I giovanissimi sanno sorprendere
L'Istat ha presentato l'indagine "Bambini - ragazzi anno 2023", relativa alla popolazione residente tra i 9 e gli 11 anni. Tra i dati più interessanti la crescita della propensione alla famiglia e alla natalità
Al 1° gennaio 2024 i residenti in Italia tra gli 11 e i 19 anni sono oltre 5 milioni e 140 mila, ma nelle proiezioni demografiche il numero dei giovanissimi nei prossimi decenni è destinato a diminuire. Dalle intenzioni espresse dai ragazzi tra gli 11 e i 19 anni una ripresa demografica non sembrerebbe però impossibile. I giovanissimi intervistati vedono infatti il loro futuro in coppia (74,5%) e molti pensano al matrimonio (72,5%). Tra i giovanissimi desidera avere figli il 69,4%, di questi soltanto l’8,8% è per il figlio unico, mentre il 18,2% pensa a tre o più figli. Tra gli stranieri la percentuale di coloro che vogliono tre figli o più arriva al 20,5%. Le nuove generazioni multiculturali e digitali esprimono preoccupazioni: un ragazzo su tre dichiara di aver paura del futuro e il 34% vorrebbe vivere all’estero da grande. Sono questi i dati salienti dell’Indagine “Bambini e ragazzi anno 2023” presentata ieri dell’Istat.
La popolazione residente in Italia presa in considerazione dalla ricerca Istat rappresenta l’8,7% del totale, contro una media Ue che è del 9,5%. I giovanissimi in questa classe di età, che 30 anni fa in Italia erano circa 6,4 milioni e rappresentavano l’11,2% della popolazione, sono destinati, nel prossimo futuro, a diminuire ulteriormente. In base allo scenario mediano delle previsioni Istat, tra 30 anni i giovanissimi tra gli 11 e i 19 anni residenti in Italia saranno poco più di 3,8 milioni e rappresenteranno il 7,2% della popolazione complessiva. L’immigrazione straniera, che negli ultimi decenni ha rinfoltito le fila della popolazione residente, ha prodotto significativi effetti specialmente tra le fasce giovanili della popolazione, alle quali hanno oltremodo contribuito anche i discendenti degli immigrati nati in Italia. I giovanissimi stranieri residenti tra gli 11 e i 19 anni al 1° gennaio 2024 sono poco meno di 500mila e rappresentano il 9,7% dei ragazzi in questa fascia di età, con un’incidenza più elevata di quella che si rileva per il totale degli stranieri sull’insieme della popolazione (9%). L’indagine su “Bambini e ragazzi” consente di conoscere altri dati interessanti sulla composizione “multietnica” di questo particolare segmento di popolazione. Nel 59,5% dei casi si tratta di stranieri nati in Italia; l’11,7% è nato all’estero e arrivato nel Paese prima dei 6 anni; il 17% è immigrato in età scolare (tra 6 e 10 anni); infine l’11,8% è arrivato a 11 anni o più. Interessante notare che oltre il 6% dei ragazzi italiani tra gli 11 e i 19 anni possiede una doppia cittadinanza e l’8,0% ha uno dei due genitori nato all’estero.
