L'ora più difficile di Mattarella
Il presidente della Repubblica "boccia" il tentativo di un governo Lega M5S guidato da Giuseppe Conte. Inutili le sue richieste di trovare un nome diverso, rispetto a quello di Paolo Savona critico verso l'Europa dell'euro, per il ministero chiave dell'Economia. Di Maio invoca l'impeachment nei confronti di Mattarella. Salvini chiede l'immediato ritorno alle urne.
Alla fine il presidente della Repubblica, applicando l'articolo 92 della Costituzione, ha detto no e così il tanto annunciato governo del cambiamento è morto ancora prima di vedere la luce. Sergio Mattarella presentandosi davanti agli italiani per dare conto di una delle situazioni più difficili della storia repubblicana, ha spiegato le ragioni della sua scelta: l'insistenza su cui Lega e M5S, più del premier incaricato Giuseppe Conte, hanno difeso il nome del prof. Paolo Savona quale ministro dell'economia.
Un'insistenza, ha spiegato il presidente della Repubblica, su cui non è stata possibile alcuna mediazione. Dinanzi alla presenza nell'esecutivo di una figura, pur dotata di un curriculum di tutto rispetto, ma assurta in tempi recenti a interprete di un europeismo contrario a quello che il Paese ha scelto nel non facile e ancora non concluso tentativo di tirarsi fuori dalle secche della crisi, il presidente della Repubblica non ha avuto altra strada che quella messa nero su bianco dall'art. 92 della Costituzione. Ha cercato di suggerire la scelta di altre figire politiche, senza alcun successo.
La decisione del Quirinale, come era facile immaginare, ha causato reazioni forti. Lega e M5S, raccontando la loro parte di verità, hanno parlato di scelta imcomprensbile, anticostituzionale, vista la presenza di una maggioranza parlamentare a cui non è stato concesso di governare. Di Maio ha chiesto che la più grave crisi istituzionale del Paese venga parlamentarizzata, mettendo sotto accusa ai limiti dell'impeachment, l'operato del Presidente della Repubblica. Salvini, da parte sua, ha chiesto l'immediato ritorno alle urne.
A difesa dell'operato di Mattarella si sono schierati il Pd, Forza Italia che per bocca del suo leader Silvio Berlusconi ha bollato come irresponsabile la richiesta di Di Maio di mettere sotto accusa il capo dello Stato. D'altra parte, l'ex cavaliere ricorda bene quanti veti e bocciature ha subito in nome dell'art. 92 su ministri nella sua storia di presidente del Consiglio, non arrivando mai al punto di rottura.
Non è la prima volta che un Presidente della Repubblica dice no. C'è l'articolo 92 della Carta, secondo cui il capo dello Stato, nella scelta dei ministri, non è un mero esecutore delle volontà dei partiti: "Il presidente della Repubblica nomina il presidente del Consiglio e, su proposta di questo, i ministri". Nel 1994 l'allora presidente Oscar Luigi Scalfaro in occasione del primo governo Berlusconi oppose il suo divieto alla nomina di Cesare Previti, avvocato dello stesso premier, a ministro della Giustizia. Qualche annp dopo fu Ciampi, succeduto a Scalfaro, a dire di no a Maroni ministro della Giustizia in un esecutivo guidato sempre da Berlusconi. Nel 2014 Giorgio Napolitano sconsigliò Matteo Renzi dal mettere al ministero della giustizia il procuratore di Reggio Calabria Nicola Gratteri, perché la sua nomina avrebbe contraddetto la regola non scritta secondo cui un magistrato in servizio non può assumere l’incarico di ministro della Giustizia.Nessuno in quei frangenti, però, ha parlato di colpo di stato e di messa in stato d'accusa del Presidente della Repubblica.
Mattarella ha convocato per questa mattina al Quirinale Carlo Cottarelli, già commissario per la spending review, a cui conferirà il mandato per cercare di dare vita a un esecutivo che traghetti il Paese fuori dalla crisi in cui si è infilato dopo il voto del 4 marzo scorso, per portarlo quanto prima possibile a nuove elezioni. Un mandato in salota viste le spaccature che con la giornata di ieri si sono ulteriormente create in Parlamento.