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Brescia
di LUCIANO EUSEBI 05 apr 2019 10:02

Legittima difesa: dubbi sulla legge

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Luciano Eusebi, ordinario di Diritto penale della Cattolica di Milano, interviene sulla norma recentemente approvata in via definitiva dal Parlamento

Il Parlamento ha approvato nei giorni scorsi in via definitiva la nuova legge sulla legittima difesa. In materia penale, però, si tratta di fare prevenzione, non di introdurre nuove norme perché si ritiene che possano trovare gradimento in una parte dell’opinione pubblica, producendo consenso politico. Ma questo è il problema di gran parte della legislazione penale negli ultimi decenni. Circa il contrasto dei furti in casa (o in altri luoghi di domicilio), è chiaro – e lo confermano i dati d’oltreoceano – che puntare sulla difesa armata aumenta i rischi proprio di chi è in casa: perché accresce la possibilità che il reato venga commesso da chi sia pronto ad affrontare con i medesimi mezzi – spesso, a sua volta, in uno stato emotivo tutt’altro che freddo – una reazione armata; mentre fa rischiare la vita, comunque, al ladruncolo sprovveduto, per lo più giovane e con problemi di socializzazione (forse, per alcuni, solo un effetto collaterale insignificante). Per fare prevenzione, semmai, andrebbe incentivata sul piano economico l’adozione dei molti strumenti efficaci di difesa del domicilio di tipo passivo.

Legge. La legge ha tradizionalmente bilanciato in tema di legittima difesa la considerazione per lo stato in cui si trova l’aggredito e l’esigenza di non autorizzare reazioni abnormi: la difesa, dunque, deve essere proporzionata all’offesa; ma, nel caso in cui non lo sia stata per un errore non colpevole sulla proporzionatezza della reazione, chi abbia reagito non risponde (si ricordi il caso che vide, anni orsono, la morte del calciatore Re Cecconi); mentre nell’ipotesi in cui l’errore sia stato colpevole, cioè dovuto a una valutazione del tutto inappropriata del contesto, chi abbia reagito risponde per colpa, e non per dolo. Già nel 2006, tuttavia, vi era stata una precisazione legislativa volta ad allargare i confini della proporzionatezza, richiedendo pur sempre, comunque, che sia in gioco la difesa dell’incolumità personale o un pericolo di aggressione da parte di chi si sia introdotto nel domicilio per rubare, sempre che non abbia ormai desistito.

Estensione. Con la legge di recente approvazione si interviene di nuovo, nonostante una casistica giudiziaria limitatissima, con un’ulteriore estensione, piuttosto ambigua dei confini, che resta affidata all’interpretazione processuale. Un primo intervento non sembra aggiungere molto: si dice che “agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone” (dovendosi intendere la violenza, quindi, come violenza sulla persona, in quanto implicante coazione fisica). Il secondo prevede, invece, la non punibilità per chi abbia reagito trovandosi in condizioni tali che ne risultasse ostacolata la “pubblica o privata difesa”, oppure “in stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto”: ma pur sempre soltanto “per la salvaguardia della propria o altrui incolumità” (altrimenti sarebbe stata palese l’incostituzionalità). Concetti, come si diceva, assai poco definiti, rimessi in sostanza alla gestione del giudice.

Messaggio. Il fatto è che si punta, come nel 2006, al messaggio mediatico secondo cui “la difesa è sempre legittima”, nel senso per cui “ogni” difesa sarebbe sempre legittima, anche sparando: sebbene, in base al testo legislativo, non sia proprio così. E allora ciò che preoccupa è il messaggio che si dà alla società: non devi far conto sulla prevenzione che offrono le istituzioni pubbliche, devi difenderti da solo, e magari comperare un’arma (con ciò scardinandosi quell’elemento di civiltà per cui in Italia il cittadino, ordinariamente, non è armato: motivo non ultimo del fatto che l’Italia ha uno dei tassi di omicidio volontario più bassi al mondo). E puoi farlo senza andare tanto per il sottile: puoi infliggere a chi ruba una pena di fatto ben più radicale di quella che prevede il diritto. Suvvia, dobbiamo saper essere cattivi per avere una società buona! Ma funziona davvero così? (* Ordinario di Diritto penale dell’Università Cattolica di Milano)

LUCIANO EUSEBI 05 apr 2019 10:02