essenziali, in particolare il nido, che permettono ai genitori di continuare a lavorare. Abbiamo sviluppato il sistema 0-6. Tra l’altro, ci vorrà un titolo di studio, perché è importante avere persone qualificate, per lavorare al nido. Sulla denatalità c’è comunque un problema culturale. L’Italia deve avere meno paura e non deve cedere alla tentazione del pessimismo. Ci stiamo riprendendo. Avere fiducia ci serve per guardare al futuro. Dobbiamo uscire insieme da questa crisi.