Il nuovo Tribunale per minori e famiglie
Nel disegno di legge sulla riforma della giustizia civile c’è la proposta di istituzione del Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie. L’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, Carla Garlatti, a più riprese ha manifestato preoccupazione circa l’attribuzione a un giudice unico di cause particolarmente delicate che coinvolgono direttamente la vita di bambini e ragazzi. Del nuovo Tribunale previsto dalla riforma parliamo con Carlo Rusconi, docente di diritto di famiglia nella sede di Piacenza dell’Università Cattolica e del master “Affido, adozione e nuove sfide dell’accoglienza familiare: aspetti clinici, sociali e giuridici” sempre della Cattolica.
In che modo il Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie differisce dall’attuale Tribunale per i minorenni? E come dovrebbe funzionare? Il Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie si distinguerà dal Tribunale per i minorenni in più aspetti, in particolare per le materie di competenza, per la distribuzione sul territorio e per la composizione. Quanto al primo punto, il nuovo Tribunale avrà una competenza generale per tutte le questioni relative alla famiglia, ai minori e alla capacità delle persone (come l’amministrazione di sostegno), mentre oggi la competenza è ripartita tra diversi giudici. Ad esempio, alcuni procedimenti civili relativi ai minori, come l’adozione, sono affidati al Tribunale per i minorenni, mentre altri, si pensi all’affidamento dei figli nella crisi della famiglia, sono trattati dal Tribunale ordinario.
Oggi i Tribunali per i minorenni sono poi presenti sul territorio in corrispondenza delle sedi delle Corti di appello, tendenzialmente coincidenti con i capoluoghi di regione; il ddl prevede che siano istituite sezioni circondariali del nuovo Tribunale presso le sedi dei Tribunali ordinari con funzione di giudice di primo grado per la generalità delle questioni, salva in particolare l’adozione che sarà di competenza esclusiva delle sezioni distrettuali del nuovo Tribunale, collocate con lo stesso criterio degli attuali Tribunale per i minorenni. Rispetto alla composizione, mentre il Tribunale per i minorenni giudica con collegi formati da magistrati e da giudici onorari, il proposto Tribunale opererà in ambito civile in forma monocratica nelle sezioni circondariali. Circa infine il funzionamento, i procedimenti dovrebbero svolgersi in linea generale con un unico rito processuale. Se la riforma completerà il suo iter, il nuovo Tribunale dovrebbe operare pienamente entro il 2024.
Cosa pensa delle perplessità manifestate dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza a proposito della scelta di assegnare delicatissime cause minorili a un giudice monocratico? La preoccupazione è del tutto condivisibile. La caratteristica qualificante dell’attuale sistema di giustizia minorile è data dalla partecipazione, in qualità di giudici, di esperti, ad esempio in psicologia o in pedagogia, così da consentire che le norme siano applicate tenendo conto della specifica condizione del minore come persona in via di sviluppo. La mia impressione è che l’ipotetico vantaggio dato da una maggiore celerità di un procedimento affidato ad un giudice monocratico non valga la rinuncia all’approccio multidisciplinare. Né sembra un’alternativa altrettanto valida la possibilità per il magistrato di attribuire ai giudici onorari – che opereranno nel costituendo ufficio per il processo – alcuni compiti ausiliari.
Nella proposta c’è anche la riforma dell’articolo 403 del Codice civile, che disciplina gli allontanamenti dei minori. Quali sono attualmente i nodi problematici e come sarebbe auspicabile superarli? L’art. 403 del Codice civile è una disposizione che dovrebbe avere carattere emergenziale e consente all’autorità amministrativa, per lo più attraverso i servizi sociali, di disporre urgentemente l’allontanamento dei minori. Il problema fondamentale risiede nel fatto che tale norma comporta l’assunzione di un atto dalle implicazioni gravi senza gli accertamenti che sono propri dei provvedimenti giudiziari, pur se anche nel caso dell’art. 403 è richiesta una convalida da parte del Tribunale per i minorenni. La proposta di riforma sostituisce il testo attuale con una disciplina più articolata che mette anzitutto in chiaro che tale misura deve trovare applicazione in circostanze di effettiva emergenza. La scansione dei termini per la decisione definitiva sul provvedimento potrebbe peraltro rendere difficile da parte del Tribunale un esame approfondito della situazione.
A suo avviso, quali sono le altre criticità del sistema attuale? Come si potrebbero superare?Un obiettivo centrale dovrebbe essere quello di favorire l’accordo tra i genitori nei procedimenti relativi all’affidamento dei figli nella crisi della famiglia. Il ddl rafforza lo strumento della mediazione familiare attraverso la quale la risoluzione del contrasto viene demandata ad esperti e sottoposto al vaglio finale del giudice. Su questo fronte è auspicabile una maggiore incisività introducendo, ad esempio, l’obbligo di partecipare a un primo incontro informativo sulla mediazione stessa, salva poi ovviamente la libertà di aderirvi, essendo evidente che la mediazione senza spontanea partecipazione è destinata al fallimento. Si potrebbe considerare anche la possibilità di attribuire un valore formale più rilevante per il giudice all’accordo raggiunto in seguito a mediazione. Un altro aspetto problematico su cui la riforma prende posizione è la rappresentanza del minore nel processo. In merito il ddl opportunamente prevede una articolazione più ampia e puntuale delle ipotesi di nomina di un curatore speciale del minore. Anche la composizione dei collegi dei Tribunali per i minorenni, ferma la presenza dei giudici onorari, potrebbe essere oggetto di migliore definizione.
Il nuovo Tribunale prevede maggiori tutele per le donne vittime di violenza e i loro figli? Gli interventi che il ddl propone in merito troveranno applicazione senza attendere l’istituzione del nuovo Tribunale. Viene estesa la disciplina degli ordini di protezione contro gli abusi familiari, che consistono in provvedimenti di varia natura come l’ordine di cessazione della condotta pregiudizievole, l’allontanamento dalla casa familiare del responsabile o il divieto di avvicinamento. In base alla riforma, queste misure potranno essere applicate anche dal Tribunale per i minorenni e quando la convivenza è cessata. Si prevede poi l’abbreviazione dei termini del processo e l’introduzione di disposizioni per evitare che le vittime subiscano ulteriori sofferenze di natura psicologica o morale. Il ddl inoltre, mira a promuovere un più intenso coordinamento tra le autorità competenti.
Nella riforma cosa viene previsto circa il ricorso, da parte dei consulenti, alla teoria della sindrome da alienazione parentale (Pas)? La riforma prende posizione in modo non espresso, ma comunque piuttosto chiaro sul problema della valutazione in sede giudiziaria della cosiddetta “sindrome da alienazione parentale”, che, come noto, è quantomeno controversa nella comunità scientifica. Non viene ignorato il problema dell’esistenza di comportamenti di un genitore che possano influenzare negativamente la relazione del figlio con l’altro genitore ledendo il diritto alla bigenitorialità. La decisione non potrà però fondarsi su teorie di dubbia validità, bensì il consulente tecnico dovrà attenersi a “protocolli e metodologie riconosciuti dalla comunità scientifica”, in linea con la giurisprudenza della Corte di Cassazione, che ha censurato provvedimenti basati su teorie non suffragate da approvazione scientifica. Inoltre secondo il ddl, in simili circostanze dovrebbe essere prevista la riduzione dei termini processuali.