Fine vita. Ribaltata la missione curativa
“Trovo davvero spropositato che il Parlamento italiano voglia trasformare luoghi di cura e terapia in strutture dove si somministrano farmaci per sopprimere vite umane”. Lo afferma al Sir Alberto Gambino, professore ordinario di diritto privato all’Università Europea di Roma e presidente di Scienza & Vita, commentando il voto in corso alla Camera sul ddl Bazoli in materia di fine vita.
“Dopo la sentenza della Corte costituzionale – che certamente aveva aperto a forme di aiuto al suicidio del paziente fortemente sofferente – mai ci saremmo aspettati, non avendolo indicato neanche la stessa Corte, che proprio gli ospedali fossero ‘eletti’ a strutture dove si attueranno protocolli di assistenza per iniettarsi farmaci letali”, osserva il giurista. Secondo Gambino si tratta di “un errore legislativo estremamente grave per tre ordini di motivi”. Anzitutto, “perché si ribalta la missione curativa del Servizio sanitario nazionale, con tutte le conseguenze sul prevedibile depotenziamento degli investimenti sulle terapie, a cominciare da quelle sul dolore e le cure palliative”. Secondo, “perché si deforma nella percezione collettiva l’immagine plurimillenaria di luoghi di ricovero e assistenza sanitaria che rappresentano oggi, specie in Italia, un fondamentale architrave di solidarietà nella malattia. Terzo, perché saranno soprattutto i pazienti più fragili, vulnerabili e soli a spingersi verso l’esito della morte provocata da una procedura di auto-avvelenamento”. “Davvero se proprio si deve trovare un luogo dove operare protocolli suicidari – aggiunge – allora lo si individui al di fuori degli ospedali, che altrimenti finiranno col mettere ancora più paura ai pazienti che vi entrano”.
“E non si dica – conclude il giurista – che è un problema di garanzie e di costi perché questi sono temi che possono facilmente essere risolti. Resta allora solo una scelta ideologica e anche per questo non può nascondersi l’amarezza che la maggioranza dei parlamentari, e tra loro anche alcuni tradizionalmente attenti alla tutela delle fragilità umane, non abbia finora ancora colto questo punto cruciale, rispetto al quale – ribadisce Gambino – la Corte costituzionale che ha invitato a fare la legge, si era ben tenuta distante, indicando chiaramente che non possono esserci obblighi per i medici e, dunque, per il Servizio sanitario nel suo complesso”.