In Italia, è un altro dato della ricerca, sono sempre di più i giovanissimi che hanno una doppia cittadinanza. La duplice nazionalità ha conseguenze formali e legali, ma si traduce spesso anche in un sentimento di appartenenza: chi ha una doppia cittadinanza si sente non solo italiano, ma nell’83,3% dei casi anche dell’altra cittadinanza. Il senso di appartenenza può però svilupparsi anche in assenza di una cittadinanza formale: l’80,3% dei giovanissimi stranieri residenti in Italia (con notevoli differenze tra le collettività) si sente anche italiano, sebbene non sia riconosciuto come cittadino. Tra gli stranieri nati in Italia la quota di coloro che si sente italiano è più alta (85,2%). La percentuale diminuisce invece tra gli immigrati quanto più alta è l’età all’arrivo in Italia, toccando il minimo del 61,7% per chi è arrivato quando aveva 11 anni o più. Ma cosa richiama alla mente dei giovanissimi il termine cittadinanza? Per i ragazzi, sia italiani, sia stranieri, significa soprattutto appartenenza (29,6%), comunità (25,9%) e diritti (28,5%). Pochi abbinano “cittadinanza” al termine “doveri” (3,7%). Tra le principali collettività straniere a farne soprattutto una questione di “diritti” sono i ragazzi albanesi (36,1%) e marocchini (33,4%) appartenenti alle nazionalità che nell’ultimo decennio hanno dato luogo al maggior numero di acquisizioni di cittadinanza in Italia
La ricerca su “Bambini e ragazzi” aiuta anche a rispondere alla domanda cosa significa essere italiano per i giovanissimi tra gli 11 e i 19 anni? L’opzione che raccoglie il maggior numero di preferenze – sia per gli italiani, sia per gli stranieri - è “essere nato in Italia. “Parlare la lingua italiana”, ha raccolto nell’insieme meno del 32% delle preferenze, è stata però una modalità scelta frequentemente dai ragazzi cinesi (41,4%) che probabilmente considerano la nostra lingua particolarmente difficile e per i quali può rappresentare quindi un potenziale elemento di esclusione. “Sentirsi italiano” è stato indicato invece solo dal 31% circa dei giovanissimi. I ragazzi stranieri indicano questa modalità meno frequentemente, probabilmente consapevoli che sentirsi italiani non sia sufficiente per esserlo.
I ragazzi che hanno tra gli 11 e i 19 anni rientrano a pieno titolo tra le generazioni di “nativi digitali”, nate dopo l’inizio del nuovo millennio, per le quali l’utilizzo di Internet e dei social media è diventato parte della vita quotidiana. Un primo dato rilevante in questo senso proviene non dal questionario, ma dalla modalità seguita dai ragazzi per rispondere all’indagine. Quasi il 79% ha utilizzato lo smartphone o il tablet per compilare il questionario. L’indagine Istat evidenzia che quasi l’85% dei ragazzi tra 11 e 19 anni dispone di un profilo su un social network; percentuale che nella fascia 17-19 anni supera il 97%. Le ragazze hanno attivato più frequentemente dei ragazzi un profilo social (rispettivamente 86,4% contro 83,4%). Su base territoriale, i residenti nel Mezzogiorno risultano più predisposti da questo punto di vista (88,5% contro 84,9% del Centro, l’82,7% del Nord-ovest e l’81,2% del Nord-est). Gli stranieri evidenziano, a loro volta, una percentuale più bassa di ragazzi con profilo social personale (82,1%) e, tra questi, la medesima percentuale risulta molto più contenuta tra i ragazzi cinesi (69%). Per queste generazioni anche le relazioni con gli amici passano attraverso Internet. L’8,4% dei giovanissimi dice di essere continuamente online o al telefono con gli amici (chat, chiamate, videochiamate, ecc.). Il 40,3% dichiara di essere online o al telefono con amici più volte al giorno. La quota di “connessi” cresce con l’aumentare dell’età. Risultano evidenti le differenze di genere: le ragazze sono più “connesse” digitalmente dei ragazzi; tra le femmine la quota di chi è in contatto online continuamente o più volte al giorno con amici/amiche è del 54,6%, oltre 10 punti percentuali in più rispetto ai coetanei maschi (43,2%).
