La salute debole delle carceri
Il XIX Rapporto annuale dell’associazione Antigone offre ancora una volta una fotografia impietosa delle realtà vissuta negli Istituti di pena
È stato pubblicato il XIX Rapporto annuale dell’associazione Antigone, da sempre vicino alle problematiche delle carceri italiane. Antigone, ancora una volta, fotografa l’allarmante situazione che non riguarda solo i ristretti; quotidiane le richieste dalle organizzazioni sindacali della Polizia Penitenziaria; in carenza di organico perenne anche le figure professionali fondamentali all’interno degli Istituti penitenziari: educatori, psicologi, medici. Mancano direttori e personale amministrativo. La coperta è corta e non ci sono risorse. Eppure si parla di nuove carceri e nuove strutture… e con chi le amministriamo? Qualcuno propone indulti e amnistie, magari una diffusa depenalizzazione, ma pochi riflettono sul momento storico che la nostra nazione attraversa, “il bisogno di giustizia” che viene coniugato nel verbo “punire”. Sono poche le voci propositive che guardano alla prevenzione.
I numeri continuano lentamente, ma inesorabilmente, a crescere. A fronte di una capienza ufficiale di 51.249 posti, i presenti nelle nostre carceri al 30 aprile 2023 erano 56.674. Le donne, rappresentavano il 4,4% delle presenze. Gli stranieri, il 31,3%. Dal 30 aprile 2022, dunque in un anno, la capienza ufficiale è cresciuta dello 0,8%, mentre le presenze sono cresciute del 3,8%. È aumentato soprattutto il numero delle donne, cresciuto del 9%, mentre l’aumento degli stranieri, del 3,6%, è più o meno in linea con quello della popolazione detenuta complessiva. Quando il carcere è davvero extrema ratio tende ad ospitare soprattutto persone con pene lunghe, autori di fatti più gravi, ma quando i numeri della detenzione crescono, crescono anche coloro che sono in carcere per fatti meno gravi e con condanne più brevi, spesso è tra queste che si innesca la spinta autolesionistica fino ad arrivare all’atto suicidario. Secondo i dati pubblicati dal Garante Nazionale, sono state 85 le persone ad essersi tolte la vita all’interno di un istituto penitenziario nel corso dell’anno, una ogni quattro giorni. Un numero così alto non era mai stato registrato prima, tanto da far parlare di una vera e propria “emergenza suicidi”. Non bisogna dimenticare chi, all’interno degli Istituti penitenziari, rappresenta l’anello debole della catena: soggetti psichiatrici e affetti da dipendenze varie tra le quali è bene sottolineare come la ludopatia stia prendendo sempre più spazio.
Le attività ludico-ricreative, lo studio e il lavoro possono rappresentare la chiave per aprire i cancelli. Il tema dell’offerta di lavoro e della formazione professionale occupa una parte importante e consente di comprendere se e in che misura vi siano iniziative che possano considerarsi positive nell’ottica del rispetto della legislazione di settore e della rispondenza dell’offerta concreta rispetto agli investimenti in materia. Per ciò che concerne i dati raccolti, su 97 Istituti visitati nel 2022 si è riscontrato che la media dei detenuti che lavorano è pari al 29,2% delle persone detenute. La percentuale di lavoratori che risultano alle dipendenze di datori di lavoro esterni si attesta al 4%. Per ciò che concerne i detenuti coinvolti in progetti di formazione professionale, la percentuale è pari al 6,8%. Su 97 Istituti visitati soltanto 4 presentano una percentuale di lavoratori detenuti che supera il 50% e si tratta comunque di realtà di ristrette dimensioni. Come dato positivo è stato comunicato che era previsto un programma di diffusione ai datori di lavoro esterni degli sgravi fiscali riconosciuti dalla Legge Smuraglia per incentivarne la partecipazione e incrementare le opportunità lavorative.