ProgettOmelia: primo percorso di formazione omiletica permanente per sacerdoti e diaconi
L’iniziativa è pensata per essere realizzata nelle diverse diocesi: attualmente sono circa una quarantina quelle che hanno manifestato interesse a metterla in pratica nel prossimo anno pastorale. Ogni progetto è articolato in cinque incontri, durante i quali ci saranno approfondimenti teorici ed esercitazioni pratiche.
Ogni ProgettOmelia è articolato in cinque incontri, durante i quali “vi saranno approfondimenti teorici puntuali su alcune tematiche comunicative, ed esercitazioni sull’omelia, con momenti di confronto. L’itinerario prevede il coinvolgimento di cinque persone, accompagnate da una équipe diocesana, per garantire una formazione approfondita e accogliente”.
Perché un percorso sull’omelia? “Già da tempo – risponde don Magnani – la segreteria generale della Cei ha messo a tema la valorizzazione dell’omelia, raccogliendo l’invito di Benedetto XVI nell’Esortazione apostolica postsinodale Verbum Domini (2010). Nel 2012 i tre Uffici – liturgico, catechistico e comunicazioni sociali – hanno organizzato un seminario di studio, invitando alcuni tra i maggiori studiosi di omiletica, liturgia e comunicazione, che ha permesso d’individuare i nodi cruciali della riflessione e tracciare molte piste di approfondimento. ProgettOmelia è il primo frutto di questo seminario”. Ovviamente, aggiunge il direttore dell’Ufficio Cei, “l’elaborazione e l’articolazione di questo percorso sono debitrici anche del pensiero di Papa Francesco” che nella Evangelii gaudium considera “buona cosa che sacerdoti, diaconi e laici si riuniscano periodicamente per trovare insieme gli strumenti che rendono più attraente la predicazione” (n.159). Questo, sottolinea Magnani, “porta a vedere l’omelia come un’occasione di confronto continuo, in cui non si è mai ‘arrivati’ e di cui non si è trovato il ‘metodo definitivo’.
L’idea del ProgettOmelia è dunque offrire un luogo di formazione permanente, che anche dal punto di vista simbolico manifesti l’attenzione vigile della comunità cristiana alla qualità spirituale e liturgica delle omelie e, conseguentemente, richiami la necessità di una continua cura e verifica”.
Come mai il corso è dedicato ai soli aspetti comunicativi? Questa scelta, “a lungo meditata”, osserva Magnani, “non è stata attuata per ridurre la complessità e la profondità dell’omelia a una questione di tecniche comunicative, quanto piuttosto per offrire un aggancio sufficientemente solido, concreto e il più possibile condiviso perché i ministri della Parola prendano in mano le proprie omelie. Si è consapevoli che una delle grandi sfide dell’omelia è relativa al contenuto”. Tuttavia, “l’ascolto delle esperienze di formazione omiletica ci ha persuasi della bontà di questo metodo, che non si permette, in prima battuta, di ‘giudicare’ il pensiero altrui, ma a partire dall’attenzione ad alcuni elementi di fondo relativi alla forma (la struttura, l’obiettivo comunicativo, il tema di fondo) ritorna, in seconda battuta, sulle questioni relative ai contenuti. Proprio la riflessione sulla necessità d’impiegare un periodo di tempo adeguato alla preparazione permetterà una rinnovata attenzione all’omelia tout court”.
E potrebbe essere proprio questa una via di salvezza per un messaggio che pare sempre più a rischio e che perde costantemente consensi. Lo stesso Papa Francesco, sottolinea don Magnani, “confermando la sua singolare vicinanza al sentire del popolo di Dio”, nella Evangelii gaudium scrive: “Molti sono i reclami in relazione a questo importante ministero e non possiamo chiudere le orecchie” (n.135).
Alle radici di una crisi. Quali, dunque, le cause dei “molti reclami”? Scarsa preparazione dei predicatori oppure c’è dell’altro? Le motivazioni, riflette il direttore dell’Ufficio Cei, sono tante e diverse; parlando di omelia, “sembra prevalere un vero e proprio genere della lamentazione”:
“Omelie troppo lunghe e noiose, generiche e non abbastanza centrate sulla Parola di Dio; omelie fredde, che non toccano il cuore della comunità; omelie-lezioni, troppo ‘teologiche’ oppure molto concrete, ma banali o moralistiche; omelie poco convinte, e perciò poco convincenti; omelie verbose e monodirezionali, a fronte di una comunicazione sempre più multimediale e interattiva”.
Esaminando le cause, nota Magnani, “se, talvolta, la scarsa preparazione può essere considerata come primaria, ce ne sono altre che vanno nella direzione di un ascolto sempre più minacciato dal flusso di comunicazioni che rischia di saturare la mente degli ascoltatori”.
Ecco, con ProgettOmelia “si vorrebbe passare dalla protesta alla proposta”. Tenendo conto che “è sempre la liturgia a offrire contenuti e metodi per una buona omelia”. Anzitutto, “offre la Parola, sulla quale fondare le parole che la spiegano e la attualizzano nell’oggi liturgico-sacramentale”. In secondo luogo, “offre il contesto della preghiera, del dialogo con Dio, così che ogni forma di comunicazione che non sia finalizzata alla preghiera risulti stonata e inopportuna. Anche l’omelia più coinvolgente, ricorda Francesco, può essere fuorviante nella misura in cui fa brillare più il predicatore che la Parola”. In terzo luogo, conclude don Magnani, “l’omelia è incastonata all’interno della liturgia della Parola, che a sua volta è legata alla liturgia del Sacramento: tale contesto suggerisce la giusta durata, perché sia in armonia con il ritmo della celebrazione liturgica”. È proprio vero: la preparazione è fondamentale per “un compito così importante”. Ben venga, dunque, il ProgettOmelia!
VINCENZO CORRADO (AGENSIR)
13 mag 2016 00:00