Governo: da Mattarella per l'incarico
Prendono il via domani le consultazioni per la formazione del nuovo governo. Marco Olivetti, ordinario di diritto costituzionale presso la Lumsa di Roma, analizza questo delicato passaggio istituzionale per coglierne il senso e le prospettive
Prendono il via domani le consultazioni del Capo dello Stato in vista della formazione del nuovo governo, mentre quello uscente resta in carica per il disbrigo degli affari correnti. Marco Olivetti, ordinario di diritto costituzionale presso la Lumsa di Roma, analizza questo delicato passaggio istituzionale per coglierne il senso e le prospettive.
Che cosa dice la Costituzione a proposito della formazione del governo?
La Costituzione italiana indica due regole di fondo. All’articolo 92 stabilisce che sia il Presidente della Repubblica a nominare il Presidente del Consiglio e, su proposta di questo, i ministri. All’articolo 94 dispone che entro dieci dalla sua formazione il governo si presenti in Parlamento per avere la fiducia di entrambe le Camere.
E le consultazioni, allora, come vengono fuori?
È una prassi che si fonda proprio sulla lettura combinata di quelle due regole a cui ho accennato, anche se storicamente le consultazioni si facevano già nell’Ottocento, all’epoca dello Statuto Albertino. Il funzionamento del sistema previsto dalla Costituzione è chiarissimo e quasi automatico nel caso in cui ci sia una coalizione o addirittura un solo partito che ottenga alle elezioni la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento. Quanto meno chiara e più complessa è la struttura parlamentare, tanto più per arrivare alla formazione del governo diventa necessaria un’attività di mediazione.
Quali sono i soggetti che il Capo dello Stato deve consultare?
Trattandosi di regole non scritte, anche se piuttosto precise, non esiste un elenco tassativo e ci sono evidentemente dei margini di elasticità. Sulla base della prassi, possiamo comunque indicare quali saranno i soggetti che il presidente della Repubblica sicuramente consulterà: i suoi predecessori al Quirinale; i presidenti delle due Camere (che peraltro la Costituzione coinvolge esplicitamente nella procedura dello scioglimento); i rappresentanti delle forze politiche presenti in Parlamento. Nel caso di questi ultimi, fino al 1992 le delegazioni di ciascun partito erano quasi sempre composte dal segretario del partito – con il presidente, se previsto – e dai capigruppo parlamentari. Dopo il ’92, nella cosiddetta Seconda Repubblica, a volte sono state consultate le coalizioni, a volte i partiti.
Analizzando i precedenti, è possibile individuare le tipologie di opzioni che il Presidente della Repubblica ha a disposizione nell’affidare l’incarico per il nuovo governo?
Il caso semplice è quello di una maggioranza chiara e già definita: sarà il leader di questa maggioranza a ricevere l’incarico e in questo caso incarico e nomina tendono a fondersi. E’ quanto accaduto, per esempio, nel 2008 con Berlusconi, che fu incaricato, accettò, fu nominato e presentò la lista dei ministri nello stesso giorno. In generale, sulla base di quei due principi costituzionali di cui abbiamo parlato all’inizio, il criterio che guida le scelte del Presidente della Repubblica è quello di conferire l’incarico a una personalità che appaia nelle condizioni di poter a formare una maggioranza di governo nei due rami del Parlamento. In questo caso si è soliti parlare di “incarico pieno”, che può avere come sbocco la nascita del nuovo governo e il passaggio alle Camere per il voto di fiducia. Se il Presidente del Consiglio incaricato, che accetta con riserva mentre resta in carica l’esecutivo uscente, non riesce nel suo tentativo di formare il governo o non ottiene la fiducia del Parlamento, il Capo dello Stato può decidere di sciogliere le Camere e di indire nuove elezioni oppure esperire un nuovo tentativo, per esempio ricorrendo a un ‘mandato esplorativo’. Una tipologia che troviamo anche in altri Paesi europei, come il Belgio e l’Olanda. Questa terza possibilità consiste nell’affidare a una personalità autorevole, quasi sempre uno dei presidenti delle Camere, il compito di verificare e favorire le condizioni per la formazione di una maggioranza. Questa personalità è una sorta di ausiliare del Capo dello Stato e non è destinata a guidare il nuovo governo, come avviene invece nel cosiddetto ‘pre-incarico’. Questa quarta tipologia presenta molte analogie con la precedente, ma differisce proprio per il fatto che la personalità incaricata è quella che il Presidente ha individuato in prima battuta come quella nelle migliori condizioni per verificare la possibilità di formare un governo, senza però l’autonomia di decidere se presentare al Capo dello Stato la lista dei ministri e andare poi a cercare la fiducia nelle due Camere. E’ stato il caso di Bersani nel 2013, per esempio.