L’esenzione Imu non è aiuto di Stato
La Chiesa non deve restituire allo Stato il mancato versamento 2008/2012 dell’Ici, e il regime di esenzioni previsto dalla nuova normativa sull’Imu a favore degli immobili in cui vengono esercitate attività non economiche da parte di enti non commerciali non costituisce aiuto di Stato
“Tribunale Ue, Chiesa non deve pagare Ici. Respinto ricorso
contro mancato recupero aiuti Stato da Italia”. “Corte europea, la Chiesa non
deve pagare l’Ici arretrato”. “Ici su immobili della Chiesa, Tribunale Ue: No
al pagamento degli arretrati non pagati tra 2008 e 2012’″. Con questi titoli i
principali quotidiani e agenzie italiani hanno dato nei giorni scorsi la
notizia della sentenza con la quale il Tribunale dell’Unione europea – uno dei
tre organi giurisdizionali dell’Ue con sede a Lussemburgo insieme alla Corte di
giustizia e al Tribunale della funzione pubblica – ha di fatto confermato, lo
scorso 15 settembre, la decisione assunta in materia nel 2012 dalla Commissione
europea contro la quale aveva presentato ricorso di annullamento, tra gli
altri, la scuola privata romana “Maria Montessori”, sostenuta dall’ex deputato
del partito radicale Maurizio Turco e dal fiscalista Carlo Pontesilli,
segretario di Anticleriale.net. Nodo della questione, le esenzioni dal
pagamento dell’Ici, la vecchia imposta comunale sugli immobili (oggi Imu),
riconosciute dallo Stato italiano agli “enti ecclesiastici” (in realtà a tutti
gli enti) che non svolgono attività commerciali, ritenute dai ricorrenti “aiuti
di Stato” distorsivi della concorrenza.
Nella decisione impugnata, la Commissione Ue aveva stabilito
che le esenzioni concesse nell’ambito delle disposizioni dell’Ici costituivano
effettivamente “un aiuto di Stato incompatibile con il mercato interno”, ma non
aveva decretato il recupero dell’imposta sugli immobili non pagata dal 2008 (il
periodo precedente era prescritto) perché “sarebbe risultato assolutamente
impossibile per la Repubblica italiana” identificare le attività svolte e
“procedere al recupero degli aiuti illegittimi”. Il 15 settembre l’ottava sezione del Tribunale
di primo grado con sede a Lussemburgo ha confermato tale decisione, escludendo
che la Commissione Ue sia incorsa “in un errore di valutazione” e respingendo
la richiesta di annullamento dei ricorrenti perché “un’impossibilità assoluta
può giustificare il mancato recupero degli aiuti di Stato illegittimi”. Secondo
i ricorrenti, gli enti ecclesiastici eviterebbero così una condanna che sarebbe
potuta costare loro tra i quattro e i cinque miliardi di euro e il ricorso
respinto si configurerebbe come lo stop a un intervento volto a porre fine ai
benefici riservati ai “beni ecclesiastici” e agli “immobili del Vaticano”. Ad
infiammare ulteriormente gli animi, la seconda parte della decisione
dell’esecutivo di Bruxelles non annullata dal Tribunale Ue, secondo la quale il
regime di esenzioni previsto dalla nuova normativa Imu a favore degli immobili
in cui vengono esercitate attività non economiche da parte di enti non
commerciali non costituisce “aiuto di Stato”.
Di fronte alle polemiche su presunti privilegi fiscali della
Chiesa o ai timori di impatti negativi sulla vita di enti ecclesiastici, in
particolare scuole paritarie, abbiamo chiesto a Patrizia Clementi, responsabile
del settore fiscale e tributario dell’Ufficio Avvocatura della Curia di Milano,
di fare chiarezza sulla vicenda.
La “favola” dei privilegi fiscali della Chiesa. La norma
contestata, spiega Clementi, “è quella che esenta gli immobili nei quali gli
enti non commerciali, dunque non esclusivamente ecclesiastici, svolgono
attività di rilevante valore sociale, ossia gli immobili destinati unicamente
allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie,
didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività
di cui all’art. 16, lettera a della legge 222/1985. n. 222 (attività di
religione o di culto) secondo l’art. 7, comma. 1, lettera i, del Decreto
legislativo 504/1992”. Nel caso di specie, alla Corte “è stato chiesto di
pronunciarsi sulla legittimità della decisione con cui nel 2012 la Commissione
Ue, pur riconoscendo come illegittimo aiuto di Stato l’esenzione Ici agli
immobili degli enti non commerciali, non solo ecclesiastici, in cui si svolgono
attività di rilevanza sociale, ha ritenuto di non disporre il recupero di tale
imposta avendo lo Stato italiano dimostrato l’impossibilità assoluta di darvi
esecuzione”. Al quesito sollevato dai ricorrenti, “la Corte di Lussemburgo ha
dunque risposto dando ragione alla Commissione Ue, ma la sentenza non è
definitiva e potrà essere impugnata in appello”.
Stop ai luoghi comuni. “Non è vero – chiarisce l’esperta –
che l’esenzione riguardi solo gli enti appartenenti alla Chiesa cattolica, dal
momento che si applica a tutti gli enti non commerciali, categoria nella quale
gli enti ecclesiastici rientrano come altri soggetti non profit, quali ad
esempio associazioni sportive dilettantistiche, organizzazioni di volontariato,
onlus”. Non è vero, prosegue, che l’esenzione favorisca “il Vaticano che non
c’entra nulla e non è neanche un soggetto passivo di imposta nello Stato
italiano”.