Interessante sono anche i dati dell’indagine che consentono di conoscere il rapporto dei giovanissimi con il mondo della scuola. Le “transizioni scolastiche”, il passaggio cioè da un ordine di scuola all’altro e quello verso il lavoro o gli studi universitari, sono parte essenziale della transizione verso l’età adulta. Tra gli studenti delle scuole secondarie di primo grado oltre il 50% pensa di iscriversi successivamente a un liceo, il 26,1% è indeciso, il 14,7% pensa a un istituto tecnico e l’8,4% si vorrebbe iscrivere a un professionale. Tra le ragazze risulta più elevata la quota di coloro che sono orientate verso i licei: il 60,6% contro il 41,6% dei maschi. Tra i ragazzi stranieri l’incidenza di coloro che vogliono proseguire gli studi al liceo è notevolmente più bassa (38,3%) rispetto a quella rilevata per gli italiani (52,4%), mentre risulta più alta sia la quota di chi pensa di proseguire in un istituto tecnico o professionale, sia quella degli indecisi. La condizione economica della famiglia sembra avere, poi, un ruolo importante nel determinare gli orientamenti scolastici dei ragazzi. Il 60,3% di coloro che ritengono che la situazione della propria famiglia sia molto buona intende andare al liceo, mentre manifesta lo stesso orientamento solo il 34,8% degli studenti che dicono di avere una situazione economica familiare non molto o per niente buona. Per questi ultimi risulta relativamente più elevata la quota di coloro che vogliono proseguire gli studi in un istituto professionale: il 15,6% contro il 5,3% di chi ritiene di avere una situazione economica molto buona; gli indecisi rappresentano il 34,5% tra chi ha una situazione non molto o per niente buona e il 22,9% tra chi ritiene di avere una situazione molto buona.
Interessante, e per certi versi sorprendente, è anche la parte dell’indagine che mette in evidenza cosa pensino i giovanissimi di matrimonio e famiglia, pur essendo “figli” di una stagione che ha visto la crisi di queste istituzioni. Il 74,5% dei giovanissimi pensa che da grande vivrà in coppia, a prescindere da un eventuale matrimonio. Solo il 5,1% invece immagina di vivere da solo, mentre gli indecisi superano di poco il 20%. Differenze importanti si leggono invece tra stranieri e italiani. Il 75,4% degli italiani vede il proprio futuro in coppia, per gli stranieri la stessa percentuale scende al 65,8%; per questi ultimi risulta invece più elevata la quota di coloro che non si vede in coppia da grande: 7,6% contro 4,9%. Tra coloro che hanno espresso l’intenzione di vivere in coppia il matrimonio resta la modalità ampiamente più diffusa per formare una famiglia (72,5%), per gli stranieri più che per gli italiani (78,4% contro 72,0%). Tuttavia, si deve sottolineare che al crescere dell’età la quota di chi pensa al matrimonio si riduce, passando dal 73,7% tra gli 11-13enni al 70,8% nella classe 17-19 anni. A fronte di un’età al primo matrimonio che nel 2022 in Italia era di 34,6 anni per gli uomini e di 32,5 anni per le donne, la larga maggioranza (76,9%) dei giovanissimi vorrebbe sposarsi entro i 30 anni e, tra questi, quasi il 21% prima dei 26 anni. Per le ragazze l’incidenza di chi si vuole sposare entro i 30 anni è più alta che per i ragazzi (80,7% e 73,4%). Il 23,2% delle giovani desidera sposarsi prima dei 26 anni. Per gli stranieri la percentuale di coloro che pensano di sposarsi entro i 30 anni è più elevata che per gli italiani: 81,7% contro 76,5%.
