Paolo VI è santo
Sul sagrato della Basilica di San Pietro, papa Francesco ha celebrato la S. Messa presiedendo il rito di canonizzazione del beato Paolo VI e di Oscar Romero, Francesco Spinelli, Vincenzo Romano, Maria Caterina Kasper, Ignazia di Santa Teresa di Gesù e Nunzio Sulprizio
La seconda Lettura ci ha detto che «la parola di Dio è viva, efficace e tagliente» (Eb 4,12). È proprio così: la Parola di Dio non è solo un insieme di verità o un edificante racconto spirituale, no,è Parola viva, che tocca la vita, che la trasforma. Lì Gesù in persona, Lui che è la Parola vivente diDio, parla ai nostri cuori.Il Vangelo, in particolare, ci invita all’incontro con il Signore, sull’esempio di quel «tale»che «gli corse incontro» (cfr Mc 10,17). Possiamo immedesimarci in quell’uomo, di cui il testo non dice il nome, quasi a suggerire che possa rappresentare ciascuno di noi. Egli domanda a Gesù come«avere in eredità la vita eterna» (v. 17). Chiede la vita per sempre, la vita in pienezza: chi di noinon la vorrebbe? Ma, notiamo, la chiede come un’eredità da avere, come un bene da ottenere, daconquistare con le sue forze. Infatti, per possedere questo bene ha osservato i comandamenti fin dall’infanzia e per raggiungere lo scopo è disposto a osservarne altri; per questo chiede: «Che cosadevo fare per avere?».
La risposta di Gesù lo spiazza. Il Signore fissa lo sguardo su di lui e lo ama (cfr v. 21). Gesùcambia prospettiva: dai precetti osservati per ottenere ricompense all’amore gratuito e totale. Queltale parlava nei termini di domanda e offerta, Gesù gli propone una storia di amore. Gli chiede dipassare dall’osservanza delle leggi al dono di sé, dal fare per sé all’essere con Lui. E gli fa unaproposta di vita “tagliente”: «Vendi quello che hai e dallo ai poveri […] e vieni! Seguimi!» (v. 21). Anche a te Gesù dice: “vieni, seguimi!”. Vieni: non stare fermo, perché non basta non fare nulla dimale per essere di Gesù. Seguimi: non andare dietro a Gesù solo quando ti va, ma cercalo ognigiorno; non accontentarti di osservare dei precetti, di fare un po’ di elemosina e dire qualchepreghiera: trova in Lui il Dio che ti ama sempre, il senso della tua vita, la forza di donarti.Ancora Gesù dice: «Vendi quello che hai e dallo ai poveri». Il Signore non fa teorie supovertà e ricchezza, ma va diretto alla vita. Ti chiede di lasciare quello che appesantisce il cuore, disvuotarti di beni per fare posto a Lui, unico bene. Non si può seguire veramente Gesù quando si èzavorrati dalle cose. Perché, se il cuore è affollato di beni, non ci sarà spazio per il Signore, chediventerà una cosa tra le altre. Per questo la ricchezza è pericolosa e – dice Gesù – rende difficilepersino salvarsi. Non perché Dio sia severo, no! Il problema è dalla nostra parte: il nostro troppoavere, il nostro troppo volere ci soffocano il cuore e ci rendono incapaci di amare. Perciò San Paoloricorda che «l’avidità del denaro è la radice di tutti i mali» (1 Tm 6,10). Lo vediamo: dove simettono al centro i soldi non c’è posto per Dio e non c’è posto neanche per l’uomo.Gesù è radicale. Egli dà tutto e chiede tutto: dà un amore totale e chiede un cuore indiviso.Anche oggi si dà a noi come Pane vivo; possiamo dargli in cambio le briciole? A Lui, fattosi nostroservo fino ad andare in croce per noi, non possiamo rispondere solo con l’osservanza di qualcheprecetto. A Lui, che ci offre la vita eterna, non possiamo dare qualche ritaglio di tempo. Gesù non siaccontenta di una “percentuale di amore”: non possiamo amarlo al venti, al cinquanta o al sessantaper