Carcere minorile C. Beccaria, ancora violenze
“La vicenda delle violenze nei confronti di alcuni minori detenuti presso il carcere minorile Cesare Beccaria è terribile e occorre fare al più presto piena chiarezza. Ragazzi e ragazze che hanno commesso un reato non possono subire violenza e punizioni fisiche, fino alla tortura, secondo quanto emerso. Gli adolescenti che entrano in contatto con la giustizia provano paura, ansia, insicurezza, rabbia e la risposta non può essere rappresentata da vessazioni e atti di violenza fisica e psicologica, ma deve essere informata da sensibilità, trasparenza, ascolto, umanità, tutela, aiuto, in sintesi una giustizia ‘amica’ dei minori”, ha affermato Giorgia D’Errico, Direttrice Affari pubblici e Relazioni istituzionali di Save the Children.
“Diverse volte i ragazzi si sono lamentati delle violenze, se ne è parlato e se ne è discusso molto attivamente, non abbiamo fatto finta di niente, l’intervento è stato più personale e non di tipo penale – racconta don Gino Rigoldi, storico cappellano del carcere minorile – i ragazzi dovrebbero essere maggiormente tutelati questa è una responsabilità degli agenti, ma anche nostra di persone che sono nell’istituto come noi e che non si sono accorti, o minimizzato dei pestaggi. Qualche volta la risposta ai bisogni e alle richieste dei ragazzi da parte degli agenti è stata violenta, però io non butterei la croce addosso a questi giovani che facevano gli agenti e che sono stati arrestati. Arrivano con una bassissima formazione – continua Rigoldi – e sono sottorganico da sempre di almeno 20 elementi, abbiamo avuto diversi comandanti ma l’unica competente è quella che abbiamo adesso; quindi, non hanno mai avuto nessuno che li curasse e li sorvegliasse. È un sistema che non funziona intanto perché gli agenti devono essere più preparati a essere anche educatori”, conclude don Rigoldi.
Alla fine di febbraio 2024 erano 532 i giovani reclusi nei 17 Istituti Penali per Minorenni d’Italia. Una cifra che sta rapidamente crescendo, solo due mesi prima, alla fine del 2023, erano 496 (Rapporto Antigone).
Continuando con questi ritmi si rischia di perdere quella specificità positiva del sistema della giustizia penale minorile nel nostro paese che lo aveva reso un modello per l’intera Europa, ovvero la sua capacità di rendere residuale la risposta carceraria puntando piuttosto su un approccio di tipo educativo codificato nel codice di procedura penale minorile del 1988. Quel codice ha visto, con il decreto-legge 123/23 (cosiddetto Caivano, entrato in vigore nel settembre 2023 e convertito nella legge 159/23), degli stravolgimenti normativi che hanno grandemente ampliato le possibilità di ricorso al carcere in fase cautelare. Insieme ad altre azioni che incidono sul penale sostanziale e alla riduzione delle possibilità di applicazione dell’istituto della messa alla prova, che contribuiscono all’espansione dei numeri della carcerazione in ambito minorile, la nuova legge ha introdotto altre norme che vanno in senso contrario allo spirito di presa in carico educativa che era proprio del nostro ordinamento minorile. Non gridiamo al fallimento, ma domandiamoci se la soluzione dei problemi penalmente rilevanti sia solo il carcere o se necessitiamo di una riflessione più profonda. Non vogliamo accettare il semplice ragionamento delle “poche mele marce”, vogliamo una umanizzazione di tutti coloro sono interpreti diretti e indiretti nelle nostre carceri − ristretti inclusi − senza mai perdere la fede e la speranza che un giorno si possa fare a meno del carcere specie per i minorenni.