Interessante è il punto di vista dei giovanissimi rispetto la prospettiva di avere figli. Per i più piccoli, si tratta di un’esperienza che vedono ancora molto lontana nel futuro, in ogni caso emerge che, mentre il 69,4% dei ragazzi e delle ragazze dice di volere dei figli, il 21,8% è indeciso e l’8,7% dice di non volerne. Tra le ragazze è leggermente più alta la quota di coloro che non vogliono figli (10,3%). Gli stranieri sono più indecisi degli italiani: 26,0% contro il 21,4%. Al crescere dell’età l’incidenza di coloro che vuole avere figli aumenta e passa dal 63,3% nella classe 11-13 anni al 73,1% nella classe 17-19, assottigliando così la quota di indecisi. Anche la percentuale di chi non vuole figli cresce lievemente con l’età, passando dall’8,4%, per la classe di età 11-16 anni al 9,1% tra i 17-19enni. Il 61,5% dei giovanissimi che pensa di avere figli ne vorrebbe due, l’8,8% un solo figlio, il 18,2% tre o più, mentre il restante 11,5% pur asserendo di volerne non indica quanti. Per quanto possa sembrare azzardato confrontare le legittime aspirazioni giovanili con la realtà odierna, è utile prendere a riferimento una reale generazione di donne che ha da poco concluso la sua esperienza riproduttiva, le donne nate nel 1973. Tale coorte femminile ha messo al mondo 1,46 figli a testa, tra di loro il 78% ha avuto almeno un figlio. Cosicché il fatto che solo il 69,4% dei giovanissimi abbia espresso di volere dei figli lascia intendere la necessità di dover creare le condizioni affinché almeno una parte di indecisi (21,8%) sia portata a cambiare idea in futuro. Altro aspetto interessante riguarda la distribuzione per numero di figli avuti. Le intenzioni espresse dai giovanissimi sono massimamente concentrate sull’ideale dimensione dei due figli. Il che conferma quanto già emerso da precedenti indagini, ossia che nel Paese il desiderio di maternità è pressoché stabile nel tempo. Le risposte fornite dalle nuove generazioni rappresentano quindi la conferma che una ripresa della natalità nel nostro Paese è possibile, a patto naturalmente che i desideri espressi possano tradursi in realtà.
La realizzazione dei desideri espressi oggi dai giovanissimi, è un altro dato che emerge dall’indagine Istat, dipende da una pluralità di fattori. Tra questi saranno importanti le condizioni di vita che si garantiranno a queste generazioni che si trovano ad affrontare la transizione all’età adulta non senza incertezze e timori. Se infatti in generale il 41,3% dei giovanissimi dice che il futuro lo affascina, il 32,3% ne ha paura, il 26,5% non sa o non pensa al futuro. Rispetto all’indagine condotta nel 2021iii la quota di coloro che si sentono affascinati dal futuro è diminuita di quasi 5 punti percentuali, mentre è cresciuta di 5 punti e mezzo la quota di chi ha paura. In linea con quanto emerso già nel 2021, le ragazze evidenziano un maggiore timore per quello che potrà avvenire: la quota di chi ha paura del futuro (42,1%) è ampiamente superiore a quella di coloro che ne sente il fascino (35,9). La situazione economica percepita dai ragazzi è connessa con l’atteggiamento verso il futuro. Tra coloro che dichiarano di avere una situazione economica molto buona chi è affascinato dal futuro raggiunge il 48,5%, chi ne ha paura il 26,9%; tra coloro, invece, che percepiscono la situazione economica familiare come per niente o non molto buona il 32,8% è affascinato dal futuro mentre il 40,8% ne ha paura. Il 34% dei giovanissimi immagina un futuro all’estero I giovanissimi rappresentano un capitale umano tendenzialmente in calo, quindi ancora più prezioso per il futuro del Paese. Da questo punto di vista il loro trattenimento in Italia richiede l’offerta di adeguate opportunità di vita. Molti ragazzi che oggi vivono in Italia, che vedono il proprio futuro all’estero. Oltre il 34% dei ragazzi tra gli 11 e i 19 anni da grande vorrebbe vivere in un altro Paese. La percentuale è ancora più alta per gli stranieri (38,4%). Da sottolineare che l’8% circa dei ragazzi stranieri da grande desidera vivere nel Paese di origine (suo o dei genitori), mentre oltre il 30% si vede in un Paese diverso dall’Italia e da quello di origine. Tra chi ha paura del futuro, la quota di chi vuole restare in Italia è più bassa rispetto al valore rilevato tra chi sente il fascino del futuro: 39,9% rispetto a 47,0%. I più piccoli sembrano maggiormente propensi a restare in Italia: per gli 11-13enni la quota di chi pensa di vivere in Italia è del 51,4%, per i ragazzi tra 14 e 16 anni è del 41,8%, mentre per i 17-19enni è del 41,7%. I ragazzi nel 2023 sognano ancora l’America. Il 32% di coloro che da grandi si vedono all’estero vorrebbe vivere negli Stati Uniti, seguiti, ma a lunga distanza, dalla Spagna (12,4%) e dalla Gran Bretagna (11,5%).