cento. O tutto o niente.Cari fratelli e sorelle, il nostro cuore è come una calamita: si lascia attirare dall’amore, mapuò attaccarsi da una parte sola e deve scegliere: o amerà Dio o amerà la ricchezza del mondo (cfrMt 6,24); o vivrà per amare o vivrà per sé (cfr Mc 8,35). Chiediamoci da che parte stiamo.Chiediamoci a che punto siamo nella nostra storia di amore con Dio. Ci accontentiamo di qualcheprecetto o seguiamo Gesù da innamorati, veramente disposti a lasciare qualcosa per Lui? Gesùinterroga ciascuno di noi e tutti noi come Chiesa in cammino: siamo una Chiesa che soltantopredica buoni precetti o una Chiesa-sposa, che per il suo Signore si lancia nell’amore? Lo seguiamo davvero o ritorniamo sui passi del mondo, come quel tale? Insomma, ci basta Gesù o cerchiamotante sicurezze del mondo? Chiediamo la grazia di saper lasciare per amore del Signore: lasciare lericchezze, le nostalgie di ruoli e poteri, le strutture non più adeguate all’annuncio del Vangelo, ipesi che frenano la missione, i lacci che ci legano al mondo. Senza un salto in avanti nell’amore lanostra vita e la nostra Chiesa si ammalano di «autocompiacimento egocentrico» (Esort. ap.Evangelii gaudium, 95): si cerca la gioia in qualche piacere passeggero, ci si rinchiude nelchiacchiericcio sterile, ci si adagia nella monotonia di una vita cristiana senza slancio, dove un po’di narcisismo copre la tristezza di rimanere incompiuti.Fu così per quel tale, che – dice il Vangelo – «se ne andò rattristato» (v. 22). Si era ancoratoai precetti e ai suoi molti beni, non aveva dato il cuore. E, pur avendo incontrato Gesù e ricevuto ilsuo sguardo d’amore, se ne andò via triste. La tristezza è la prova dell’amore incompiuto. È il segno di un cuore tiepido. Invece, un cuore alleggerito di beni, che libero ama il Signore, diffonde semprela gioia, quella gioia di cui oggi c’è grande bisogno.
Il santo Papa Paolo VI scrisse: «È nel cuore delle loro angosce che i nostri contemporanei hanno bisogno di conoscere la gioia, di sentire il suocanto» (Esort. ap. Gaudete in Domino, I). Gesù oggi ci invita a ritornare alle sorgenti della gioia, che sono l’incontro con Lui, la scelta coraggiosa di rischiare per seguirlo, il gusto di lasciare qualcosa per abbracciare la sua via. I santi hanno percorso questo cammino. L’ha fatto Paolo VI, sull’esempio dell’Apostolo del quale assunse il nome. Come lui haspeso la vita per il Vangelo di Cristo, valicando nuovi confini e facendosi suo testimonenell’annuncio e nel dialogo, profeta di una Chiesa estroversa che guarda ai lontani e si prende curadei poveri. Paolo VI, anche nella fatica e in mezzo alle incomprensioni, ha testimoniato in modo appassionato la bellezza e la gioia di seguire Gesù totalmente. Oggi ci esorta ancora, insieme alConcilio di cui è stato il sapiente timoniere, a vivere la nostra comune vocazione: la vocazioneuniversale alla santità. Non alle mezze misure, ma alla santità. È bello che insieme a lui e agli altrisanti e sante odierni ci sia Mons. Romero, che ha lasciato le sicurezze del mondo, persino la propriaincolumità, per dare la vita secondo il Vangelo, vicino ai poveri e alla sua gente, col cuorecalamitato da Gesù e dai fratelli. Lo stesso possiamo dire di Francesco Spinelli, di Vincenzo Romano, di Maria Caterina Kasper, di Nazaria Ignazia di Santa Teresa di Gesù e di Nunzio Sulprizio. Tutti questi santi,in diversi contesti, hanno tradotto con la vita la Parola di oggi, senza tiepidezza, senza calcoli, con l’ardore di rischiare e di lasciare. Il Signore ci aiuti a imitare i loro esempi