Family Act. Abbiamo costruito le fondamenta
Con il voto del Senato il Family Act è diventato legge e l’Italia si è dotata di una riforma organica delle politiche per la famiglia, che prevede un potenziamento del sistema del welfare, con l’introduzione dell’assegno unico e universale, il sostegno alle spese per i percorsi educativi dei figli, la revisione dei congedi parentali con la conciliazione dei tempi di lavoro e di cura dei figli per entrambi i genitori, misure di incentivo al lavoro femminile, detrazioni fiscali per le spese legate all’istruzione universitaria e per la locazione dell’immobile adibito ad abitazione principale o, per le giovani coppie composte da soggetti aventi entrambi età non superiore a 35 anni alla data di presentazione della domanda, per l’acquisto della prima casa. Ne parliamo con Gigi De Palo, presidente del Forum nazionale delle associazioni familiari e della Fondazione per la natalità.
Finalmente assegno unico e Family Act sono una realtà…
Il Family Act e l’assegno unico sono misure volute dalla stragrande maggioranza del Parlamento: vuol dire che ci sono delle misure e dei temi, come quelli della famiglia e della natalità, che sono capaci di unire l’Italia. Questa è una bella notizia.Voglio ricordare che sull’assegno unico ci sono stati solo quattro astenuti, per il Family Act ci sono stati alcuni voti contrari, non perché contrari alla misura ma perché avrebbero voluto di più, è stata una questione di segnale politico. Mi preme anche ringraziare il lavoro che la ministra Elena Bonetti ha portato avanti: assegno unico e Family Act, in un Paese dove le politiche familiari sono molto poche, sono un segnale fondamentale di partenza.Ricordo anche il lavoro di tutte le associazioni del Forum delle associazioni familiari: silenziosamente, dietro le quinte, rasserenando gli animi, compattando tutte le differenze politiche, parlando con tutti i parlamentari e i membri del Governo. C’è stato, dunque, tanto lavoro, di lungo periodo, di cucitura del Paese, di rammendo, come lo chiamerebbe il card. Gualtiero Bassetti, di un Paese sfilacciato, che viene da un periodo difficile come la pandemia e ora con la preoccupazione della guerra in Ucraina.
Quanto è stata importante l’approvazione definitiva del Family Act?
Il Family Act comprende l’assegno unico e misure per gli asili nido, congedi parentali, lavoro per le donne, tutta una serie di pacchetti che però vanno finanziati. Come per l’assegno unico, l’impianto c’è:
possiamo dire che in Italia abbiamo costruito le fondamenta per la casa, ma, per fare in modo che sia vivibile, è necessario adesso mettere le risorse in modo che le cose funzionino.
Innanzitutto, bisogna andare a migliorare l’assegno unico per far sì che faccia guadagnare tutti e nessuno ci perda. Poi bisogna finanziare le singole misure del Family Act, fermo restando che la partita più grande resta però quella della natalità. Attualmente manca un Piano Marshall per la natalità all’interno del Pnrr. Una dimostrazione della difficoltà emerge dal fatto che sono usciti i fondi per gli asili nido ma i Comuni non partecipano: questo è logico perché a livello territoriale i politici si rendono conto di quali sono gli effettivi bisogni dei loro paesi. Quindi, se un sindaco vede che nel suo paese il trend per i prossimi venti anni è che nasceranno sempre meno bambini e ci saranno sempre più anziani, investirà in Rsa e ospizi e non in asili. Con questo voglio dire che
serve un piano choc per la natalità
che spinga le famiglie a fare figli e i giovani a realizzare questo sogno in Italia e non all’estero, faciliti la prima casa e il lavoro dei giovani, solo dopo avranno automaticamente un senso gli asili nido e i congedi di paternità. Tornando all’immagine della casa, è tutto teoricamente costruito bene, ma manca la materia prima, nel nostro caso i bambini. Quindi, il Family Act è un buon inizio ma dobbiamo tenere presente qual è l’obiettivo.
Cosa occorre fare?
In Italia pensiamo che quando abbiamo iniziato un lavoro è già completato, ma non è così. Per esempio, per l’assegno unico dobbiamo verificare come va, come viene gestito, chi ci perde, quanti soldi avanzano, quali migliorie servono. Con il Family Act, dobbiamo vedere quanti soldi si investono per il lavoro dei giovani, quanti per i congedi parentali. Aggiungo una riflessione: forse, prima di mettere miliardi sui congedi parentali, sarebbe meglio mettere i miliardi che mancano sull’assegno unico. Non dimentichiamo che i congedi parentali riguardano i lavoratori dipendenti, che già hanno molte tutele. Un giovane, che fa un figlio ed è quello che ha più necessità, di solito non ha un contratto lavorativo che lo tutela. Stiamo riproponendo il problema degli assegni al nucleo familiare che toccavano solo a quelli con contratti da dipendenti. Per l’assegno unico non è così e vale per tutti; allora, si dovrebbe cambiare la regola anche per il congedo parentale. Non dobbiamo andare avanti per mode, ma vedere quali sono le priorità. Attualmente è fare bene l’assegno unico. Solo dopo, andiamo avanti con un altro capitolo, sempre lavorando parallelamente sulla natalità.
È necessaria una visione di lungo periodo, non legata semplicemente al consenso.
Infatti, il Pnrr toglierà o metterà sulla testa dei nostri figli tanti debiti: le politiche dei padri vanno concordate anche con i figli. A loro che mondo lasciamo?
C’è anche un problema culturale?
Sì. Per incentivare l’utilizzo dell’energia alternativa o delle auto a emissioni zero, lo Status fa dei bonus che valgono per tutti, nessuno escluso. Sull’assegno unico, quindi sui figli, c’è il peso dell’Isee. È una questione di mentalità: un figlio viene visto come un privilegio, come un lusso, e non come un bene comune. Dobbiamo cambiare questo modo di pensare, per cui per tutto ci sono agevolazioni e sconti che non tengono conto della situazione patrimoniale, come invece avviene per le famiglie con figli, a cui si fanno i conti in tasca.Anche quelli senza figli dovrebbero “tifare” per i figli degli altri, perché saranno loro che permetteranno in futuro di pagare la pensione, sosterranno il welfare e il Sistema sanitario. Occorre capire che siamo tutti collegati.