Grazie a lui ho respirato ancora
Il giovane, 24 anni, è morto venerdì scorso dopo un lunga malattia. Il suo caso arrivò alle cronache nazionali perché l’Inps, vista la prolungata assenza dal lavoro, gli sospese l’assegno che integrava lo stipendio. Allora i titolari della Siropack Barbara Burioli e Rocco De Lucia, decisero di metterci del loro
È troppo piccola oggi la chiesa di Bagnarola di Cesenatico per contenere quanti partecipano al funerale di Steven Babbi. Molti sono costretti a rimanere all’esterno dell’edificio, ma l’affetto si fa sentire tutto, attorno ai familiari, agli amici ai colleghi di lavoro, agli ex compagni di classe che issano lo stendardo dell’istituto professionale di Stato “Comandini”.
Il giovane, 24 anni, è morto venerdì scorso dopo un lunga malattia. Il suo caso arrivò alle cronache nazionali perché l’Inps, vista la prolungata assenza dal lavoro, gli sospese l’assegno che integrava lo stipendio. Allora i titolari della Siropack (la cui sede dista meno di un chilometro dalla chiesa di Bagnarola e oggi ha la bandiera a mezz’asta) Barbara Burioli e Rocco De Lucia, decisero di metterci del loro. In questo intento furono sostenuti da tutti i dipendenti dell’azienda che fecero quadrato attorno al collega e alla sua famiglia. Un legame stretto e di amicizia sincera che si è potuto verificare anche durante le Messa di esequie di oggi pomeriggio presieduta dal vescovo di Cesena-Sarsina, monsignor Douglas Regattieri, e concelebrata dal parroco don Giovanni Barduzzi e da don Mirco Bianchi.
“Ha sete solo di te l’anima come terra deserta” cantano i giovani del coro che animano la celebrazione eucaristica.
Monsignor Regattieri ha la voce incrinata dalla commozione fin da quando esprime le condoglianze: “Questa nostra sofferenza va vissuta nella fede sapendo che il Signore lo ha già accolto nel suo abbraccio”.
“La morte – dice il presule nell’omelia – con il suo carico di sconcerto e dolore giunge sempre troppo presto. Ci coglie impreparati e rimane sempre un mistero. Le nostra tante domande e i nostri dubbi non riescono a trovare risposte soddisfacenti, in particolare quando ci viene tolta una giovane vita come quella di Steven”.
“La morte del corpo – aggiunge monsignor Regattieri – un giorno sarà vinta. È Dio stesso che ci chiama ad aderire a Lui e la fede è la risposta alle ansietà umane capace di alimentare quella comunione che rimane anche con i propri cari defunti. Con la morte di un giovane, come abbiamo ascoltato anche nel brano di vangelo che narra del figlio della vedova di Nain, se ne vanno anche via anche i progetti e i sogni”.
“Quella vedova aveva investito tutte le sue speranze su quell’unico figlio e se le vede sottratte – prosegue il vescovo Douglas -. Ma quando incontra Gesù che le dice: ‘Donna, non piangere’, avverte che qualcosa di diverso succede. Il Signore le si fa accanto con Gesti di vicinanza, di prossimità, di attenzione, di premura, capaci di squarciare una cappa di tristezza, di lacrime e di disperazione apparentemente impenetrabile. E poi grida al figlio: ‘Ragazzo, dico a te, alzati’. È lo stesso grido rivolto a noi: non piangete.
Steven oggi è in cielo. La sua malattia ha fatto scattare tanta solidarietà, condivisone fraterna, con la famiglia, nella fabbrica, tra gli amici.
Tutto questo bene, che è fiorito intorno a lui e grazie a lui, non andrà perduto. Resterà. Ricordatevi della sua testimonianza, è l’eredità che vi lascia perché possiate continuare a camminare su questa terra confortati dal suo esempio e perché anche voi un giorno possiate godere con lui in paradiso”.
Al termine della messa seguono alcune testimonianze, tra cui il saluto del parroco. “Vorremmo farvi sentire tutto il nostro affetto in questo difficile momento di distacco – dice don Giovanni -. Vogliamo esservi vicini. Steven è stato un giovane che ha lottato fino in fondo. Ora, anche grazie al suo esempio, vogliamo continuare a camminare insieme”.
Infine il padre di Steven, dopo aver ringraziato i moltissimi presenti, ha voluto aggiungere qualche parola: “È toccata a noi, ma fa lo stesso. Steven ci ha insegnato a sorridere all’esistenza. Non ha mai detto durante tutta la malattia ‘sto male’. Per me è un angelo. Con lui e grazie a lui ho respirato un’altra vita”.