Preoccupati che suicidio diventi diritto
Alla vigilia della sentenza della Consulta, il vicepresidente della Cei, mons. Mario Meini, torna ad esprimere - dopo il card. Bassetti e il Papa - la preoccupazione della Chiesa italiana "per la possibilità di ammettere il suicidio assistito"
La “centralità della persona”, per la Chiesa italiana, “si traduce anche nell’impegno a unire la nostra voce a quella di tanti – a partire dalle associazioni laicali – per dire la contrarietà al tentativo di introdurre nell’ordinamento pratiche eutanasiche”. A ribadirlo, alla vigilia della sentenza della Corte Costituzionale sul suicidio assistito, è stato mons. Mario Meini, vescovo di Fiesole e vicepresidente della Cei, che introducendo i lavori del Consiglio permanente (Roma, 23-25 settembre) – facendo eco ai pronunciamenti del card. Bagnasco e del Papa in materia – ha usato parole chiare e inequivocabili: “È difficile non essere profondamente preoccupati rispetto alla possibilità di ammettere il suicidio assistito, promosso come un diritto da assicurare e come un’espressione della libertà del singolo. Anche se ammantate di pietà e di compassione, si tratta di scelte di fatto egoistiche, che finiscono per privilegiare i forti e far sentire il malato come un peso inutile e gravoso per la collettività”. Con le parole pronunciate solo tre giorni fa da Papa Francesco, Meini – a nome di tutti i vescovi italiani ha ribadito che “si può e si deve respingere la tentazione – indotta anche da mutamenti legislativi – di usare la medicina per assecondare una possibile volontà di morte del malato, fornendo assistenza al suicidio o causandone direttamente la morte con l’eutanasia”. Il finale dell’introduzione è dedicato al nuovo Governo, nei confronti del quale “le attese della gente sono alte e richiedono di essere riconosciute, interpretate e guidate con saggezza e concretezza”. “Chi ha responsabilità di governare – per la Chiesa italiana – dovrà far sentire agli italiani che sta veramente perseguendo il bene comune, per cui cerca la stabilità politica fondata su maggioranze chiare e su programmi solidi e condivisi. La politica, proprio come la vita individuale, ha bisogno di semplicità e di autenticità, di principi chiari e di rispetto delle regole”.
I credenti – ha esordito mons. Meini, dopo le “vive congratulazioni” espresse, a nome di tutti i vescovi, a mons. Matteo Zuppi, che nel Concistoro del 5 ottobre sarà creato cardinale dal Santo Padre – possono dare “un contributo qualificante nel mondo della cultura come in quello della cittadinanza, a partire dall’esperienza di una Chiesa che sul territorio è comunità di vicinato e di prossimità, luogo di crescita spirituale capace di intercettare la domanda di vita e di senso che abita nel cuore di ciascuno”.
Al centro dei lavori del Cep, gli Orientamenti pastorali del prossimo quinquennio, che “mentre recuperano e valorizzano l’Evangelii gaudium e il discorso di Papa Francesco alla Chiesa italiana in occasione del Convegno di Firenze” intendono focalizzare essenzialmente tre dimensioni: “la gioia del Vangelo”; la “fraternità ecclesiale”, all’insegna della sinodalità, e il “campo del mondo, ricco di potenzialità”. Parola d’ordine del Cep di questo settembre: “missionarietà”, per attuare la “conversione pastorale” chiesta dall’Evangelii gaudium tramite l’attenzione “al primato della Parola di Dio, come pure alla scelta preferenziale dei poveri, qualunque sia la natura di tale povertà; alla formazione dei futuri pastori e dello stesso laicato, perché assumano lo spirito del servizio umile e della disponibilità fraterna; all’attenzione per una cultura dell’incontro e della reciprocità, a partire dall’accoglienza di quanto possono portarci i cristiani provenienti dalle Chiese dell’Est e del Sud del mondo”.
Superare “l’ambito strettamente ecclesiale amazzonico, protendendosi verso la Chiesa universale e anche verso il futuro di tutto il pianeta”.
È questo, per Meini, il legame tra il Sinodo per l’Amazzonia, indetto dal Papa dal 6 al 27 ottobre, e i “Lineamenta” delle prossime Settimane Sociali, che verranno presentati nel corso dei lavori, i quali “si inseriscono a pieno titolo nella denuncia di quanto un’economia, che non abbia riguardo per la sostenibilità sociale e ambientale, finisca per portare l’umanità nel baratro”, ha annunciato il vescovo: “Assumere la prospettiva di un’ecologia integrale – così come proposto dalla Laudato si’ – significa impegnarci in maniera corale per un’inversione di rotta, all’insegna di un nuovo equilibrio tra ambiente e lavoro, tra aspetto ecologico e aspetto sociale”. Per la Cei, “si tratta di rilanciare la missione della Chiesa di fronte alle sfide del nostro tempo, per non rassegnarci all’insignificanza nella società e nel mondo”.
“Non arrendersi alla cultura del ‘prima noi e poi gli altri’”,
l’invito in vista della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, in programma domenica prossima. “Quando l’altro è persona bisognosa, priva di ogni opportunità, le nostre chiusure consolidano ingiustizie ed egoismi”, il monito. No, allora, alla “scorciatoia che vorrebbe ricondurre al fenomeno migratorio le paure e le insicurezze di un malessere civile, che in realtà muove da cause ben più profonde”. “Lo stesso evento che abbiamo promosso a Bari per il prossimo febbraio punta a costruire del Mediterraneo una diversa narrazione”, ha fatto notare il vescovo: “lo faremo a partire dalla disponibilità a metterci in ascolto delle diverse esperienze, sensibilità e prospettive che animano le Chiese, che si affacciano sul bacino del Mare Nostrum”. La nuova impostazione dei processi di nullità matrimoniale, indicata dal Papa nel motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus è stata “pienamente assunta” dalla Chiesa italiana, “secondo criteri di prossimità, gratuità, articolazione dei tribunali e procedure più celeri degli stessi processi”, ha assicurato infine il vicepresidente della Cei.