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di STEFANO DE MARTIS 20 dic 2024 04:14

Deriva di odio e di violenza mina la democrazia

Nel discorso di Sergio Mattarella alle alte cariche dello Stato c’è un’analisi realistica, senza sconti, della situazione interna e internazionale, e allo stesso tempo l’indicazione lucida e appassionata delle risorse per fronteggiare una deriva di odio e di violenza che rischia di minare alla base la democrazia, anche nei Paesi che di essa sono stati finora “la base e il baluardo”

"Oggi prevale il conflitto” ma “la pace e la cooperazione sono sempre possibili”. Nel discorso di Sergio Mattarella alle alte cariche dello Stato c’è un’analisi realistica, senza sconti, della situazione interna e internazionale, e allo stesso tempo l’indicazione lucida e appassionata delle risorse per fronteggiare una deriva di odio e di violenza che rischia di minare alla base la democrazia, anche nei Paesi che di essa sono stati finora “la base e il baluardo”. Una deriva che nel lungo periodo, avverte il Presidente della Repubblica, potrebbe inquinare nel profondo le coscienze delle nuove generazioni perché “abituandosi a convivere con l’odio” si finisce per renderlo “inestinguibile”. Invece “bisogna amare la democrazia”, scandisce il Presidente della Repubblica, “bisogna prendersene cura” perché essa “non si esaurisce nelle sue procedure “ma “è garanzia di libertà, promuove benessere e sviluppo, costante ricerca della pace”. A differenza dei regimi autoritari, che negano questi obiettivi e sono “assai meno saldi e forti di quanto vorrebbero far credere”.

La sfida è grande e di importanza capitale. “Appare sempre più difficile preservare lo spazio del dialogo e della mediazione all’interno di società che sembrano oggetto di forze centrifughe e divaricanti”, rileva Mattarella, ed è una dinamica che non riguarda solo la politica, ma tutti i campi, persino quelli etici e scientifici.

“Una radicalizzazione che pretende di semplificare escludendo l’ascolto e riducendo la complessità alle categorie di amico/nemico”, insiste il Presidente. Un fenomeno non nuovo, ma che oggi compie un inquietante salto di qualità attraverso “l’uso distorto e irresponsabile dei social media”, con “la concentrazione in pochissime mani di enormi capitali e del potere tecnologico” e “il controllo accentrato dei dati” che “determinano una condizione di grave rischio”. Qui l’analisi di Mattarella si fa incalzante: “Gli effetti sono evidenti. Pochi soggetti – non uno soltanto, come ci si azzarda a interpretare (il riferimento è inevitabilmente a Elon Musk, ndr) – con immense disponibilità finanziarie, che guadagnano ben più di 500 volte la retribuzione di un operaio o di un impiegato. Grandi società che dettano le loro condizioni ai mercati e – al di sopra dei confini e della autorità degli Stati e delle organizzazioni internazionali – tendono a sottrarsi a qualsiasi regolamentazione, a cominciare dagli obblighi fiscali”. Enormi ricchezze che “sono un strumento di potere molto più che in passato” con la prospettiva allarmante di “un progressivo svuotamento del potere pubblico”, fino a “intaccare la stessa idea di stato per come l’abbiamo codificata e conosciuta nei secoli”. Del resto queste potenze finanziarie private sono “capaci di sfidare le prerogative statuali” e “hanno di fatto il monopolio in diversi settori fondamentali”, costruendo addirittura “circuiti monetari paralleli, privati”. “Chi può garantire che questo trasferimento di potere dalla sfera pubblica a quella privata abbia come fine la garanzia della libertà di tutti? La sicurezza di tutti? I diritti di ciascuno? Il bene comune inteso come bene di ogni persona, nessuna esclusa? Questa garanzia – afferma il presidente della Repubblica – oggi dipende da una sola condizione: la tenuta e il consolidamento delle istituzioni democratiche, unico argine agli usurpatori di sovranità”.

Ma per fare questo c’è bisogno di una “rinnovata partecipazione che torni ad animare lo spazio pubblico” che passa anche attraverso un recupero di fiducia nel rapporto tra persone e istituzioni.

La stabilità politica è “un fattore determinante del patrimonio di credibilità di un Paese”. Tuttavia non basta. “Ci sono, prima ancora, fattori che non dobbiamo sottovalutare – sottolinea il Capo dello Stato – valori comuni e condivisi, cultura, sentimenti popolari che ci fanno riconoscere come un unico popolo, legato da un comune destino. Questo patrimonio ‘immateriale’ è prezioso per quella unità morale che è presupposto per una convivenza ordinata, per una Repubblica forte, per un Paese stabile e di prestigio nel mondo”. E tra le situazioni in cui questo patrimonio è emerso con particolare evidenza Mattarella cita significativamente la “prova di straordinaria solidarietà nel combattere la pandemia”.

La politica deve riconoscere che, a partire dalle coordinate della Costituzione “da vivere nella sua attualità”, vi sono “interessi nazionali” che richiedono la “massima convergenza”, obiettivi di lungo periodo che vanno perseguiti “con un impegno che va oltre le maggioranze e le opposizioni di turno”. Il Presidente della Repubblica, quindi, richiama “quel senso del dovere che richiede a tutti coloro che operano in ogni istituzione, di rispettare i limiti del proprio ruolo, senza invasioni di campo, senza sovrapposizioni, senza contrapposizioni”, sapendo che “le istituzioni sono di tutti” e che il servizio che in esse si svolge “è a garanzia della dignità di ognuno, a prescindere dall’appartenenza politica”.


@Foto di Paolo Giandotti - Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica

STEFANO DE MARTIS 20 dic 2024 04:14