Preti verdi: 10 storie di impegno
Dieci storie di altrettanti sacerdoti coraggiosi impegnati nei propri territori per la tutela dell’ambiente e la difesa della salute delle persone che ci vivono, da Nord a Sud Italia: in Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana, Campania, Puglia e Sicilia.
Sono raccontate nel libro “Preti verdi. L’Italia dei veleni e i sacerdoti-simbolo della battaglia ambientalista” del giornalista Mario Lancisi, pubblicato da Edizioni Terra Santa, anche in formato e-book. In “Preti verdi” troviamo le storie di don Albino Bizzotto e il Veneto cementificato; don Michele Olivieri e i fuochi di Battipaglia; don Maurizio Patriciello e la Terra dei fuochi; padre Nicola Preziuso e l’ex Ilva di Taranto; don Palmiro Prisutto e il polo petrolchimico di Augusta; don Marco Ricci e le discariche del Vesuvio; don Gabriele Scalmana (nella foto) e l’inceneritore di Brescia; don Giuseppe Trifirò e l’inquinamento tra Messina e Milazzo; padre Bernardino Zanella e l’Eternit di Casale Monferrato; padre Guidalberto Bormolini, presidente di “TuttoèVita” onlus e responsabile della comunità dei “Ricostruttori nella preghiera”, presente nella diocesi di Prato. Il volume esplora l’Italia dei veleni e delle morti per inquinamento ambientale, attraverso le denunce di preti e cittadini coraggiosi. I sacerdoti protagonisti sono attenti alle persone e tuttavia capaci di tenere testa ai potenti di turno. Alcuni di loro sono stati protagonisti di un webinar, promosso da Edizioni Terra Santa e Greenaccord onlus, sui loro profili Facebook, il 26 marzo.
Vive a Battipaglia, in provincia di Salerno, don Michele Olivieri, classe 1968, impegnato contro gli incendi e le discariche. “Battipaglia – ha spiegato il sacerdote – ha una storia ricca di progetti e persone semplici che si sono sempre dedicate a Madre Terra, poi è arrivata con l’industrializzazione anche la cementificazione.
Ora molte industrie sono chiuse e nei grandi spazi di cui godiamo nella nostra area sono seppelliti rifiuti tossici illegali, a cui si aggiunge il gravame dei rifiuti legali provenienti da tutta la Campania, in una quantità tale che non riusciamo a gestire.
D’altro canto, anche i rifiuti legali non garantiscono la sicurezza dato che per la loro gestione ci si avvale di strumenti obsoleti”. Don Michele ha precisato anche che il suo è “un percorso condiviso con tutti i sacerdoti della città e non solo” e ha lanciato un appello affinché “si superino finalmente le pastoie della burocrazia e si facciano le bonifiche perché tutti hanno diritto a vivere in piena dignità”. Don Olivieri, oltre a denunciare i danni dell’inquinamento, ha ricordato l’alto numero di tumori e di morti, registrati nella sua terra. Secondo il sacerdote, “la più saggia scelta politico-economica è favorire un indotto della filiera agricola che diventi, come lo è stato nel passato, il punto di forza non solo del territorio locale, ma anche nazionale.
Occorrono strategie di investimento che mirino a rendere la terra nuovamente fertile, sana e feconda”.
A raccontare nel webinar la storia di padre Bernardino Zanella, classe 1936, è stato Nicola Pondrano, sindacalista ed ex operaio dell’Eternit, per anni attivo a fianco del religioso. Bernardino e Nicola, infatti, lavorando in fabbrica, decisero di avviare un’indagine reparto per reparto, operaio per operaio, macchina per macchina per capire le contaminazioni e i rischi per la salute. In quei “piccoli gruppi omogenei” i lavoratori iniziarono a raccontarsi e a denunciare. “Era difficile che qualcuno denunciasse la reale situazione – ha evidenziato Podrano – perché per chi lavorava c’era una serie di agevolazioni: il figlio poteva prendere il posto del genitore che andava in pensione, c’erano maggiorazioni dal 10 al 25% di salario in più per gli operai che lavoravano nei reparti più polverosi, oltre a tanti benefit, come la colonia marina, il dopolavoro, i doni di Natale ai figli, la lattina di olio di oliva per due volte all’anno”. Era questa la spia che rivelava una sorta di “corto circuito tra l’azienda e la rassegnazione degli operai”. E i morti erano tanti. Nel luglio 1976, il consiglio di fabbrica, dopo la morte di alcuni operai che ne faceva parte, denuncia che all’Eternit in media moriva un operaio al mese a causa dell’amianto. Ma il 1° settembre 1977, ha raccontato Podrano, successe l’imprevisto: padre Bernardino lasciò Eternit e Casale:
“Ricordo che al ritorno dalle ferie non lo trovai più, mi dissero che se ne era andato. Un compagno di lavoro mi portò il dossier dell’inchiesta che avevamo fatto e mi disse: ‘Questo te lo manda Bernardino con la raccomandazione di proseguire e non mollare’.
Chiesi spiegazioni, ma nessuno seppe dirmi le ragioni del suo allontanamento da Casale”. Da quel giorno perse le tracce del suo amico di battaglia: “L’ho cercato ma senza successo. Sparito. Solo negli anni ne rintraccio la destinazione: in missione in Sud America”. Nel libro è lo stesso padre Bernardino a rispondere alla domanda: tornerebbe a lavorare nella fabbrica di amianto?
“Sì, lo rifarei – la risposta -. Credo che sia valsa la pena per me, perché mi ha fatto maturare molto, anche da un punto di vista umano e di fede; credo che sia servito come primo passo, per difendere la società da quella aggressione”.
Al webinar è intervenuto anche padre Guidalberto Bormolini, 54 anni, presidente di “TuttoèVita onlus” e responsabile della comunità dei “Ricostruttori nella preghiera” presente nella diocesi di Prato, a Villa del Palco: “Purtroppo il buco nero, la radice prima della situazione drammatica in cui viviamo è la scissione tra l’uomo e il cosmo. In altre parole, siamo figli di una visione moderna, che probabilmente risale all’epoca cartesiana, in cui l’essere umano è separato dal resto dell’universo”. Padre Guidalberto unisce speculazione teologica e attività manuale: ora sta realizzando un unicum presso Cantagallo, sulla dorsale appenninica toscana, ripulendo e rendendo di nuovo fruibile, grazie al lavoro di volontari e di altri monaci, il borgo di Mezzana, abbandonato dagli anni Sessanta, dove nascerà “un villaggio secondo i principi di sostenibilità e solidarietà cosmica”, vivranno un gruppo di famiglie e verrà realizzato un hospice speciale per i malati inguaribili.
“L’idea di fondo – ha affermato – padre Bormolini – è quella della natura come cura, ricreando un’oasi in cui si possa vivere realizzando i principi contenuti nella Laudato si’.
La novità del borgo è la realizzazione in ambito sanitario di un luogo per i più vulnerabili, una struttura, la prima in Europa, che offre strumenti di cura integrale per chi è minato da una malattia grave, con un forte supporto esistenziale e spirituale grazie anche alla meditazione non confessionale, come via verso la spiritualità.
La nostra casa non sarà un luogo di disperazione, ma un luogo di accoglienza integrale”.