Materiali militari: sono controllati?
“Il Parlamento verifichi la conformità delle operazioni di import-export di materiali militari svolte dall'Agenzia Industrie Difesa". Lo afferma uno studio dell'Osservatorio per le armi leggere
"Lo studio pubblicato oggi dall'Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e Politiche di Sicurezza e Difesa (OPAL) di Brescia solleva più di qualche interrogativo circa la conformità di alcune operazioni di importazione ed esportazione di materiali militari svolte dall’Agenzia Industrie Difesa, ente di diritto pubblico che agisce per conto del Ministero della Difesa. In particolare riguardo all'operazione di importazione da Singapore, autorizzata nel 2018, di oltre 15mila pezzi di munizionamento per cluster bombs (bombe a grappolo), i cui utilizzatori finali non sono noti. Ed inoltre riguardo all’esportazione a Malta, autorizzata nel 2017, di un consistente lotto di mitragliatrici e pistole, tra cui alcune inefficienti, e di cui non conosciamo la destinazione finale". Lo riporta un comunicato congiunto diffuso oggi dall'Osservatorio OPAL e dalla Campagna per la messa al bando delle mine insieme alla Rete italiana per il disarmo. Le associazioni invitano perciò il Parlamento ad intervenire per richiedere al Governo e all’Autorità nazionale UAMA (Unità per le Autorizzazioni dei Materiali di Armamento) precise spiegazioni riguardo alle operazioni svolte dall’Agenzia Industrie Difesa.
Lo studio dal titolo “L’Agenzia Industrie Difesa e le operazioni di importazione ed esportazione di armamenti” (collana “Studi e Ricerche”, n. 2), a firma di Carlo Tombola e Giorgio Beretta, rispettivamente coordinatore scientifico e analista dell'Osservatorio OPAL, pone una specifica attenzione all’attività dello Stato italiano come attore nel mercato degli armamenti e in particolare riguardo alle operazioni dell’Agenzia Industrie Difesa, ente di diritto pubblico che agisce per conto del Ministero della Difesa sia per importare materiale militare per le necessità delle FF.AA. e degli stabilimenti militari nazionali, che per esportare materiale, spesso considerato obsoleto.
"L’Agenzia Industrie Difesa (AID) – spiega Carlo Tombola – è attiva dal 2014, svolgendo nei primi anni soprattutto un’attività di vendita dei “surplus” di armamenti pesanti e di munizionamento, mentre nel 2018 e 2019 mostra un forte incremento dell’attività di importazione. Tra i paesi da cui AID sta maggiormente importando materiale militare risultano Singapore e Taiwan, paesi che non hanno aderito né alla “Convenzione di Ottawa per la messa al bando delle mine antipersona”, né alla “Convenzione di Oslo contro le bombe a grappolo” e tanto meno al “Trattato internazionale sulle armi convenzionali”. L’Italia, acquistando materiali da questi paesi, rischia così di rafforzarne l’economia militare e favorire il mercato “grigio”, semilegale delle armi bandite dalla comunità internazionale» – conclude Tombola. "Anche altre operazioni di esportazione di materiali militari compiute da AID che abbiamo dettagliato nello studio – aggiunge Giorgio Beretta – vanno sottoposte all'attenzione del Parlamento in quanto alimentano un “mercato dell’usato” che può essere facilmente suscettibile di diversioni e triangolazioni. Va pertanto chiarito quali garanzie siano state ricevute dalle autorità italiane che rilasciano le autorizzazioni riguardo all'utilizzatore finale». Lo studio si OPAL viene diffuso in occasione del trentesimo anniversario della legge n. 185 del 1990 che ha stabilito “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”.
Secondo Francesco Vignarca, coordinatore di Rete Italiana per il Disarmo, "l’analisi dei casi e dei dati condotti in questo studio dimostra ancora una volta il pericolo che il nostro paese diventi un percorso facilitato per export di armamenti non controllati e problematici. Casi recenti di autorizzazioni e licenze dimostrano la fragilità dell’applicazione delle norme, i cui principi invece sono chiari e di alto standard. E dunque è fondamentale che il Parlamento continui a occuparsi approfonditamente della questione e richieda un esame dettagliato di tutte le operazioni di esportazione di qualsiasi natura". "Non è accettabile – aggiunge Vignarca – che possano esistere buchi nei controlli o norme che facciano diventare l’Italia un ponte per esportazione di materiali militari in zone del mondo in cui sono presenti conflitti o violazioni dei diritti umani". Da parte sua Giuseppe Schiavello, direttore della Campagna italiana contro le mine antipersonali, afferma: "Sollecitiamo il Parlamento a riprendere e sbloccare il ddl C.1813 'Misure per contrastare il finanziamento delle imprese produttrici di mine antipersona, di munizioni a grappolo', a quasi tre anni dal rinvio alle Camere del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella (27.10.2017). Il ddl C.1813 è fermo dall’aprile 2019 alla commissione Finanze della Camera, dopo l’approvazione all’unanimità delle modifiche che ne hanno sanato il vulnus costituzionale motivo del rinvio alle Camere. Vale la pena ricordare che la legge si prefigge di definire gli strumenti di controllo e contrasto al sostegno finanziario alle imprese straniere produttrici di ordigni già banditi dal nostro Paese attraverso operatori finanziari autorizzati. Ricordo – prosegue Schiavello – che, proprio per la stessa interpretazione della Presidenza della Repubblica, il sostegno anche finanziario ad attività di produzione, commercio e vendita è proibito dall’art. 7 della L. 95/2011 di ratifica della Convenzione di Oslo, e che il ddl C.1813 riguarda gli strumenti e gli organi di controllo degli intermediari finanziari. Segnalo infine che la Banca d’Italia – pur avendo espresso piena condivisione delle finalità del disegno di legge in una nota indirizzata al Senato – non ha ancora diffuso le linee guida per l'applicazione dell’art. 7 della legge 95/2011 per il contrasto del finanziamento delle mine antipersona e cluster bandite dalle Convenzioni di Ottawa e di Oslo". In conclusione, Piergiulio Biatta, presidente di OPAL, ribadisce che "l’Osservatorio di Brescia è attento sin dalla sua fondazione a verificare il rispetto della legge 185/1990, uno strumento di grandissima importanza, definito grazie all'ampia mobilitazione della società civile. In questi anni ci siamo dedicati soprattutto all’analisi delle esportazioni, vista la vocazione del distretto bresciano all’export delle armi leggere. Con questo numero dei nostri 'Studi e Ricerche' vogliamo gettare uno sguardo anche alle attività di importazione, per verificare meglio quale sia il ruolo dell’Italia nel commercio globale di armamenti".