Se la giustizia è generativa
Nei giorni scorsi si sono accesi i riflettori sulla promozione con il 9 in pagella di studenti che durante la lezione avevano sparato pallini ad una docente con una pistola ad aria compressa: opinionisti, esperti e politici hanno detto la loro. Anche a seguito dell’invio di ispettori ministeriali, il consiglio di classe è stato riconvocato e il voto è stato rivisto. È bene ricordare che la valutazione del comportamento scolastico è frutto di confronto collegiale nel consiglio di classe, che dovrebbe muoversi a partire dai criteri indicati dal collegio dei docenti, così da assicurare equità e omogeneità di trattamento.
Il voto di condotta concorre alla media complessiva e, conseguentemente, anche all’assegnazione del credito scolastico. Gli studenti hanno diritto ad una valutazione trasparente e tempestiva, secondo le indicazioni rese pubbliche nel Piano dell’Offerta Formativa. Sullo sfondo, lo Statuto delle Studentesse e degli Studenti e lo strumento del Patto di corresponsabilità educativa tra scuola e famiglia. Le indicazioni normative ci sono, persino abbondanti: oltre a ciò, il dialogo educativo, le scelte didattiche, la concretezza delle scelte e delle prassi di una specifica e singola scuola, che a distanza non possiamo conoscere.
Qual è il fine della valutazione del comportamento? Forse di questo sarebbe bene parlare. A scuola la valutazione ha sempre finalità educativa e formativa e, nello specifico della cosiddetta condotta, tende al ripristino dei rapporti corretti all’interno della classe.
Proprio per indicare il valore educativo del voto, le norme prevedono la possibilità di organizzare attività di prevenzione e coinvolgimento, nonché di convertire sanzioni disciplinari in attività a favore della comunità scolastica. Ben oltre, dunque, la logica della punizione, anche se soddisfa il bisogno pubblico di vedere il pagamento di una sanzione da parte del colpevole. I “lavori socialmente utili” forse rassicurano l’opinione pubblica, ma l’educatore sa bene che limitarsi a comminare sanzioni da regolamento porta in taluni casi a dinamiche controproducenti che allontanano lo studente da scuola, aumentando il rischio di dispersione scolastica, accrescendo un senso di fastidio o addirittura odio nei confronti del sistema scolastico.
Di fronte a simili esecrabili comportamenti l’educatore si interroga: quale motivazione può spingere un alunno a compiere questi atti? Quale considerazione di sé, dell’insegnamento, della scuola, della cultura? Quale il clima di questa classe? È forse possibile una maggiore condivisione di regole che parlino di rispetto, di valore, di senso? Ci sono ancora adulti, e genitori, con i quali si possa davvero dare concretezza ad un patto di corresponsabilità educativa?
Qualche scuola, anche a Brescia, propone percorsi di giustizia generativa: a questi ragazzi, infatti, serve più scuola, insieme ad un maggiore contatto e confronto con la vita, quella vera, fatta anche di povertà, fragilità e dolore, esperienze che scuotono dalla banale superficialità. A questi ragazzi si propongano servizio e impegno, perché possano, almeno una volta, dismettere la maschera dello stupido e del cattivo, scoprendo la possibilità dell’essere protagonisti e creativi, apprezzati per qualità che generalmente tendono a nascondere. E ci siano adulti testimoni di cittadinanza e gratuità, disponibili a camminare al loro fianco, più che a schierarsi in improbabili sondaggi ulteriormente divisivi.