Dal Senato il primo sì a Draghi
Con 262 voti a favore, due astensioni e una quarantina di no, l'esecutivo guidato dall'ex presidente della Bce ha ottenuto la fiducia di palazzo Madama. Questa mattina la replica alla Camera dei Deputati
Con 262 voti a favore, una quarantina di contrari e due astensioni il Senato ha dato nella tarda serata di ieri la fiducia al governo presieduto da Mario Draghi (in cui figurano anche due ministri bresciani: Mariastella Gelmini di Forza Italia, e il "tecnico" Vittorio Colao). L’esito di questo primo passaggio parlamentare era in buona parte scontato non solo per la “massiccia adesione” al progetto che l’ex presidente della Bce aveva raccolto nel corso delle consultazioni con le forze politiche. Che per Draghi si profilasse una larga fiducia la Senato lo si è capito anche dagli interventi che hanno fatto seguito al suo discorso.
“Il primo pensiero che vorrei condividere riguarda la nostra responsabilità nazionale, il principale dovere a cui siamo chiamati tutti io per primo”. Sono state le parole con cui il premier ha aperto il suo intervento, dedicando, poi, una sottolineatura al mandato che gli è stato affidato dal presidente Mattarella. “Il Governo – ha affermato - farà le riforme ma affronterà anche l’emergenza”.
Prioritario per il nuovo premier occuparsi di chi sta soffrendo in questo momento, “di chi oggi – sono state ancora le sue parole - perde il lavoro o è costretto a chiudere la propria attività”. Dovere del nuovo governo, ha continuato Draghi parlando ai senatori, sarà “combattere con ogni mezzo la pandemia e salvaguardare le vite dei cittadini: una trincea dove combattiamo tutti insieme, il virus è nemico di tutti”.
Un altro pensiero del nuovo premier è andato a tutti coloro che soffrono per la crisi economica che la pandemia ha scatenato, a quanti lavorano nelle attività più colpite o fermate per motivi sanitari. “Ci impegniamo a fare di tutto − è stato il suo impegno − perché possano tornare, nel più breve tempo possibile, nel riconoscimento dei loro diritti, alla normalità delle loro occupazioni”. Prima di passare in rassegna i punti del suo programma, Draghi ha anche ricordato l’impegno del suo predecessore Giuseppe Conte. Nuova ricostruzione, politica estera, scuola, vaccini, ambiente, lavoro, riduzione del gap salariale tra donne e uomini, turismo, infrastrutture, recovery fund, fisco, giustizia, riforma della pubblica amministrazione e politiche europee per la gestione delle migrazioni. Su questi e altri temi il nuovo premier ha trovato la grande convergenza, con i 262 voti a favore, delle forze politiche siedono in parlamento.
Sul cammino del governo impegnato con un programma tutt’altro che semplice e chiamato a operare sul doppio fronte della gestione della crisi causata dalla pandemia e del rilancio del Paese, un ruolo importante è affidato alla credibilità e all’ autorevolezza dello stesso Draghi. Non meno importante, però, sarà la capacità delle forze politiche che gli hanno dato la fiducia di continuare a guardare all’interesse del Paese senza essere distratte da tornaconto di parte. Una sfida nella sfida che il premier intende giocare forte anche di un esecutivo che, se da una parte schiera tecnici autorevoli in alcuni dei ministeri chiave, dall’altra garantisce ampi spazi alla politica, costringendola così a una chiara assunzione di responsabilità. E’ stato lo stesso Draghi a ribadirlo nel suo intervento: “Questo esecutivo non è del premier, non è tecnico, non è politico: è del Paese”.
Tra qualche orala replica alla Camera, per il voto che dovrebbe consentire all’esecutivo di iniziare a mettere mano al programma messo a punto da Draghi.